Il governo russo continua a mandare messaggi contraddittori sullo stato delle trattative di pace con l’Ucraina. I suoi funzionari e ministri parlano di progressi, poi li rinnegano e poi tornano a parlare di dissidi «ormai risolti».

In questo clima di ambiguità, l’ottimismo per i risultati ottenuti durante i colloqui di pace in Turchia non è durato neanche una giornata. Dopo che la Russia aveva promesso di «ridurre drasticamente» le attività militari a Kiev e Cherhihiv, ieri le sirene sono tornate a suonare nella capitale ucraina, mentre Chernhihv è sotto «un attacco colossale», dice il sindaco.

L’ambiguità russa

In questi giorni è ancora più difficile del solito capire cosa sta accadendo al Cremlino. La doccia fredda sullo stato delle trattative è arrivata ieri, durante il consueto confronto tra la stampa e il portavoce del presidente russo, Dmitrj Peskov.

«È positivo che gli ucraini abbiano iniziato a formulare proposte concrete e a metterle per iscritto – ha detto – Per il resto, non possiamo dire che sono stati raggiunti risultati promettenti. Non c’è stata nessuna svolta, c’è ancora molto lavoro da fare». Le parole di Peskov sono state in qualche misura confermate dai bombardamenti. In serata è arrivato un nuovo cambio di rotta.

Lavrov in Cina

Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, reduce da un incontro in Cina con la sua controparte, ha parlato di «significativi progressi» sullo status dei negoziati. E ha sottolineato in particolare come i negoziatori ucraini abbiano finalmente capito che la questione di Donbass e Crimea «è risolta una volta per tutte».

Una frase che sembra alludere al fatto che gli ucraini abbiano rinunciato alle loro rivendicazioni sui territori occupati dalle truppe russe. Il governo ucraino ha immediatamente smentito Lavrov, ricordando che la cessione del territorio nazionale è una linea rossa che non intendono superare.

L’incontro di Lavrov con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, invece, è stato nettamente meno ambiguo e si può considerare un successo per il veterano della diplomazia russa. Wang ha detto che la relazione Russia-Cina ha superato la nuova prova dovuta ai cambiamenti della situazione internazionale e che i due paesi sono pronti a portare i loro rapporti «in una nuova èra» e a «un nuovo livello».

Fino a oggi la Cina non ha sempre evitato di criticare l’invasione russa e non ha escluso la possibilità di fornire armamenti al paese in un prossimo futuro.

Ma la sua posizione era giudicata “ambigua” dai diplomatici occidentali, che continuano a fare pressioni affinché la Cina adotti un atteggiamento più duro nei confronti della Russia.

Zelensky chiede armi

Mentre i militari ucraini dicono che le truppe russe continuano a minacciare la capitale e che sta per iniziare un’offensiva nell’est del paese, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è intervenuto al parlamento norvegese. Nel suo breve discorso, Zelensky ha chiesto nuove armi per il suo paese.

In particolare ha chiesto missili antiaerei, che servono anche a proteggere le città ucraine dai bombardamenti russi, e missili antinave. Ha poi chiesto di bloccare l’accesso delle navi russe ai porti europei e ha detto che la Norvegia, grazie alle sue riserve di idrocarburi, potrebbe aiutare l’Europa a uscire dalla sua dipendenza energetica dalla Russia.

Non è chiaro se nuove tipologie di armi arriveranno dagli Stati Uniti. In serata Zelensky ha parlato per circa un’ora con il presidente americano Joe Biden. Tra gli argomenti trattati anche «una specifica assistenza difensiva», oltre a «nuove sanzioni e aiuti finanziari e umanitari». Poco dopo, la Casa Bianca ha confermato che l’Ucraina riceverà 500 milioni di dollari, circa 450 milioni di euro, in aiuti finanziari diretti per risolvere almeno parzialmente le sue difficoltà di bilancio.

Nessuna menzione esplicita, invece, dei missili antiaerei e antimissile chiesti da Zelensky. Sistemi che gli ucraini potrebbero utilizzare con relativa semplicità sono in possesso di forze armate di paesi come Slovacchia e Grecia, ma i governi non sono disposti a cederli agli ucraini o per timore di ritorsioni russe o perché chiedono in sostituzioni moderni e costosissimi missili americani.

Mariupol

Ieri è stato diffuso il riassunto della telefonata che martedì sera il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto con Vladimir Putin. Scopo della conversazione era organizzare una missione di soccorso internazionale per la popolazione di Mariupol, la città assediata da oltre un mese in cui vivono ancora oltre 150mila civili. Putin non ha preso impegni è, secondo la presidenza francese, ha detto che «penserà» all’offerta. Il presidente russo ha anche precisato che il bombardamento cesserà soltanto con la resa della città.

 

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