La spiegazione fornita dal Torretta sui tragici avvenimenti di quella sera è così assurda da non meritare un accurato esame critico. Afferma Torretta che quella sera, appena arrivato a casa, ricevette la visita di Conigliaro e di uno sconosciuto: prima ancora di avere il tempo di chiedere loro cosa volessero
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
Omicidio di Garofalo Pietro e Conigliaro Girolamo
La sera del 19 giugno 1963 verso le ore 20,15 diversi colpi di arma da fuoco attiravano l’attenzione del Carabiniere Antonio Pintabona, in servizio di piantone alla Caserma Carabinieri di Uditore. Il militare si precipitava verso la direzione da cui aveva sentito provenire gli spari e fatti pochi passi si imbatteva in un giovane che veniva a finirgli addosso, chiedendogli soccorso.
Il ferito veniva caricato su un’Alfa Giulietta, che si era lentamente avvicinata, e avviato all’Ospedale di Villa Sofia dove giungeva cadavere.
Il conducente della Giulietta dopo avere trasportato il ferito, aiutato dai giovani Parisi Giuseppe, Chiovaro Pasquale e Davì Salvatore, abbandonava sul posto l’automobile e si eclissava.
I carabinieri si portavano intanto nell’abitazione di Pietro Torretta, sita al primo piano dell’edificio contrassegnato col numero civico 6 di via Lo Monaco Ciaccio, da dove si erano sentiti provenire i colpi e da dove era stato visto saltare giù da un balcone il ferito incontrato dal Carabiniere Pintabona, e forzata la porta di ingresso, trovavano nella stanza da pranzo il cadavere di un individuo con segni di colpi d’arma da fuoco alla schiera e alla testa.
Gli uccisi vennero identificati per Pietro Garofalo e Girolamo Conigliaro, inteso “Pietro Di Pisa”, noti e pericolosi elementi della malavita palermitana.
L’automobile Alfa Romeo Giulietta targata PA 74670, abbandonata davanti all’ospedale dallo sconosciuto soccorritore di Conigliaro, risultò di proprietà di certo Affronti Giuseppe, oriundo di Misilmeri, il quale dichiarò di averla data in prestito, verso le ore 18,30 dello stesso giorno, al Conigliaro.
In base alle indagini svolte dai Carabinieri e dalla Pubblica Sicurezza, si poté stabilire che Pietro Garofalo e Conigliaro Girolamo verso le ore 20 si erano recati a bordo della Giulietta che Gonigliaro ave va avuto da Affronti Giuseppe poche ore prima, in casa del Torretta dove il Conigliaro era da quelle atteso.
Risulta dalla deposizione di Ciulla Antonino che Pietro Torretta verso il 15 o 16 giugno gli aveva detto di avvertire “Pietro Di Pisa” che aveva bisogno di parlargli. Il 19 giugno, verso le ore 17, Conigliaro e Garofalo passarono dalla gioielleria del Ciulla e costui informa Conigliaro della richiesta del Torretta. Conigliaro allora pregò il Ciulle di telefonare a Torretta. Ciulla telefonò e parlò della presenza di Conigliaro, che subito dopo gli tolse il microfono ed ebbe una breve conversazione con Torretta.
Sul tenore della conversazione Ciulla Antonino si mantenne reticente, insistendo nell’affermare di non avervi prestato attenzione. Bisogna considerare che il teste è un individuo dai poco chiari precedenti di vita, legato da rapporti amichevoli con elementi come Pietro Torretta o Girolamo Conigliaro, divenuto in pochi anni proprietario di una gioielleria in via dell’Orologio e contitolare di altre imprese commerciali. Ciulla Antonino appartiene ad un ambiente malsano in cui l’omertà é una legge ferrea alla quale si deve a tutti i costi sottostare.
È già un notevole risultato aver saputo da lui del colloquio tra Torretta e Conigliaro. Nonostante le reticenza del Ciulla si può essere certi che in quel colloquio telefonico Torretta fissò al Conigliaro un appuntamento per la stessa sera nella propria casa.
La circostanza dell’appuntamento è provata dal comportamento tenuto dai familiari del Torretta, la sera del 19 giugno. La moglie Armanno Giovanna, verso le ore 20, poco prima dell’ora consueta della cena, interrompe bruscamente le proprie faccende lasciando una camicia stirata a metà ed esce per andare a fare visita alla cognata Bonura Giuseppina, accompagnato dalla figlia Giuseppina. Torretta Enza e Francesco escono verso le ore 19.30 per accompagnare a case dei compagni di studio e ritardano senza alcun plausibile motivo a fare ritorno.
Torretta Maria Stella, almeno sino alle ore 1,30 è a casa, tant’è vero che viene vista al balcone da Vella Giuseppe e Salvatore. Non risponde perciò e verità che sia uscita con la zie Torretta Giuseppina verso le ore 18,30.
Perciò tra le ore 19,30 e le ore 20 circa tutti i familiari del Torretta, con un pretesto con un altro si allontanano da casa in un’ora in cui ere invece naturale che vi si trattenessero, specialmente la Armanno, che arriva, invece, ad interrompere addirittura il lavoro di stiratura. Ciò denota che Pietro Torretta aveva dato disposizione ai suoi familiari di lasciare la casa prima delle ore 20, in vista dell’appuntamento con Conigliaro.
Conigliaro e Garofalo si presentano in casa di Pietro Torretta verso le ore 20, come è confermato dalle deposizioni di Caviglia Rosalia ed Aiutino Domenico.
Arrivano a bordo della Giulietta dell’Affronti, in compagnia di tre amici, che però non scendono dalla macchina. In proposito vi è un lieve contrasto tra la versione della Caviglia e quella di Aiutino, perché la prima assume che solo due individui si presentarono a chiedere di Pietro Torretta, mentre il secondo parla di tre individui scesi dall’automobile. Ciò può spiegarsi nel senso che Garofalo e Conigliaro fossero seguiti da un amico che, però, non entrò nell’appartamento dei Corretta.
Dopo quindici o venti minuti si senti il fragore degli spari e trascorsi pochi istanti, Pietro Torretta preceduto da due sconosciuti, tutti armati di pistola, lasciava precipitosamente l’appartamento dirigendosi di corsa verso la vicina campagna. Fu visto a perfettamente identificato da Aiutino Domenico.
Non è stato possibile fare piena luce su ciò che avvenne in casa di Pietro Torretta tra le ore 20 e le ore 20,15. E certo soltanto che Torretta aspetto l’arrivo di Conigliaro fiancheggiato almeno da due complici, arrivati con lui poco prima delle ore 20 sicuramente notati da Torres Agostino il quale, infatti, dichiarò oralmente al tenente dei Carabinieri Malausa (ucciso il 30 giugno 1963) di aver salutato “solo” Torretta, facendo intendere così che con Torretta vi erano altre persone.
E certo altresì che dopo, più o meno, un quarto d’ora, lo sviluppo degli eventi impose a Pietro Torretta e ai suoi complici di aprire il fuoco contro Conigliaro e Garofalo, i quali furono attinti il primo de due proiettili calibro 6,35, il secondo da due proiettili calibro 38, de uno calibro 7,65 e da uro calibro 380, sparati perciò da quattro armi diverse da distanza ravvicinata.
Sono pure rimasti oscuri i motivi che indussero il Torretta a convocare nella propria abitazione Girolamo Conigliaro. L’ipotesi più attendibile appare quella prospettata dal Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri nel rapporto in merito alla scomparsa di Girolamo a Gaetano Grasso, che, cioè, Pietro Torretta, avuto sentore della partecipazione di Conigliaro alla soppressione dei Grasso, abbia voluto mettere le mani sul sicario per cercare di conoscere con esattezza la identità del mandanti.
Comunque, indipendentemente dalle ragioni della convocazione del Conigliaro, si può affermare con certezza che Pietro Torretta non intendeva ucciderlo a casa sua, ma voleva soltanto sequestrarlo come è provato dal rinvenimento delle funi, interrogarlo su ciò che aveva interesse di conoscere, condurlo altrove con l’aiuto dei suoi complici e quindi sopprimerlo. La presenza non prevista di Pietro Garofalo scombussola i piani di Pietro Torretta, che rendendosi conto della difficoltà o impossibilità di sopraffare due pericolosi elementi come Conigliaro e Garofalo, fu costretto forse per timore di una violenta reazione, a sopprimerli sul posto.
Nella sparatoria Pietro Torretta fu colpito lievemente al ginocchi da un proietta le sparato da uno dei suoi complici; infatti dal ginocchio gli venne estratto un proiettile calibro 380 esploso dalla stessa arma da cui venne esploso il proiettile dello stesso calibro estratto dal cadavere di Pietro Garofalo.
Ciò dimostra che Torretta ed i suoi complici agirono con estrema rapidità e decisione, aprendo il fuoco a ventaglio, senza correggere le loro posizioni, su Conigliaro e Garofalo, sicché Torretta, venuto a trovarsi sulla linea di tiro di uno degli sparatori, venne attinto non gravemente da una pallottola.
La spiegazione fornita dal Torretta sui tragici avvenimenti di quella sera è così assurda da non meritare un accurato esame critico. Afferma Torretta che quella sera, appena arrivato a casa, ricevette la visita di Conigliaro e di uno sconosciuto: prima ancora di avere il tempo di chiedere loro cosa volessero, sentì bussare; aprì la porta e cinque o sei sconosciuti fecero irruzione precipitandosi verso la stanza dove erano quei due. Uno rimase in sala tenendolo sotto minaccia di una pistola. Sentì numerosi spari quindi gli sconosciuti aggressori se ne uscirono; sulla porta l’ultimo gli sparò contro.
Dopo tale sorprendente accaduto, Pietro Torretta non trova di meglio che prendere la giacca in cui teneva la rivoltella Colt calibro 38 ed allontanarsi: quindi si libera della rivoltella e sapendo di essere ricercato si dà alla latitanza.
La preoccupazione di Pietro Torretta di fare sparire la propria rivoltella costituisce un’ulteriore prove della colpevolezza dell’imputato, se si pensa che dal cadavere di Pietro Garofalo furono estratte due pallottole calibro 38 tipo Special per rivoltella, che come é noto, possono essere usati sia con una rivoltella Colt 38 che con una Smith Wesson che con qualsiasi arma di calibro uguale.
Quanto ai complici di Pietro Torretta, che secondo il rapporto di denunzia dovrebbero identificarsi in Michele Cavataio, Tommaso Buscetta e Francesco Di Martino, è da osservare che pur essendo costoro legati a Pietro Torretta dallo stesso vincolo associativo e pur avendo, perciò, gli stessi interessi criminosi, in particolare Francesco Di Martino che é il più fedele gregario di Torretta, nulla di obiettivo é stato possibile accertare sulla loro partecipazione al cruento episodio.
In conseguenza Torretta Pietro deve essere rinviato a giudizio per rispondere dell’omicidio di Garofalo Pietro e di quello di Conigliaro Girolamo […] mentre Michele Cavataio, Tommaso Buscetta e Francesco Di Martino vanno prosciolti dagli stessi reati per insufficienza di prove.
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