Greco Salvatore fu Giuseppe inteso “ciaschiteddu” (oppure “sicchiteddu”) appartiene, come il cugino omonime conosciuto col nomignolo di “Totò il lungo” e “Totò l'ingegnere” a famiglia di mafiosi che per decenni hanno esercitato un incontrastato predominio nella zona di Ciaculli, divenuta sempre più temibile e influente
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
Gli elementi a loro carico circa la appartenenza alla associazione mafiosa, di cui i primi due sono personaggi di primo piano, furono messi in evidenza nel procedimento penale contro Angelo La Barbera, deferito con sentenza di rinvio a giudizio davanti alla Corte di Assise in data 25 giugno 1964.
Greco Salvatore fu Giuseppe inteso “ciaschiteddu” (oppure “sicchiteddu”) appartiene, come il cugino omonime conosciuto col nomignolo di “Totò il lungo” e “Totò l’ingegnere” a famiglia di mafiosi che per decenni hanno esercitato un incontrastato predominio nella zona di Ciaculli, divenuta sempre più temibile e influente, per le sue numerose e oscure aderenze, per la strette alleanze con altre cosche mafiose, per i legami con l’alta malavita internazionale, per il controllo dei traffici illeciti più lucrosi, per l’abilità dimostrata nell’eludere le indagini della Polizia ed, in particolare, della Polizia Tributaria, per lo spietato atteggiamento assunto nei confronti degli avversari.
È bene ricordare che il padre dell’imputato ha nome Giuseppe ed il di lui fratello a nome Pietro, padre di “Totò il lungo” furono uccisi il 25 agosto 1946 a colpi di bombe a mano e di mitra ad opera, sembra, di elementi della banda Giuliano, nel corso della lotta feroce scatenatasi tra i Greco di Croceverde Ciardini capeggiati da Greco Giuseppe, inteso “Piddu Greco il Tenente” e i Greco di Ciaculli, originata dall’uccisione di un figli di Giuseppe Greco “il Tenente” commessa nel 1939, protrattasi sino al 1947 attraverso sanguinosi fatti di̟ sangue, tra cui l’uccisione di Greco Antonina, vedova di Greco Giuseppe e madre dell’imputato Greco Salvatore “ciaschiteddu” e conclusasi con una tregua realizzatasi per l’autorevole intervento di due famigerati gangsters, i fratelli Profaci, residenti a New York, temporaneamente stabilitisi, subito dopo la guerra, nel loro paese di origine Villabate.
Dalla deposizione di Serafina Battaglia risultano ampiamente dimostrati i legami criminosi di Greco Salvatore “ciaschiteddu” con Salvatore Pinello, Francesco Paolo Bontate, Giunta Salvatore, Prestifilippo Giovanni, suo inseparabile compagno, Antonino Contorno, suo "compare" di cresima, Giovanni Di Peri e con diversi altri mafiosi, implicati in altro procedimento penale.
Pietro Garofalo, il mafioso ucciso in casa di Pietro Torretta, é apertamente indicato da Serafina Battaglia come un sicario di Salvatore Greco.
Sempre secondo la Battaglia, Salvatore Greco era il più importante esponente della mafia di Palermo Orientale, da tutti temuto e riverito, la cui parola era legge, tanto da essere in grado di rassicurare Stefano Leale, dopo l’attentato in località Pioppo in data 4 gennaio 1959, con le parole: “zu Stefano, non abbia timore; per ammazzare lei ci vuole il mio permesso”.
A distanza di pochi mesi l’atteggiamento di Salvatore Greco verso Stefano Leale subisce un radicale mutamento, perché, dopo aver convocato nella propria abitazione il Leale per contestargli la sua responsabilità nell’uccisione del mafioso D’Arrigo intese “il colonnello”, viene ad un certo punto nella decisione di sopprimerlo e di farne scomparire il cadavere, in ciò sostenuto dai cugino Rocco Semilia che aveva accompagnato Leale alla riunione, riesce a far desistere i Greco dal loro proposito avvertendolo che “la signora Fina” é al corrente di tutto.
L’episodio sta a dimostrare che Greco Salvatore in omaggio alla salda amicizia con Vincenzo Rimi di Alcamo, protettore dei D’Arrigo di Borgetto, si disinteressò, quanto meno, della sorte di Stefano Leale e diede, in conseguenza, il suo indispensabile nulla osta a coloro che meditarono di ucciderlo.
Le indagini della Polizia Tributaria hanno messo in risalto i legami dell’imputato con Tommaso Buscetta, Arturo Vitrano e Gioacchino Pennino, oltre che col cugino “Totò il lungo”.
Infine nel corso di una perquisizione operata il 9 settembre 1963 nell’abitazione di Greco Girolama, sorella i Greco Salvatore, furono rinvenuti e sequestrati alcuni documenti e precisamente una lettera a firma di Marchese Ernesto, una cambiale a firma di Diana Bernardo in favore di Greco Paolo e tre cambiali a firma di Greco Nicola a favore di Sorci Antonino da cui si desumono ulteriori argomenti a sostegno dell’esistenza della vasta associazione mafiosa, per i legami esistenti tra Greco Salvatore, Sorci Antonino, Diana Bernardo, Marchese Ernesto, Greco Paolo e Nicola, imputati gli ultimi tre di associazione per delinquere nel procedimento penale contro Angelo La Barbera + 42.
Quanto a Leggio Luciano, é sufficiente osservare che sin dal 1958, epoca dell’uccisione di Michele Navarra, egli è il capo indiscusso della mafia di Corleone, i qui rapporti con la mafia di Ciaculli sono stati sempre strettissimi A questo proposito basta ricordare che nell’agenda del mafioso Riina Giacomo processo La Barbera gregario tra i più fedeli e decisi di Luciano Leggio, era annotato l’indirizzo di Greco Nicola e che tra le persone denunziate per favoreggiamento, all’epoca dell’arresto dell’imputato, vi sono il commerciante Marino Francesco Paolo, i La Rosa e il dott. La Mantia, tutti aventi interessi o dimora nella zona di Ciaculli.
La lunga latitanza di Luciano Leggio é la più chiara dimostrazione della continua e incondizionata assistenza a lui data dalla mafia di Palermo e degli appoggi influenti di cui godeva.
Infine per Troncale Francesco é da ripetere che trattasi di un noto mafioso di Bisacquino trasferitosi a Palermo, per contrasti probabilmente avuti con la mafia del luogo.
L’esistenza nella sua abitazione di un nascondiglio costruito in epoca in cui non aveva ragione di preoccuparsi di un imminente arresto, denota che egli temeva per la sua incolumità, a tal punto da cautelarsi da un’eventuale irruzione dei suoi misteriosi nemici nella propria abitazione.
Secondo il rapporto suppletivo in data 21 gennaio 1964 del Nucleo di Polizia giudiziaria dei Carabinieri e della Squadra Mobile, Troncale Francesco era uno dei più attivi collaboratori di Luciano Leggio, più volte implicato in oscure vicende criminose.
I testi a sua discolpa hanno sostanzialmente confermato che il Troncale, col pretesto della sua attività di commerciante di latticini, si recava spesso a Bisacquino e a Corleone, allo scopo evidente di mantenere i necessari collegamenti con le cosche mafiose di quelle località.
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