Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


La dottoressa Piera Amendola è stata sentita all’udienza del 12 novembre 2021 quale consulente dell’Avvocatura dello Stato e delle altre parti civili. Ha presentato le sue credenziali, avendo lavorato a lungo con l’on. Tina Anselmi, Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia Massonica P2. Ha coordinato l’archivio della Commissione P2 e di altre fondamentali Commissioni d’inchiesta, acquisendo conoscenze storico-archivistiche di assoluto e primario rilievo, tanto da essere stata consulente in materia di Massoneria deviata per diverse autorità giudiziarie. Componente del Direttivo dell’archivio Flamigni.

Ha tenuto a precisare in premessa alla sua deposizione di volersi strettamente attenere alle sue conoscenze documentarie e di volere evitare dichiarazioni fondate su congetture e dati de relato. […].

Stante l’ampio risalto dato alla Relazione Anselmi, limiteremo i riferimenti alla testimonianza a ciò che rappresenta un salto di qualità informativo rispetto a quel testo, dovuto alle successive ricerche e acquisizioni di cui la consulente ha potuto dare conto.

Sulla storia della P2 come antica storica loggia, appartenente al Grande Oriente d’Italia e alla sua peculiarità organizzativa che la pone alle dirette dipendenze del Gran Maestro, realizzandone la segretezza, si è già detto e rinviamo ai chiarimenti offerti dalla consulente.

La riservatezza, se non segretezza, era dovuta alle qualità rivestite dai membri, politici, magistrati, militari, alti funzionari dello Stato, e così via. Con l’avvento di Gelli nel 1971, il numero degli affiliati cresce esponenzialmente. Anche la consulente sottolinea la necessità di distinguere le due fasi della Loggia negli anni Settanta e fino a Castiglion Fibocchi.

Al momento in cui negli anni 1975-1976 Gelli ottiene dal Gran Maestro Salvini il governo assoluto della Loggia con un “piè di lista” ufficiale di appena sette elementi, gli iscritti sono già centinaia e le iscrizioni proseguono a ritmo incalzante. Anche secondo la consulente gli iscritti erano nettamente più di quelli delle liste ritrovate; si trattava di iniziazioni mirate, nel senso di riguardare persone che occupavano posizioni nevralgiche nei rispettivi settori di appartenenza pubblici e privati.

Interessante il rilievo per cui la domanda di ingresso di Gelli nella Massoneria del 1963 viene tenuta in sospeso per due anni e accolta nel 1965 in concomitanza col Convegno dell’Istituto Pollio che segna l’inizio della strategia della tensione.

La consulente illustra poi le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto le liste di Castiglion Fibocchi “attendibili ma non complete”. Del resto, Gelli nell’intervista all’Espresso del 1975 aveva indicato un numero di 2500 aderenti. Altre fonti indicano il numero di tremila persone. Le prove di questo maggior numero sono diverse, […].

La consulente spiega quindi le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto attendibili, come visto, i nomi contenuti negli elenchi. Viene ricordato il rinvenimento degli elenchi e dell’altra documentazione “scottante” contenuta non nella cassaforte dell’Ufficio di Gelli ma in una valigia presso la ditta “Giovanni Lebole”. A proposito della valigia viene ricordata una frase che Elio Cioppa, già numero due del SISDE, sentiva ripetere a Gelli: “Se apro quella faccio saltare l’Italia”.

La consulente richiama quindi gli argomenti che possono indurre a ritenere che il ritrovamento dei documenti gelliani sia stata in qualche modo pilotata da ambienti massonici ostili a Gelli che si siano voluti liberare dello stesso. È la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato con riferimento alla testimonianza, agli inquirenti milanesi, di Joseph Miceli Crimi.

Afferma la consulente: “Gelli ha voluto far trovare perché aveva già portato a Montecarlo la parte più oscura della P2? Ci si può ragionare e ci sono dei documenti che possono anche spiegarci cosa sia accaduto nella Loggia di Montecarlo, ma un po’ alla volta”.

A questo punto della deposizione sono introdotti gli elementi più interessanti a sostegno di quella che l’Avvocatura dello Stato ha definito la “causale della strage di Bologna”.

La consulente ha spiegato che la giurisdizione Nord della massoneria americana aveva sede a New York, mentre la circoscrizione Sud aveva sede a Washington. Il Supremo Consiglio di quest’ultima, che era sempre stato favorevole a Gelli e lo aveva protetto, nella seconda metà degli anni ’70 avviò un processo massonico contro Salvini, per le vicende che riguardavano la massoneria italiana, in realtà la loggia di Gelli.

L’imputato era Salvini, ma di fatto era Gelli per i suoi rapporti con l’eversione e la vicenda Occorsio. L’inchiesta fu condotta dal giudice federale Charles Frossel, Gran Maestro della Loggia di New York.

La Commissione svolse l’istruttoria nel biennio 1977-1978 e la concluse nel 1979. Era in gioco il riconoscimento internazionale della massoneria italiana da parte della circoscrizione Nord. Per evitare questa conseguenza il Gran Maestro Salvini si dimette, ma per la consulente effettivamente il 1979 segna un momento di debolezza personale di Gelli proprio mentre la Loggia P2 raggiunge il suo massimo splendore: “Ha conquistato il Corriere della Sera, ha in mano banche, capi dei Servizi, partiti politici, tutto”. Nelle prime settimane accade anche un altro avvenimento.

La rivista O.P. di Mino Pecorelli, iscritto alla P2, che nella stagione precedente il ’79 aveva sempre coperto Gelli, comincia a inviare segnali da cui si evince che dispone di documenti riservati che potrebbero screditare Gelli.

In effetti, Pecorelli disponeva della c.d. Informativa Comintern del 1950, nella quale Gelli era indicato quale agente dei servizi segreti dell’Est, un documento segreto poi non seguito negli anni da altre informazioni che però, come abbiamo visto, serviva ai servizi per ricattare e tenere in pugno Gelli.

La manovra minacciosa di Pecorelli viene letta come intenzione dei servizi di scaricare Gelli. In effetti il documento Cominform era stato consegnato a Pecorelli dal colonnello Viezzer, uomo del Sid nell’ultima fase di Miceli e Maletti.

Altro elemento che mette in crisi il rapporto di Gelli con la massoneria americana, questa volta con la potente circoscrizione sud, è ciò che accade in Sicilia, di cui abbiamo già riferito con riferimento all’azione di Miceli Crimi di tentare l’unificazione in quegli anni fra le varie obbedienze della Massoneria Italiana.

Si tratta del summit massonico di rilevanza internazionale di cui ha parlato la dr.ssa Beccaria che si svolse nel ’77 al largo di Ustica sul panfilo Trident. Ne accennò Miceli Crimi in sede di Commissione Sindona, ma non volle riferire più di tanto, adducendo il segreto massonico. Fu invece la sua compagna Francesca Paola Longo, anch’ella massone a parlarne.

Raccontò del tentativo di unificazione massonica attuato fino al 1979 dal Miceli Crimi per conto della giurisdizione Sudamericana, il cui vertice all’epoca era tale Clausen, che, per conto di alcuni esponenti dell’Amministrazione Americana, aveva sostenuto il progetto di unificazione massonica in chiave anticomunista. Ancora una volta nella logica di dare vita non soltanto a un soggetto massonico ma anche ad un soggetto politico in grado di opporsi all’avanzata del Partito Comunista.

In questo progetto, come sappiamo, Miceli Crimi, con Sindona a Palermo, cerca di coinvolgere Stefano Bontate. La consulente sostiene che il capo mafia sostenne Miceli Crimi nel suo girovagare per la Sicilia e l’Italia ed incontrò più volte Gelli che, secondo la testimonianza della Lazzerini, si era recato in Sicilia più volte. Dopodiché incontri si erano avuti sia a Roma, che a Castiglion Fibocchi, ripetute volte.

A quanto pare Gelli non aderisce a questo tentativo di unificazione massonica, perché avrebbe avuto in animo un altro piano; nel 1979 Gelli, dopo avere elaborato il Piano di Rinascita democratica, pensa che occorra impegnare altri strumenti per condizionare le vicende politiche italiane.

Quest’opposizione fu considerata uno sgarbo non solo a Miceli Crimi, ma soprattutto a coloro che egli rappresentava, la potente massoneria americana. Il dissociarsi di Gelli dai piani americani porta Francesco Pazienza a sostituire Gelli nel rapporto con i Servizi segreti. Pazienza dal 1979 diventa l’uomo di Santovito nel Super Sismi e nei rapporti con Calvi.

Nel momento in cui la P2 sta raggiungendo obiettivi straordinari, il suo Maestro Venerabile subisce un gravissimo attacco e una delegittimazione. Se Gelli abbia reagito aggiornando la strategia del sistema criminale quale si era delineato dopo il 1974 secondo l’indicazione del generale Miceli al giudice Tamburino (“D’ora in poi non sentirete più parlare di terrorismo di destra”) e la conseguente staffetta con il terrorismo rosso e quindi con una ripresa dell’azione eversiva della destra con gli attentati del ’79, la consulente non lo dice, ma si tratta di interpretazione plausibile e supportata da prove.

Nelle parole della dr.ssa Amendola: “...nasce la Banda della Magliana, nel ’77 nascono i NAR, insomma ci sono tante novità che mutano proprio il sistema criminale italiano, e lui deve fare conto con nuovi soggetti di questo sistema criminale. Quindi aggiornare le sue strategie, i suoi programmi.

Se ha deciso che poteva in tutto questo essere utile qualcosa io non lo so, e ovviamente non lo posso dire, certo che accade un altro fatto di straordinario interesse, di cui forse avremo modo di parlare, e cioè l’incontro fra Gel/i e Bontate, i loro rapporti, i rapporti della Loggia dei 300 con la P2, e quindi un nuovo scenario che si apre, che si apre in Sicilia”. E sappiamo quanto sia impegnativa e significativa la pista siciliana legata al delitto Mattarella.

Per ciò che riguarda la partecipazione di uomini della P2 ai tentativi golpisti dei primi anni ’70 e sulla posizione di Gelli in quegli anni, abbiamo riferito più volte, in particolare esponendo quanto illustrato nella Relazione Anselmi, il cui contenuto la consulente riprende con precisione. Il punto è ormai probatoriamente definito. Per quanto concerne la strategia di Gelli nella seconda metà degli anni ’70, la consulente non si discosta dalla Relazione Anselmi.

Per ciò che concerne la documentazione nascosta e sequestrata nel doppio fondo della valigia della figlia Maria Grazia, la consulente conferma l’interpretazione in termini di ricatto del rinvenimento della segretissima direttiva Westmoreland. Un ricatto nei confronti degli ambienti che avevano con lui tramato nei primi anni ’70.

La consulente si è soffermata invece sui risalenti rapporti di Gelli con il generale Grassini, capo del SISDE al tempo della strage e principale responsabile, per come hanno ben spiegato le parti civili, del sostanziale insabbiamento della informazione raccolta da Vettore Presilio. L’affiliazione di Grassini alla Loggia era anteriore al 1977.

La sua nomina fu sponsorizzata da Gelli, che riuscì a impedire che al Sisde andasse il funzionario Santillo, il solo funzionario di polizia che aveva bene inteso la natura della P2, riferendone in ben tre relazioni al Ministro. Grassini era nella P2 dai primi anni ’70, come riferito alla Commissione dal generale Rosseti, il quale avrebbe partecipato all’iniziazione del Grassini.

Il dottor Elio Cioppa, capocentro del Sisde a Roma2, riferì in Commissione che era notorio nell’ambiente che Gelli fosse un informatore del Sisde. Egli stesso aveva sviluppato per conto di Grassini tutta una serie di piste e di informazioni che provenivano da Gelli e fu per questo che alcuni giorni dopo si rivolse al Gelli per avere informazioni sulla strage, ricevendone indicazioni sulla pista internazionale, che escludevano quella interna.

Fu dopo la testimonianza Cioppa che il generale Grassini ammise di essersi iscritto alla massoneria, circostanza prima negata, pur ignorando a suo dire che si trattasse della P2. Grassini confermò poi alla Commissione di avere incontrato molte volte Gelli sul finire degli anni Settanta, tessendone le lodi, la caratura nazionale e internazionale, le conoscenze di cui disponeva.

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