Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


In relazione all'attività in concreto svolta da Dell'Utri, reputa il Collegio che deve mettersi in evidenza che in relazione alla causale di detti pagamenti, i giudici di legittimità hanno rilevato che la Corte d'Appello in passaggio della sentenza annullata aveva tenuto conto e giustificato come "possibile" la tesi di Galliano secondo cui i pagamenti di Berlusconi erano stati fatti per la protezione, e non anche per l'installazione dei ripetitori ritenendo acquisite «prove rassicuranti della effettività dei pagamenti e non altrettanto rassicuranti circa la aggiunta della causale dei ripetitori alla causale della protezione».

Ciò che era stato ritenuto rilevante e certo era che Berlusconi aveva continuato a pagare a "cosa nostra" con continuità somme di denaro cospicue per la propria protezione. Orbene ad avviso di questa Corte territoriale non può negarsi che proprio nel periodo in esame in cui Dell'Utri era passato alle dipendenze di Rapisarda si era profilato un interesse di Berlusconi per le emittenti private.

A tal proposito - a riprova del fatto che l'allontanamento dall'area berlusconiana non aveva comportato alcuna interruzione dell'interesse di Dell 'Utri per il mantenimento del patto siglato nel 1974 - va ricordata la richiesta fatta dall'imputato a Cinà, così come dichiarato da Di Carlo, di occuparsi della "messa a posto" delle antenne televisive nel " 1977/1978", anni in cui si delineava l'interesse di Fininvest per le emittenti private in Sicilia. Del pagamento del pizzo per le antenne si è continuato a parlare anche in seguito ed in particolare - quando Riina ( come si vedrà nel paragrafo relativo al periodo compreso tra il 1983 ed il 1992) aveva preteso il raddoppio della somma e Dell 'Utri aveva detto a Cinà che avrebbe pagato tale somma, ma che per i ripetitori in Sicilia a pagare dovevano essere i titolari delle emittenti locali e non la Fininvest.

Orbene reputa questo Collegio - considerato che Galliano aveva riferito che le somme erano date solo per la protezione dell'imprenditore con ciò escludendo che la causale dei pagamenti era collegata solo al "pizzo per le antenne" - che non è rilevante indagare quale sia stata questa causale (antenne e/o protezione personale) dei pagamenti, ma che sta necessario accertare che sia avvenuta (rectius: proseguita) l'oggettiva e materiale consegna di denaro nel periodo in questione, la "materialità del comportamento dell'imputato", così come chiesto dalla Suprema Corte (pag.110).

Del resto il patto concluso grazie alla mediazione di Dell'Utri prevedeva una protezione dell'imprenditore che non era limitata all'incolumità della sua persona, ma anche a tutto ciò che ad un imprenditore poteva accadere nello svolgimento della sua attività e dunque, eventualmente, anche per l'affare imprenditoriale dei ripetitori televisivi.

Alla luce degli elementi probatori emersi nel corso del giudizio e costituiti essenzialmente dalle dichiarazioni rese dai collaboranti di giustizia può immediatamente anticiparsi che la consegna del denaro da Berlusconi a "cosa nostra" non si era mai arrestata ed il ruolo di mediatore di Dell'Utri non si era mai interrotto.

Per la sua generale protezione è emerso che Berlusconi ha sempre pagato a "cosa nostra" e che Dell'Utri, non ha mai smesso di controllare che il rapporto sinallagmatico venisse rispettato, pronto ad intervenire per tutelare le ragioni del Berlusconi che in un certo periodo si sentiva eccessivamente pressato ("tartassato") o per mediare, in seguito, le pretese di Riina che aveva imposto il raddoppio della somma.

Del resto la stessa natura giuridica di reato permanente e non istantaneo, richiede che fintantoché il concorrente esterno protragga volontariamente l'esecuzione dell'accordo che egli ha propiziato e di cui si sia fatto garante, presso i due poli più volte evocati (Berlusconi - "cosa nostra"), si manifesta il carattere permanente del reato che ha posto in essere; evenienza che la giurisprudenza richiamata dalla sentenza di annullamento della Corte di Cassazione (pag. 118), ha riassunto nella locuzione secondo cui " la suddetta condotta partecipativa (esterna) si esaurisce, quindi con il compimento delle attività concordate": Cass. 17.7.2002. n. 21356).

Volendo mettere m luce la "materialità del comportamento dell'imputato in tale periodo" (pag. 110 sent. Cass.) deve rilevarsi che le modalità di pagamento nel periodo in esame, precedente e di poco successivo alla morte di Stefano Bontate avvenuta il 23 aprile 1981, sono emerse essenzialmente dalle dichiarazioni dei collaboranti Calogero Ganci e Francesco Paolo Anzelmo Antonino Galliano, tutti appartenenti alla famiglia mafiosa della Noce a capo della quale vi era Raffaele Ganci ed in ordine ai quali la Suprema Corte ha ritenuto che non sussistessero dubbi in ordine alla loro attendibilità così come era stata ricostruita nella sentenza annullata.

Le loro dichiarazioni - evocate nella sentenza annullata ed anche in quella di primo grado solo - contengono elementi significativi a riprova del fatto che i pagamenti non si sono mai interrotti neppure quando Dell'Utri era andato a lavorare per Rapisarda. Calogero Ganci, uomo d'onore della famiglia della Noce, all'udienza del 9 gennaio 1998, ha riferito circostanze apprese dal padre Raffaele, capo della suddettafamiglia, relative ai pagamenti effettuati da Berlusconi a "cosa nostra".

Il collaboratore, dopo aver parlato dei pagamenti effettuati da Dell'Utri a Stefano Bontate, ha proseguito nel suo racconto riferendo che dopo la morte di quest'ultimo i pagamenti non si erano interrotti, ma erano stati effettuati ai Pullarà, Ignazio e Giovan Battista, che erano divenuti (prima Giovan Battista e, dopo il suo arresto, Ignazio) reggenti del mandamento di Santa Maria di Gesù ed avevano ereditato i rapporti intrattenuti da Stefano Bontate e Mimmo Teresi (Ganci :"Cinà quando fu contattato da Dell'Utri (1984-1985: n.d.r.) aveva avuto rapporti con il mandante della Guadagna, quindi io mi riferisco a Stefano Bontate, Mimmo Teresi. Poi dopo la morte di queste persone questi rapporti li ha intrattenuti con i Pullarà, Pullarà Giovanni e Pullarà Ignazio, questo le posso dire").

Ciò era avvenuto fino al 1984-1985 allorchè Cinà era stato chiamato da Dell'Utri che si era lamentato perché si sentiva "tartassato " dai Pullarà (dei pagamenti successivi al 1982 si parlerà in seguito nel paragrafo relativo all'elemento soggettivo sotteso a tali pagamenti) Le dichiarazioni di Ganci hanno dunque messo in evidenza che i pagamenti da parte dell'imprenditore milanese non si erano interrotti nel periodo in cui Dell 'Utri era andato a lavorare da Rapisarda. Il collaborante ha indicato una chiara successione nella gestione di tali pagamenti da parte di Dell'Utri ( Bontate-Pullarà) che lascia intuire che i termini del patto contrattuale erano rimasti i medesimi e che in seguito alla morte "dei mandanti della Guadagna", cioè di Bontate e Teresi, erano cambiati solo i percettori delle somme che erano divenuti i Pullarà e ciò senza soluzione di continuità.

Ha parlato dell'interesse mostrato da Dell'Utri per la situazione delle antenne televisive, ma lo ha riferito al 1984-1985, periodo successivo a quello in esame. Dalle sue dichiarazioni è emersa con tutta evidenza che Dell 'Utri, anche nel periodo in esame in cui aveva lasciato professionalmente Berlusconi, aveva continuato a mediare tra gli interessi di cosa nostra e 'imprenditore milanese, intrattendo rapporti non più con Bontate, ma con i Pullarà.

Del resto non vi era alcuna ragione per la quale gli esponenti mafiosi non si rivolgessero a lui visto che Dell'Utri non aveva mai mostrato alcun atteggiamento che lasciasse presumere la sua volontà di interrompere i contatti con coloro che avevano con lui siglato il patto del 1974, ponendo fine alla situazione antigiuridica che lui stesso aveva contribuito a creare. Con tali soggetti - come è stato già messo in evidenza - aveva continuato ad interagire mantenendo identico atteggiamento di cordialità e soprattutto di progettualità. Ma vi è di più.

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