- Dopo le sanzioni senza precedenti imposte contro la Russia, una possibile cooperazione di Mosca con gli stati del mondo islamico, soprattutto del Medio Oriente, potrebbe rivelarsi una delle poche finestre ancora aperte al fine di ricevere un sostegno economico e politico.
- In cambio la Russia si offre di fornire armi e grano (di cui anche l’Ucraina è grande fornitrice, per esempio al Libano), svolgendo se possibile anche un ruolo di mediatore nei molteplici conflitti dell’area mediorientale.
- Tuttavia le stesse sanzioni finanziarie limitano le possibilità di azione: più passa il tempo e più diventa difficile per Mosca agire soprattutto se non riuscirà a mettere mano alle sue riserve.
All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’isolamento della Russia balza agli occhi: il tabellone della votazione offre un risultato umiliante per Mosca, rimasta sola assieme a Corea del Nord, Siria, Bielorussia ed Eritrea. Nemmeno tradizionali alleati come Cuba o il Venezuela hanno votato contro la risoluzione di condanna dell’aggressione all’Ucraina.
I cinesi sono irritati e la loro astensione rappresenta un segnale: la guerra ha interrotto uno dei rami della via della Seta sul quale Pechino aveva investito. Se sul breve periodo la rottura tra Russia e Occidente favorisce la Cina, in prospettiva il conflitto contraddice quel nuovo multilateralismo che Pechino vorrebbe incarnare per il futuro: libero mercato e divieto assoluto di ingerenza negli affari interni degli altri paesi.
Il caos che l’attacco russo sta creando rallenta i piani di egemonia di Pechino, influenzando altre grandi e medie potenze come India e Pakistan, paesi che si sono astenuti all’assemblea generale anche se per motivi opposti.
Delhi si sta chiedendo con preoccupazione chi sostituirà Mosca come garante nei confronti della Cina, con la quale le relazioni rimangono tese. Islamabad segue Pechino con cui ha stretto buoni rapporti negli ultimi anni. Tutta la strategia occidentale dell’Indo Pacifico si basa infatti sul recupero dell’India nel quadro occidentale.
Buoni contro cattivi?
Dopo il voto, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si è lamentato perché europei e americani offrono una versione “hollywoodiana” della guerra (buoni contro cattivi), ma è difficile dare una versione edulcorata delle chilometriche colonne di carri armati che entrano in Ucraina.
La portavoce del ministero degli Esteri russo cerca di allontanare le critiche puntando il dito contro il razzismo ucraino nei confronti degli africani che scappano da Kiev: non vengono fatti salire nei treni, sono respinti alla frontiera polacca ecc.
Si tratta di fatti veri ma che scompaiono nella confusione, coperti dal rumore delle esplosioni dei missili che piovono su Kiev o Mariupol. Anche gli stessi russi non si stanno lasciando del tutto manipolare dalla censura a cui sono sottoposte in patria le notizie sul conflitto.
Ormai sono molte le petizioni degli ordini professionali contro l’invasione e anche nelle chiese del patriarcato di Mosca si levano forti critiche contro la decisione di occupare l’Ucraina. Nella visione ecclesiastica russa, ucraini russi e bielorussi fanno parte – anche giuridicamente – della medesima comunione di fede.
Uscire dall’isolamento
I piani militari russi stanno facendo i conti con una resistenza ucraina più decisa di ciò che era stato previsto, anche nelle zone russofone come Kharkiv, dove forse si contava in un maggior sostegno della gente. La lotta ucraina sta raccogliendo molta simpatia nel mondo e la Russia prova a volgersi in altre direzioni per sbloccare il crescente isolamento.
Le relazioni con la Turchia e il Medio Oriente sono diventate essenziali dopo che l’Europa ha chiuso gli spazi aerei: i voli russi devono per forza passare da lì. Gli Stati del Golfo sono dotati di ampie riserve valutarie a cui Mosca potrebbe puntare per superare il blocco sanzionatorio. In consiglio di sicurezza gli Emirati si erano astenuti creando una certa sorpresa anche se successivamente in assemblea generale si sono corretti, votando allineati con la posizione americana.
Le operazioni militari sono iniziate mentre il primo ministro pakistano Imran Khan era a Mosca in visita ufficiale, dando origine a speculazioni sul fatto che la sua presenza potesse essere considerata un'implicita approvazione della guerra contro Kiev.
Recarsi nella capitale russa due giorni dopo il riconoscimento dell'indipendenza delle regioni di Donetsk e Luhansk e restare a inizio invasione, ha rappresentato comunque una scelta: non è la prima volta che il leader pakistano compie iniziative politiche sui generis, apparentemente in contraddizione con il tradizionale schieramento del suo paese in campo occidentale.
L’avvicinamento tra Pechino e Mosca di questi ultimi anni lascia l’India senza il suo antico protettore russo, costringendola ad avvicinarsi agli occidentali. Ne consegue un riposizionamento di Islamabad verso l’altro fronte, tanto più che Pechino sta utilizzando i porti pakistani nella sua strategia della “collana di perle”: costituire una rete di punti di appoggio tra i due oceani.
La controversa visita di Khan a Mosca potrebbe rappresentare un ballon d’essai in tale direzione. Come ricorda Kirill Semenov sul Al Monitor, a gennaio Khan aveva ringraziato Putin per il suo sostegno a favore dei musulmani dopo che quest’ultimo aveva dichiarato che «mancare di rispetto al profeta Maometto non fa parte della libertà di parola». Si tratta di una posizione nuova per il Cremlino.
Il rapporto con la Turchia
Anche il presidente azero Ilham Aliyev ha recentemente visitato Mosca per firmare un accordo di cooperazione e assistenza militare tra Azerbaigian e Russia. Dopo essere riuscita a riconquistare il Nagorno Karabakh strappandolo agli armeni, Baku deve tener conto delle posizioni di Mosca che non ha gradito l’iniziativa militare turco-azera e rappresenta il garante dell’attuale (fragile) cessate il fuoco.
Così, mentre la Turchia ha votato a favore della risoluzione in assemblea generale, l’Azerbaijan ha preferito non partecipare al voto. I rapporti russo-turchi restano comunque altalenanti: Mosca può contare sulla posizione singolare di Ankara che differisce in parte dall'approccio degli altri paesi della Nato.
Ankara non ha voluto aderire alle sanzioni più dure e si è astenuta dal voto sulla sospensione della Russia nel Consiglio d'Europa, dichiarandosi pronta a collaborare al proseguimento del dialogo (come d’altronde ha provato a fare anche Israele).
Nonostante le dichiarazioni di condanna dell'invasione dell'Ucraina, dell’annessione della Crimea e del riconoscimento delle due repubbliche ribelli, il presidente Recep Tayyip Erdogan rimane intenzionato ad interagire con Vladimir Putin.
Turchia e Pakistan potrebbero alla fine diventare mediatori nel conflitto, considerando anche le buone relazioni che intercorrono tra il presidente ucraino Zelensky ed Erdogan.
Nell’area del Golfo gli unici a riconoscere le repubbliche di Donetsk e Luhansk sono stati gli Huti dello Yemen, anche se ciò non ha alcun impatto giuridico internazionale dal momento che nemmeno il regime huti è riconosciuto legalmente.
Con un ambiguo doppio gioco Teheran si è astenuta a New York (essenzialmente a causa della violazione del principio di sovranità) ma lascia i suoi protetti spingersi in direzione di Mosca. Tenendo conto delle sanzioni senza precedenti imposte contro la Russia, una possibile cooperazione di Mosca con gli stati del mondo islamico, soprattutto del Medio Oriente, potrebbe rivelarsi una delle poche finestre ancora aperte al fine di ricevere un sostegno economico e politico.
In cambio la Russia si offre di fornire armi e grano (di cui anche l’Ucraina è grande fornitrice, per esempio al Libano), svolgendo se possibile anche un ruolo di mediatore nei molteplici conflitti dell’area mediorientale. Tuttavia le stesse sanzioni finanziarie limitano le possibilità di azione: più passa il tempo e più diventa difficile per Mosca agire soprattutto se non riuscirà a mettere mano alle sue riserve.
© Riproduzione riservata