Vi sarebbero state perfino indicazioni nel senso che Matteo Messina Denaro avrebbe perseguito il progetto, già di Bontate, di occupazione da parte della mafia di uno spazio politico, attraverso la creazione di logge ove vengano affiliati solo personaggi di un certo rango e ove la componente violenta della mafia ne diviene il braccio armato
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana.
In sintesi, le indagini sin qui svolte dalle autorità inquirenti calabresi illustrano un quadro di allarmante pericolosità che sarebbe caratterizzato dall’esistenza di un “mondo di mezzo”, crocevia e luogo di compensazione degli interessi del mondo criminale, dell’imprenditoria e della politica, quasi a riecheggiare in proporzione il modello, pur diverso nelle forme e nei contesti, emerso nell’indagine nota come “mafia capitale”.
Gli esiti investigativi consegnano un panorama complessivo di rapporti e collaborazioni con ambienti e soggetti massonici cui non si sottrae alcuna organizzazione mafiosa tradizionalmente presente sul nostro territorio.
Esponenti di cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita o soggetti comunque riconducibili a tali sodalizi, hanno partecipato a riunioni e incontri con individui appartenenti alle più diverse obbedienze massoniche per pianificare di comune accordo interventi nei più diversificati contesti ed, elettivamente, nel settore degli appalti e nella spartizione delle risorse pubbliche.
Una “camera di compensazione di affari”, tipica di quel terzo livello, descritto nella sentenza sull’omicidio Rostagno, in cui si incontrano burocrati, imprenditori, uomini politici e mafiosi, per consentire rapide carriere, assicurare voti, aggiudicarsi appalti e, in genere, per lucrare.
Il contributo dei magistrati siciliani e calabresi in Commissione
Al fine di conoscere gli sviluppi delle indagini più recenti e in corso, la Commissione antimafia ha ritenuto opportuno procedere all’audizione dei magistrati, siciliani e calabresi, che, a vario titolo, si sono occupati del fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nella massoneria.
Come detto in apertura di questa relazione, l’inchiesta ha preso avvio proprio con l’audizione della magistratura trapanese le cui dichiarazioni sono tuttavia rimaste segretate agli atti della Commissione trattandosi di argomenti inerenti delicate indagini in corso. Anche le audizioni di magistrati palermitani incontrano, in diversi passaggi, il limite della segretezza.
Rinviando ai resoconti, nelle parti libere, delle dichiarazioni loro rese a questa Commissione, può comunque affermarsi che tali rappresentanti dell’Autorità giudiziaria hanno evidenziato un’allarmante continuità tra le più note vicende del passato – quella già citata della loggia “Scontrino” – alle più attuali risultanze investigative, un filo conduttore che ipotizza come le logge coperte si annidino ancora all’ombra delle logge ufficiali; di come gli uomini, pur risultati iscritti alle logge coperte, abbiano continuato a fare carriera sia nel mondo politico, sia nel mondo degli affari, non essendovi stata mai una efficace reazione da parte delle Istituzioni per isolarli, anche dopo che i loro nomi e la loro appartenenza fosse divenuta palese; di come vi sia riscontro che già appartenenti a logge segrete ed irregolari siano poi trasmigrati in altre logge; di come sia possibile passare da una loggia regolare ad una coperta e viceversa.
La presenza di logge nel trapanese, in un numero che ora come in passato appare sproporzionato rispetto alle altre province siciliane e d’Italia, l’elevato numero di iscritti nella provincia, la qualità degli iscritti, spesso provenienti dal mondo della borghesia, rende possibile la creazione di veri e propri “comitati di affari”, dove è possibile cogliere opportunità di carriera, influenzare o determinare l’esito nelle consultazioni politiche, scambiarsi favori per il reciproco vantaggio e a detrimento dei legittimi interessi di altri.
I magistrati hanno riferito dei riscontri che sono emersi dalle investigazioni, in cui funzionari infedeli delle pubblica amministrazione, compiacenti agli interessi di referenti delle cosche, risultavano iscritti ad una loggia; faccendieri e mediatori che operavano per ritardare la celebrazione di processi, per acquisire informazioni sulle indagini in corso, erano a loro vota massoni; e massoni, addirittura gran maestri, erano alcuni personaggi che si erano spesi per presentare imprese per concorrere all’aggiudicazione di appalti pubblici, persino di opere da realizzare in uffici giudiziari; ci sono massoni tra commercialisti, medici, avvocati che condividono la fratellanza in logge ove vi è la presenta più o meno palese di mafiosi o che si mettono al loro servizio.
E, anzi, vi sarebbero state perfino indicazioni nel senso che Matteo Messina Denaro avrebbe perseguito il progetto, già di Bontate, di occupazione da parte della mafia di uno spazio politico, attraverso la creazione di logge ove vengano affiliati solo personaggi di un certo rango e ove la componente violenta della mafia ne diviene il braccio armato.
Anche i magistrati impegnati in Calabria hanno offerto sul tema della connessione tra ‘ndrangheta e massoneria un rilevante contributo, già nella scorsa legislatura: “In diverse indagini abbiamo raccolto elementi che indicano una connessione tra pezzi di ’ndrangheta, la parte elevata della ’ndrangheta (i capi, per capirci), logge massoniche e altri pezzi della città.
Tali elementi, raccolti nel corso di diverse indagini, al momento ci permettono di avanzare soltanto un’ipotesi di lavoro, un’ipotesi investigativa secondo la quale, in Calabria, la massoneria sia una sorta di stanza di compensazione in cui, anche fisicamente, si possono realizzare interessi comuni, si possono incontrare persone diverse che magari non possono vedersi altrove e in tale contesto hanno l’occasione di riunirsi tutti coloro che sono accomunati da un legame particolare per coltivare determinati interessi (...).
La massoneria, quindi, funziona come un cemento che lega le persone, le mette insieme e le fa stare anche fisicamente in un’unica stanza – per questo parlo di stanza di compensazione – dove possono discutere e realizzare i loro interessi, non sempre leciti.
Questo noi lo abbiamo verificato in diversi contesti di indagine. Ovviamente sono spunti, sono elementi sui quali dobbiamo costruire ancora qualcosa di più significativo e importante”.
Del resto, l'esistenza della questione si percepisce con immediatezza attraverso le conversazioni intercettate tra noti ndranghetisti. Si tratta di un dato che ha infatti precisi riscontri giudiziari, affidati alle parole di alcuni tra i maggiorenti della ndrangheta, intercettati nel segreto dell'abitazione di Giuseppe Pelle, depositate agli atti nel processo Mandamento ionico: «... sono tutti nella massoneria quasi...». «La possono fare questa cosa qua? ... Per regola, si può f are?», è la domanda. Risposta: «per regola tante cose non si potevano fare ... E si fanno». E ancora: «Nella massoneria abbiamo ... portato “uomini” ... io me ne sono andato! (...) quando mi sono accorto che il pesce puzza dalla testa».
Successivamente, i magistrati hanno potuto riferire anche di talune indagini già oggetto di discovery.
Le ultime inchieste calabresi
Le recenti acquisizioni investigative, sfociate nei procedimenti “Crimine”, Saggezza” , “Fata Morgana" e “ Mammasantissima”, ancora al vaglio del giudice dibattimentale, evidenzierebbero infatti l’esistenza di una componente riservata, le figure dei cd. “invisibili” , “soggetti che, per il ruolo che rivestono, per l’apporto che danno alla ’ndrangheta, per il versante su cui operano devono essere mantenuti coperti”.
Essi non si identificherebbero con quella componente riservata già conosciuta, di cui vi è traccia già nell’origine stessa della Santa e di cui si è fatto cenno più sopra, composta da soggetti esponenziali delle singole cosche che venivano inseriti nell'ambito della massoneria per avere occasioni di rapporto con il mondo degli affari e della politica.
Al contrario, quello che è emerso dalle più recenti indagini sopra indicate, sembrerebbe prefigurare l’esistenza di un’entità riservatissima in grado di esercitare un controllo quasi totalizzante sulle stesse organizzazioni che ha consentito la coesistenza dei due mondi, quello massonico e quello criminale.
In tal modo la stessa massoneria, così infiltrata tramite la Santa, si sarebbe piegata alle esigenze della ’ndrangheta, così creando all’interno di quel mondo in cui convivevano mafiosi e società borghese-professionale, all’ombra delle logge, un ulteriore livello, ancor più riservato, anzi segreto, formato da soggetti “che restano occulti alla stessa massoneria” . Si tratta di coloro “che, dovendo schermare l'organizzazione ed essendo note soltanto a determinati appartenenti all'organizzazione dei vertici più elevati, non si possono esporre a nessuna altra forma evidente quale possono essere le associazioni massoniche”.
Su tale ultimo aspetto, relativo ad un "livello" superiore e diverso dalla massoneria e quindi per certi versi persino ulteriore rispetto all'oggetto della presente inchiesta, occorrerà, naturalmente, attendere gli esiti processuali per un quadro più completo e stabile delle acquisizioni conoscitive.
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