Il miele è il più antico dolcificante del mondo e ha da sempre affascinato gli esseri umani, che lo hanno adoperato per deliziare il loro corpo e la loro mente. Nessun altro prodotto ha infatti avuto nel corso del tempo utilizzi così disparati e significati simbolici così opposti
Il miele è il più antico dolcificante del mondo e ha da sempre affascinato gli esseri umani, che lo hanno adoperato per deliziare il loro corpo e la loro mente. Nessun altro prodotto ha infatti avuto nel corso del tempo utilizzi così disparati e significati simbolici così opposti, abbracciando alimentazione e cosmetica, medicina e scienza della conservazione, sacro e profano, la spiritualità più profonda e l’eros più trasgressivo.
Cibo degli dèi
Le piante in grado di produrre miele sono su questo pianeta da 150 milioni di anni ma di preciso non sappiamo quando gli umani capirono che, con il lavoro delle api, si poteva ottenere il più dolce degli alimenti. Appartiene al Mesolitico (quindi dal 10.000 all’8000 a.C.) la prima immagine rupestre (ritrovata in Las Cuevas de la Araña, vicino Valencia, in Spagna) di un uomo che raccoglie il miele da dentro un tronco, con le api che gli girano intorno e che lui placa con del fumo.
Sono gli Egizi, intorno al 3.000 a.C., a compiere la rivoluzione copernicana: perché andare a caccia di miele tra i fiori e gli sciami selvatici di api arrabbiate, e non allevare noi gli animali? Nacque così l’apicoltura, fatta all’epoca con arnie cilindriche di rami, canne e fango, sdraiate sul terreno e con dentro i favi che poi venivano tirati fuori una volta pieni di miele. Gli Egizi ebbero poi un’altra idea: spostare progressivamente le arnie lungo il Nilo per seguire le diverse fioriture, così da ampliare il periodo di produzione e quindi la quantità del prodotto, pratica tuttora usata in Sicilia, Sardegna e Grecia.
Con gli egizi cominciò anche la speculazione simbolica sul miele. Un papiro, oggi al British Museum, racconta la leggenda del dio Ra e delle sue lacrime che diventano api e cadono sulla terra. Il miele diventò in breve il cibo degli dèi e il simbolo dell’amore. La presenza di vasetti di questo alimento nelle tombe di alcuni faraoni ci dicono quanto fosse importante a quei tempi.
Intanto i maya crearono il liquore Xtabentun, aromatizzato appunto con il miele, tramite il quale entravano in contatto con gli spiriti (e che oggi è acquistabile anche su Amazon).
Il commercio
C’era poi l’uso extra-gastronomico del miele: per i sumeri era un cosmetico, per gli assiri e i babilonesi un medicamento per la pelle, gli occhi e i genitali.
E ancora un conservante per il cibo, un cicatrizzante contro le ustioni e un ingrediente per profumi, mentre i medici scoprirono che era un ottimo lassativo e vermifugo. Erodoto ci informa invece che gli Assiri avvolgevano i cadaveri con il miele prima di seppellirli per conservarli meglio, come fecero anche gli spartani.
Col tempo le arnie diventarono di terracotta in Medio Oriente o fatte con tronchi svuotati in Europa centrale. Chi produceva miele acquistò rilevanza sociale: nel Codice di Hammurabi, raccolta di leggi babilonesi, ci sono norme apposite per proteggere gli apicoltori dai furti di arnie.
Il miele venne commercializzato in vasetti e utilizzato per pagare tasse o come bottino di guerra. I celti lo usavano per la sepoltura, gli etruschi lo offrivano agli dei. In India era usato come afrodisiaco e dalla medicina ayurvedica. Nella poesia araba pre-islamica, il miele si univa al vino rosso per richiamare la dolcezza del rapporto sessuale. Inoltre, l’attività dell’ape che passa di fiore in fiore veniva assimilata all’attività sessuale, una metafora che arriverà ai nostri giorni.
Nella Bibbia il miele è il simbolo della dolcezza della parola di Dio ma anche dell’amore tra uomo e donna. Nel Corano il miele assicura la guarigione sia materiale che spirituale e poi scorre nei fiumi del Paradiso. Nell’antica legge ebraica, proibire l’offerta di miele a Dio echeggiava il controllo degli istinti sessuali.
Antichità e Medioevo
Il miele è spesso presente nei miti greci, Zeus veniva nutrito dalle ninfe con latte di capra e miele. Era il cibo degli atleti e per Pitagora garantiva lunga vita. Le fake news dell’epoca volevano che il miele cadesse dal cielo e che le api semplicemente lo raccogliessero; Aristotele allora decise di descrivere dettagliatamente tutto il suo ciclo di produzione e l’anatomia delle api. Trovò infine che questi animali si dedicavano a un tipo di fiore per volta, aprendo la strada, qualche secolo dopo, agli studi specifici sulle varie tipologie.
I romani non riuscivano a produrne quanto ne richiedeva il mercato e lo importarono da Spagna, Cipro, Malta e Creta. Virgilio, Columella, Seneca e altri scrittori lo glorificarono. Apicio scrisse che il miele era diventato il dolcificante dei benestanti, che lo usavano anche come conservante per la frutta e condimento per pesce e legumi. Plinio il Vecchio nella Storia Naturale descrisse lo stato dell’arte dell’apicoltura di quegli anni.
Nel Medioevo la tecnologia non conobbe innovazioni importanti, ma il mercato richiedeva sempre più miele. Sotto Carlo Magno allora vennero creati incentivi per chi lo produceva, e anche conventi e abbazie diventarono luoghi di apicoltura, sottolineandone l’aspetto spirituale.
Il Rinascimento insistette sulle due nature del miele: a tavola venne impiegato per condire anche carni e stufati e in medicina divenne uno strumento utilissimo per la farmacia galenica, come equilibratore del corpo umano.
Nell’èra moderna
Nel Seicento, grazie al microscopio, si arrivò a capire perfettamente il ruolo delle api nel processo di produzione.
Ma tra Seicento e Settecento arrivarono lo zucchero di canna e quello di barbabietola. Il più antico dolcificante del mondo cessò di essere il più consumato. I concorrenti erano più semplici da produrre, più economici e più facili da trasportare. Il miele si ricavò una sua nicchia di esclusività.
L’Ottocento fu il secolo delle innovazioni tecnologiche come le arnie con favi mobili per facilitare la raccolta. Nel 1865, alla Conferenza degli apicoltori di Brno, Franz von Hrushka presentò il suo nuovo smielatore, grazie al quale si estraeva il miele dal telaio mobile tramite centrifugazione. Questo permise di avere un miele sempre più puro, cioè esente da altre sostanze.
Ma l’Ottocento segnò anche la scoperta della sofferenza animale. Le tecnologie ottocentesche risparmiarono la vita di molte api rispetto al passato, quando per ottenere il miele si spremevano i favi con gli animali dentro, uccidendoli. E’ stato certamente un primo passo ma molto c’è da fare, perché ancora oggi troppe api muoiono durante il processo di produzione, indignando giustamente gli animalisti.
Evocativo
Dal Novecento ai nostri giorni si sono studiati gli effetti del miele sul nostro corpo a seconda della pianta da cui è prodotto.
Simbolicamente, il miele ha ispirato il linguaggio: in piena guerra fredda, le belle spie russe che seducevano funzionari occidentali per carpirne i segreti militari tendevano delle “honey traps” (trappole al miele). Nel 1986 il disegnatore Milo Manara creò uno dei suoi personaggi femminili più sensuali ed erotici di sempre che chiamò, guarda caso, Miele.
La possibile estinzione delle api è invece una paura dei giorni nostri, ma almeno per il momento il problema sembra essere rientrato e probabilmente il miele ancora per molto tempo continuerà a regalare piacevoli sensazioni al nostro corpo e alla nostra immaginazione.
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