Entrare a farvi parte denunciava la dichiarata e consapevole volontà di concorrere a tale azione perturbatrice per la parte di rispettiva competenza, ad essa apportando il patrimonio personale della propria capacità professionale, delle proprie relazioni e delle influenze esercitabili
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi
Dopo aver studiato la struttura dell'associazione, vediamo adesso come essa si ponesse in relazione al perseguimento dei fini associativi, nonché quali fossero la compartecipazione programmatica e la conoscenza reale dei soci in ordine agli scopi ultimi dell'organizzazione alla quale avevano scelto di aderire.
Anticipando qui argomenti e conclusioni che costituiscono lo sviluppo successivo del presente lavoro, possiamo affermare che la Loggia P2 si delinea nettamente alla nostra attenzione come una complessa struttura dedita ad attività di indebita, se non illecita, pressione ed ingerenza sui più delicati ed importanti settori, ai fini sia di arricchimento personale, sia di incremento di potere, tanto personale quanto della loggia.
Questa ramificata azione, perturbatrice dell'ordinato svolgimento delle istituzioni e degli apparati, interessava i campi più svariati della vita nazionale: dalla politica all'economia, dall'editoria ai ministeri. Questa enunciazione consente alla Commissione di affermare, con riferimento alla finalità immediata della Loggia P2, che essa era come tale non solo conosciuta dagli aderenti, ma si poneva come motivo primo della loro adesione alla associazione.
Entrare a farvi parte infatti altro non denunciava se non la dichiarata e consapevole volontà di concorrere a tale azione perturbatrice per la parte di rispettiva competenza, ad essa apportando il patrimonio personale della propria capacità professionale, delle proprie relazioni e delle influenze esercitabili.
In questa prospettiva possiamo affermare che la finalità immediata della Loggia P2 era come tale in pari modo conosciuta da tutti i membri dell'associazione, e da tutti con pari impegno perseguita, le differenze riscontrabili, rispetto a tale fine concreto, avendo ragione di essere solo per il diverso ruolo da essi membri ricoperto nella società civile.
Possiamo osservare da ultimo che l'identificazione della ragione associativa con questa finalità immediata altro non costituisce se non lo sviluppo del tradizionale concetto di solidarietà massonica, che il Gelli, dando notizia agli iscritti della costituzione dei gruppi, così efficacemente individuava: «...solidarietà che, come sai, rappresenta il trave maestro della nostra Istituzione...».
Notiamo allora che lo specifico apporto gelliano, nel consolidato quadro di vita massonica, risiede nello sviluppo, sino alle estreme conseguenze, di fenomeni prima di lui esistenti: come dalla riservatezza si passa per gradi alla definitiva segretezza, con un compiuto salto di qualità, così dalla tradizionale solidarietà, funzionale ad operazioni di piccolo cabotaggio, si arriva alla dimensione affatto nuova di una operazione generalizzata di interferenza nella vita del Paese.
È facile allora osservare come i due fenomeni, secondo quanto ci mostra lo studio della vicenda della loggia, corrano in parallelo secondo un legame di intrinseca reciprocità, il primo essendo funzionale alla ambizione di propositi del secondo. Accanto o meglio oltre questo fine immediato la Loggia P2 si poneva un fine mediato o ultimo al quale il primo era subordinato, e che verrà analizzato e studiato nel capitolo concernente il progetto politico della Loggia Propaganda: possiamo già dire, in tale sede, che il fine ultimo della organizzazione risiedeva nel condizionamento politico del sistema.
Il problema che ci poniamo è quello di rilevare quale reale conoscenza vi fosse presso gli affiliati in ordine a tale ultimo fine della Loggia P2, se e con quale grado di intensità fosse in loro presente la percezione che il concorso complessivo delle loro azioni, unificate dal vincolo associativo della loggia, tendeva al perseguimento del fine politico indicato: se cioè essi fossero avvertiti della subordinazione del fine immediato, da tutti condiviso, al fine ultimo della Loggia P2.
Dall'esame degli atti e della documentazione in nostro possesso non risulta che il concorso della solidarietà tra affiliati pervenisse al riconoscimento esplicito di questo collegamento; questa finalità ultima peraltro, secondo l'ampia analisi che svolgeremo in seguito, costituisce la connotazione generale del fenomeno piduista, più che come professata dichiarazione intenzionale, in termini di implicita, sottesa direzione delle azioni della loggia e dei suoi aderenti.
A riprova di quanto affermato notiamo che il piano di rinascita democratica, del quale si farà analisi particolareggiata, delinea lucidamente tale strategia ma ad essa non fa mai esplicito riferimento, come del resto è lecito attendersi attesa la gravità dell'obiettivo.
Tale premessa ci consente di affermare in via induttiva, ma con verosimiglianza di risultato, che la consapevolezza del fine ultimo della loggia non poteva che essere graduata a seconda del ruolo rivestito dagli affiliati, e trattandosi di finalità squisitamente «profana», per restare nella terminologia, non poteva che assumere a metro di paragone il loro ruolo «profano», ovvero gli incarichi e le funzioni da essi ricoperti nella società. In via esemplificativa ci sembra di poter evidenziare che, rispetto a tale ultimo fine, il coinvolgimento del direttore dei Servizi segreti fosse ben diverso da quello di un ufficiale subalterno.
Di pari evidenza risulta che per quanto invece attiene al fine immediato dell'organizzazione, diversa era la conoscenza delle attività della loggia a seconda dei settori di appartenenza; talché, tenendo anche conto del grado di espansione delle attività, quanto avveniva nel settore editoria coinvolgeva certamente gli appartenenti del gruppo Rizzoli ma non in pari misura, ad esempio, gli esponenti di vertice del mondo militare i quali, pur essendo a conoscenza della penetrazione nel settore, ricorrevano alla intermediazione del Gelli per i contatti reciproci, secondo quanto dimostrano vari episodi di ingerenza nel Corriere della Sera, gestiti, verosimilmente, dal Trecca.
Possiamo allora concludere che a livello di fini dell'associazione, immediati o ultimi che siano, si riscontra lo stesso fenomeno di parcellizzazione tra i soci rilevato a livello strutturale; conclusione questa che per la convergenza dei risultati interpretativi non solo arricchisce il nostro patrimonio conoscitivo, ma attribuisce connotazioni di verosimile attendibilità alla ricostruzione proposta.
Rimane da ultimo da precisare che il modello organizzativo studiato, anche a livello di finalità dell'associazione, presupponeva che il possesso completo della loro conoscenza risalisse soprattutto alla figura che vi fa capo e quindi al Venerabile Maestro, la cui infaticabile attività è testimoniata da tutte le fonti e che risulta ben spiegabile in un contesto associativo così organizzato.
La Loggia P2 ci appare allora in tutta la sua funzionale essenzialità, patologica certo rispetto ai modelli normali di associazione, ma assolutamente idonea quale strumento destinato alla gestione di una generale operazione di inserimento nel sistema a fini di condizionamento e controllo. Il modello assunto è stato definito «per cerchi concentrici» dall'onorevole Rognoni e tale espressione ben rappresenta la settorialità di strutture e di relazioni sociali proprie dell'organizzazione.
Non è infine chi non veda come questa tipologia associativa, pur patologica, non sia peraltro del tutto nuova. Il Procuratore generale della Repubblica, nei motivi di appello avverso la sentenza del Giudice istruttore del tribunale di Roma, ha infatti affermato, con riferimento al problema di segretezza, che «sembra quasi di vedere enunciate, per tabulas, le regole del silenzio, omertà e sicurezza a cui si dovevano attenere gli appartenenti ad organizzazioni terroristiche o mafiose o camorristiche».
Analogo riferimento è proposto dalla sentenza del Consiglio Superiore della magistratura. Questi rilievi possono essere allargati ad un più generale contesto interpretativo, poiché ci è dato osservare che da tali organizzazioni, che si muovono nell'illegalità in forma organizzata, la Loggia P2 mutua quella frammentazione dei rapporti sociali e quella non conoscibilità, nei gradi intermedi, dei fini ultimi dell'organizzazione, che la stessa non liceità di tali fini rende indispensabili connotati strutturali.
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