Nella Loggia “I Cinque Martiri” di Locri su un totale di 75 soggetti, sono emersi 18 massoni con elementi indicativi di una loro appartenenza, riconducibilità o contiguità alla ‘ndrangheta. Nella loggia di Brancaleone, cioè la “Vincenzo De Angelis” sono stati censiti 21 iscritti, quasi la metà di essi dipendenti pubblici...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana
Di seguito si continuerà la disamina delle logge sciolte indicate da Bisi, nonché quelle delle altre obbedienze. Si anticipa da ora che per molti degli appartenenti a tali articolazioni sono stati riscontrati, oltre che precedenti penali, anche “elementi di polizia”, consistenti in denunce o segnalazioni nei confronti di tali soggetti nonché controlli di costoro con soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta.
Si tratta, ovviamente, di dati che da un punto di vista giudiziario non assumono alcuna rilevanza, tuttavia, ai fini della presente inchiesta, assumono valenza in quanto notizie verosimilmente note in piccoli centri che avrebbero potuto costituire un primo sintomo di pericolo ed indurre i vertici, centrali e regionali, delle varie obbedienze all’intensificazione dei controlli (che saranno oggetto, in altra parte della relazione, di alcune riflessioni).
Vero è che, in concreto, poi quelle logge con quegli appartenenti sono state oggetto di scioglimento, ma è anche vero, da un lato, che non risultano attività ispettive disposte in tal senso, e dall’altro che nei decreti di scioglimento, qualora rinvenuti, non si fa alcun cenno a possibili inquinamenti della criminalità organizzata.
Proseguendo la disamina, circa la seconda loggia indicata da Stefano Bisi come sciolta per “motivi organizzativi” vi è quella dei “I Cinque Martiri” di Locri (la loggia di Locri).
Da una verifica di polizia eseguita dalla Direzione Investigativa Antimafia sugli aderenti alla predetta loggia, per un totale di 75 soggetti, sono emersi 18 massoni con elementi indicativi di una loro appartenenza, riconducibilità o contiguità alla ‘ndrangheta.
In particolare, cinque di questi sono gravati da significativi precedenti di polizia. Ben tre di essi hanno precedenti specifici per associazione mafiosa, uno per estorsione e un terzo, dipendente pubblico, è stato sottoposto agli arresti domiciliari nel 2007 per associazione per delinquere e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. Altri 13 appartenenti alla loggia sono risultati in rapporti di frequentazione con soggetti aventi pregiudizi per associazione di tipo mafioso e, in taluni casi, anche per riciclaggio ed estorsione.
Nei confronti di due membri della loggia, indagati per reati di concorso esterno in associazione mafiosa, veniva emessa una tavola di accusa poiché avevano omesso di riferire tale circostanza al maestro venerabile della loggia di appartenenza. La notizia della loro sottoposizione a indagini veniva appresa da fonti di stampa.
Il tribunale massonico circoscrizionale, il 30 novembre 2013, emetteva sentenza con cui i due soggetti venivano assolti da ogni addebito, con la motivazione che dall’istruttoria svolta non erano emersi ”elementi neppure indiziari, per poter ragionevolmente sostenere che gli incolpati potessero essere a conoscenza dell’esistenza delle indagini a loro carico” e che dunque non avevano mentito ai loro superiori.
Si noti, dunque, come la questione riguardasse, non tanto il merito (cioè che i predetti erano sottoposti ad una inchiesta di mafia) quanto il mero fatto di non aver detto nulla ai propri superiori. Dagli atti del processo nessuno infatti chiede agli accusati, magari sotto giuramento massonico, se i fatti apparsi sulla stampa fossero o meno fondati.
Peraltro, si rileva che nei confronti di uno di loro veniva riconosciuta, a sua discolpa, la circostanza di non aver avuto alcuna comunicazione formale da parte dell’A. g. e che non riteneva che la fonte di stampa si riferisse a lui. In realtà, nel processo massonico risulta addirittura che era stata acquisita agli atti dell’obbedienza l’informativa dell’Arma dei carabinieri. Ma, si affermava, che a tale informativa della p.g. non era opportuno dare rilevanza in quanto “risulta(va) notevolmente retrodatata rispetto alla contestazione dell’addebito, per cui se vi fossero stati sviluppi e/o seguiti alla predetta informativa, gli stessi sarebbero emersi nel corso dell’odierno processo muratorio”.
La loggia è stata cancellata il 21 novembre 2014 disponendo, tuttavia, che i suoi appartenenti potessero continuare l’attività massonica affiliandosi ad altra articolazione del Goi calabrese. Poiché negli atti acquisiti dalla Commissione non vi è traccia del testo del decreto di abbattimento, non è possibile conoscere le ragioni formali del provvedimento.
Nella terza loggia indicata da Bisi (la loggia di Brancaleone), cioè la “Vincenzo De Angelis” di Brancaleone (RC), sono stati censiti 21 iscritti, quasi la metà di essi dipendenti pubblici (10), di cui sei dipendenti dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e altri due appartenenti ai ministeri della giustizia e della difesa. Tra i soggetti impiegati nel privato prevale la professione di medico (3). Per poco meno della metà degli appartenenti alla loggia di Brancaleone (8) risultano frequentazioni con numerosi soggetti aventi gravissimi pregiudizi per associazione mafiosa, traffico internazionale di stupefacenti ed estorsione. Sul conto di altri due aderenti alla loggia, entrambi dipendenti pubblici, risultano, in un caso, gravami per omicidio volontario, reati contro la pubblica amministrazione e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e, nell’altro, per associazione per delinquere, truffa e reati contro la pubblica amministrazione.
La loggia è stata cancellata il 26 febbraio 2016. Nel relativo decreto di abbattimento veniva consentito a 17 iscritti, di cui uno sospeso, di continuare a frequentare l’obbedienza affiliandosi ad altra loggia. Il provvedimento richiamava le relazioni ispettive -non rinvenute tra gli atti acquisiti dalla Commissione- e la delibera di giunta del Goi dove si faceva chiaro riferimento, oltre a carenze di ritualità e all’esistenza di polemiche interne, al fatto che erano risultati procedimenti penali a carico di fratelli e che purtuttavia erano stati eletti alle più significative cariche di loggia.
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