Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Quanto a Sirchia, un tempo tosatore di pecore, poi "picchettino" al Cantiere Navale, vale a dire dedito a uno dei mestieri più umili e faticosi, come afferma Accomando Alessio, anche costui si evolve in imprenditore edile ed acquista, insieme con Stefano Urso, un'area di 1000 metri quadrati per il prezzo di £.25.000.000, "inducendo" il venditore Anello Francesco a ridurre così la originaria richiesta di £.30.000.000. Sirchia e Urso sono in società, però il primo versa £.10.000.000 e il secondo £.15.000.000, mentre tutta la area viene acquistata sotto il nome di Sirchia e della moglie Gambino Giacoma. Sirchia, ad un certo punto, si ritira dalla società ed Urso oltre a rimborsarlo della sua quota si impegna a cedergli tre appartamenti.
È da rilevare che le aree in questione vengono acquistate ad un prezzo oscillante tra£.20.000 e £.25.000 metro quadrato, considerevolmente inferiore, com'è noto, a quello praticato in quell'epoca 1961/1962 nella città di Palermo, anche tenendo conto della loro poco felice ubicazione.
Dagli atti in notar Castellini si ricavano con precisione gli estremi delle compravendite di cui si é parlato.
Taormina invece, più modestamente, pur continuando a lavorare al Cantiere come Sirchia e Gambino, prende in affitto un appezzamento di terreno alle falde di monte Pellegrino a cui accudisce sporadicamente come risulta dalle deposizioni di Papa D'Amico Giuseppe, Calò Antonio, Pirrone Fr.Paolo e Gargano Onofrio.
Nulla di positivo in favore di Pietro Di Fresco, Aiena Salvatore e i fratelli Bova Domenico e Antonino é emerso dalle numerose testimonianze (Gammicchia Giovanni, Sorrentino Fortunato, D'Ancona Giovanni, Spinelli Loreto, Camarda Salvatore, Salamone Ignazio, Messina Eugenio, Mangia Giuseppe, Romeo Giuseppe, Spezzone Andrea, Ferraro Filippo, Governanti Salvatore, Bosco Salvatore, Alfano Carlo, Lombardo Giuseppe, Giglio Vincenzo, Genovese Gaetano e Sparacio Giuseppe) di coloro che ebbero con i predetti rapporti di affari o di lavoro in relazione alla gestione della mensa e dello spaccio.
È da considerare inoltre che Michele Cavataio e Taormina Antonino, arrestati dopo circa tre mesi di latitanza, nel nascondiglio di una villa di via Imperatore Federico, erano in possesso di una rivoltella "Cobra Special" cal.38 - arma particolarmente efficiente e precisa e di due radiotelefoni portatili riceventi e trasmittenti, certamente adoperati dai due mafiosi per mantenere i contatti con i loro complici senza timore di intercettazioni.
Aiena Salvatore ed i fratelli Bova Domenico e Antonino, dopo un anno di latitanza, vennero arrestati insieme a Genova dove é da pensare che si siano recati per imbarcarsi clandestinamente alla volta dell'America.
Quanto a Salvatore Di Dia risulta che egli da almeno quindici anni é persona di fiducia del gruppo Cavataio, con le mansioni apparenti di operaio della ditta Accomando, di fatto "guardiaspalla" di Michele Cavalaio e dei suoi accoliti.
Nel suo interrogatorio egli ha ammesso di essere stato, sia pure in epoca recente, l'accompagnatore di Michele Cavataio, che disponeva di una lussuosa autovettura sportiva M.G.
Gli interrogatori degli altri imputati denotano semplicemente l'atteggiamento tipico del mafioso di trincerarsi nella più intransigente posizione di diniego anche per fatti e circostanze di tutta evidenza. E infatti Cavataio e Taormina arrivano a negare di conoscere Sirchia e Gambino, con i quali erano strettamente legati sin dal periode 1956/1958, epoca dei conflitti cruenti tra le cosche mafiose dell'Acquasanta e del Cantiere Navale.
Per Cavataio, divenuto imprenditore edile nel volgere di pochi anni, pur attraverso periodi di latitanza e carcerazione, é da aggiungere che egli é proprietario di un comodo appartamento di sei vani e doppi servizi nella zona residenziale della città, di recente acquisto, arredato con tutti i conforti più moderni e funzionali, del valore complessivo di oltre £.15.000.000.
Sirchia e Gambino, ancora latitanti, sfuggirono allo arresto il 27 agosto 1963 quando la Polizia fece irruzione nel fondo "Badia" ubicato a monte di via Sampolo di proprietà della S.p.A. "Antares" concesso in affitto a Francesco Di Martino, già arrestato. Nel corso dell'operazione vennero rinvenute la Fiat 500 appartenente a Gambino Francesco, la Fiat 1100/D appartenente a Sirchia Giuseppe e intestata alla di lui moglie Gambino Giacoma che era stata, poco tempo prima, acquistata tramite l'opera del compiacente Stefano Urso nonché, in una casetta, due speciali bombole di gas liquido e un discreto quantitativo di pallettoni di piombo per il caricamento di carabine a gas. ed infine una scatola di cartucce per pistola “Colt 45”. Tutto ciò denota a sufficienza la pericolosità degli imputati.
Il vincolo associativo mafioso e l'attività delinquenziale dei predetti Cavataio, Sirchia, Gambino, Taormina, Di Fresco, Aiena, Bova Domenico e Antonino, Di Dia Salvatore risultano, pertanto, esaurientemente. provati.
Non lo stesso può dirsi per il terzo dei fratelli Bova e nome Francesco. Non si ha infatti la certezza della appartenenza di costui, alla pari dei fratelli, alla cosca mafiosa di Michele Cavataio, perché non risulta interessato ad alcuna delle losche attività dei predetti e perché, come si ricava dal. suo libretto di navigazione, egli, essendo marittimo, era spesso imbarcato. È da considerare inoltre che Bova Francesco, ricercato dalla Polizia in seguito alla emissione del mandato di cattura del 13/4/1964, non si unì ai fratelli e all'Aiena, tant'è vero che venne arrestato a Palermo dopo un brevissimo periodo di latitanza.

Gli organi di Polizia infine non hanno fornito sul conto di Bova Francesco elementi di rilievo, ad eccezione del generico richiamo all'attività delittuosa dei fratelli Bova.

Si ritiene giusto pertanto prosciogliere costui dal reato ascritto per insufficienza di prove.

Nei riguardi di Cavataio bisogna aggiungere, in relazione alla istanza di perizia psichiatrica formulata dal difensore, che secondo la deposizione del Prof. Domenico Marguglio, autore di una relazione sulla asserita malattia del Cavataio, costui da anni é affetto da una ipertensione endocranica acuta in conseguenza della quale l'imputato soffre di cefalea, insonnia e vertigini ma non di disturbi psichici.

Mancano, perciò, i presupposti necessari per la richiesta indagine sullo stato di mente dell'imputato e pertanto non può essere dato corso, in conformità al parere del P.M., alla predetta istanza di perizia psichiatrica, proposta peraltro a chiusura della istruzione.

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