Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L'illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


Scusa, legandomi a quest’ultima domanda (bisogna anche cercare di inquadrare questa questione nel complesso dell’attività giudiziaria sulla mafia che è molto delicato), tu hai detto che in sostanza questo processo, di cui i giornali hanno parlato dopo il deposito della sentenza di Falcone, che tutti hanno riconosciuto che ha segnato una svolta in materia di indagini sulla mafia e anche per il modo in cui è stata condotta l’istruzione, i cui germi erano già stati intuiti giuridicamente fondati da Costa, richiama un po’ anche ciò che è successo prima rispetto a questo, visto che qui si sta discutendo di questi problemi riguardanti la Procura nei processi di mafia. Io ti chiedo allora: c’erano stati, si erano verificati – i giornali ne parlavano e, di qui, un certo senso di sfiducia che il questore c’è venuto a riportare da parte della polizia giudiziaria – casi di indagini instaurate dalla Procura della Repubblica, o da singoli sostituti procuratori della Repubblica, che si siano in qualche modo conclusi con richieste di proscioglimento, poi contraddette in sede di sentenza di rinvio a giudizio?

Sì, si verificò questo in modo particolare in un grosso processo di mafia che istruii io a suo tempo e che riguardava la cosiddetta mafia della costa (imputati un certo Tumminia e Ciriminna Salvatore + 24): io andai in diverso avviso e rinviai a giudizio, malgrado la richiesta di proscioglimento, o forse in un altro (perché ho istruito due grossi processi di mafia contemporaneamente: la mafia di San Lorenzo Colli e la mafia della costa): in uno dei due processi, comunque – dovrei consultare un po’ le carte – il Pubblico Ministero mi chiese il proscioglimento degli imputati per insufficienza di prove

Chi era il P.M.?

Credo Croce, anzi, mi devo correggere, è stato Agnello il sostituto. Io rinviai tutti a giudizio, non mi illudevo che al dibattimento potesse reggere. Infatti, poi, il Pubblico Ministero ovviamente al dibattimento ribadì la sua richiesta di assoluzione e la Corte assolse. Io ritenni che gli elementi per rinviare a giudizio ci fossero. In un altro grosso processo, quello a carico di questi mafiosi della costa, ci fu un atteggiamento della procura un po’ blando anche a dibattimento perché lì la polizia era riuscita a sequestrare le targhe che erano state tolte all’autovettura rubata che servì per la consumazione di un omicidio. Mi spiego in termini più chiari possibili: nella casa di uno di questi imputati mafiosi che terrorizzavano la zona, la polizia trovò la targa di una macchina che era servita – ma con un’altra targa – per consumare l’omicidio. Io, ovviamente, rinviai a giudizio.

Il sostituto chi era?

Qui il sostituto era Croce. Ecco, in questo processo, lo ricordo benissimo, malgrado questo credo che fu chiesta l’assoluzione per insufficienza di prove; la Corte di Assise condanna per ricettazione di targa rubata.

Questo nel processo […] nell’altro processo dove tu andasti di contrario avviso rispetto alla richiesta di Agnello.

Sì.

Com’è finita?

Assoluzione di tutti gli imputati dall’omicidio in persona di un maresciallo dei carabinieri, anzi, della pubblica sicurezza maresciallo Serino, assoluzione per insufficienza di prove, e qualcuno anche per non avere commesso il fatto. Debbo dire che quel senso di sfiducia di cui parla il questore Immordino si determinò a seguito della morte di Giuliano. Questi aveva condotto una strenua battaglia contro i gruppi mafiosi, aveva denunciato un gruppo di mafiosi per una grossa rapina consumata ai danni della Cassa di Risparmio nel 1979, quando io facevo la spola e reggevo l’ufficio a seguito della morte di De Blasi. Un giorno mi telefona preoccupato, perché aveva avuto sentore che a due grossi mafiosi killer, insomma soggetti estremamente pericolosi, si voleva concedere la scarcerazione, non so per quale motivo. Mi telefona preoccupato. Allora, io, dopo avere parlato con il collega che istruiva il processo – che non è più all’Ufficio istruzione – gli ho detto: «Ma figlio mio, che cosa fai? Guarda che io ho una richiesta, ho un parere favorevole, per la scarcerazione, per mancanza di indizi, da parte del Pubblico Ministero». E io gli dissi: «Ma tu non sei quindi tenuto». Mi rispose che non li avrebbe messi fuori, assolutamente. Dopo una settimana, questi furono messi fuori in libertà provvisoria e non per insufficienza di indizi.

Qual era l’imputazione?

Rapina pluriaggravata, quindi neppure si poteva concedere la libertà provvisoria. Il collega utilizzò una cartella clinica del carcere e li mise fuori. Questo fu un fatto estremamente grave che generò perplessità, sfiducia negli organi di polizia.

Che anno era?

1979

Chi erano il giudice istruttore e il P.M.?

Giudice istruttore era Luzio, ora giudice del dibattimento; P.M., se la memoria non mi inganna, doveva essere Signorino

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