Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Ma tornando alla disamina delle dichiarazioni relative al primo incontro, deve rilevarsi che un imprevisto aiuto, proprio nella ricerca del periodo nel quale collocarlo, e’ giunto dalla importante decisione di collaborare con l’A.G. adottata da Angelo Siino, soggetto che, pur non essendo mai divenuto uomo d’onore, e’ stato sin dagli anni ’70 depositario di molti importanti segreti di Cosa Nostra, sia per la sua ritenuta affidabilita’ derivante dalla militanza nell’associazione criminale di molti suoi diretti congiunti (tra questi lo zio materno Salvatore Celeste, per molti anni il capo della famiglia mafiosa di San Cipirello), sia soprattutto dalla sua vicinanza proprio con Stefano Bontate. […].

Tra le battute di caccia cui il Siino aveva partecipato accompagnando Stefano Bontate, egli ne ricordava una che gli era rimasta particolarmente impressa in quanto era accaduto qualcosa di inusuale che gli era tornato alla mente proprio dopo avere letto sulla stampa delle dichiarazioni rese sul punto da Marino Mannoia (udienza del 17 dicembre 1997 pag.174): […].

Angelo Siino ha in sintesi riferito che:

− un giorno Stefano Bontate gli aveva detto di prepararsi per il giorno successivo ad una battuta di caccia cui avrebbero partecipato assieme;

− l’indomani effettivamente Bontate era andato a prelevarlo a casa con la sua vettura ed egli aveva notato una sua inusuale eleganza (“da cacciatore signorotto”) oltre che uno strano nervosismo;

− erano stati costretti a cambiare auto a causa di un incidente e si erano quindi diretti a Catania con la vettura di esso Siino;

− ivi giunti avevano trovato ad attenderli un gruppo di persone che li aveva condotti in una azienda di proprieta’ dei Costanzo, denominata La Scia;

− si trattava di un’azienda agricola comprensiva di un’area recintata destinata alla caccia nella quale erano presenti numerosissime lepri;

− sul posto ad attenderli vi erano anche altri palermitani ed il Bontate era quasi subito sparito mentre esso Siino aveva cominciato la sua battuta di caccia;

− verso le ore 10 – 10,30 era giunto sul posto anche Benedetto Santapaola che aveva salutato da lontano raggiungendo subito le case della tenuta, ma poco dopo era andato via;

− d’improvviso si era udito il rombo di tre o quattro vetture che sgommando si erano fermate proprio all’interno della tenuta ma egli non aveva visto nulla sentendo solo chiudersi gli sportelli delle auto;

− una “specie di guardia giurata” che lo accompagnava e che veniva chiamata con il soprannome di “u’ cchiu’” o “u’ sciu’”, alla sua domanda su cosa stesse succedendo, aveva risposto che c’era Andreotti;

− dopo tale affermazione che aveva suscitato in lui stupore ed incredulita’, egli aveva continuato la sua battuta di caccia ed il pranzo che di solito in queste occasioni si svolgeva verso le 14 aveva subito un ritardo di circa mezz’ora;

− poco prima del pranzo infatti, egli aveva nuovamente sentito il rombo e lo sgommare di alcune vetture che si allontanavano e dopo 5 o 10 minuti aveva rivisto il Bontate il quale aveva anche sparato per un po’ alle lepri, seppure senza il suo consueto entusiasmo per la caccia;

− era seguito poi il pranzo durante il quale aveva notato la presenza di numerosi esponenti mafiosi catanesi e palermitani;

− circa mezz’ora dopo il pranzo aveva preso la strada del ritorno con il Bontate e durante il viaggio scherzosamente gli aveva chiesto se era vero che Andreotti era stato davvero presente;

− il suo compagno di viaggio gli aveva mollato due scappellotti affettuosi esclamando “Ma sempre tutto vedi eh! Lascia stare”: […].

Le suesposte precisazioni di natura temporale offerte dal Siino al dibattimento hanno dunque consentito di circoscrivere in ambiti sufficientemente precisi il periodo di tempo nel quale collocare l’episodio riferito dal collaborante, episodio peraltro che non puo’ che essere lo stesso di cui e’ risultato a conoscenza, sulla base delle confidenze ricevute dal Bontate, anche Francesco Marino Mannoia.

Del resto sia il P.M., che le difese hanno concordato sul punto, affermando che Marino Mannoia (“de relato”) ed Angelo Siino hanno parlato del medesimo episodio, non potendo immaginarsi due distinte e ravvicinate presenze del Sen.Andreotti in una riserva di caccia dei Costanzo nel catanese per incontri con Bontate e i cugini Salvo, nel medesimo contesto temporale (primavera-estate del 1979 per Marino Mannoia; fine giugno o primi giorni di luglio del 1979 per Siino).

Ai fini della collocazione temporale dell’episodio in esame, dunque, a fronte delle generiche e dunque poco utili dichiarazioni del Marino Mannoia, soccorrono le essenziali indicazioni fornite dal Siino il quale, con una – stavolta comprensibile - progressione mnemonica agevolata da alcuni preziosi riferimenti del P.M., e’ riuscito ad individuare, pur con un comprensibile margine di approssimazione, il periodo di tempo che interessa.

Proprio sulla base dell’indicazione fornita dal P.M. in merito alla data della corsa automobilistica (“12 ore di Campobello”) cui il Siino ha partecipato anche quell’anno (e che si e’ svolta il 14 e 15 luglio 1979), il collaborante e’ stato in condizione di precisare che l’episodio si e’ svolto certamente prima di quella competizione e dunque tra la fine di giugno ed i primi giorni di luglio: […].

Questa ultima precisazione del Siino si rivela quanto mai rilevante perche’ impone, stante la certa indicazione del collaborante, di non estendere l’indagine che appresso sara’ svolta oltre il giorno 8 luglio 1979 (domenica). E che la indicazione sia certa ed il ricordo corretto e’ confermato dal rilievo che il Siino, cosi’ come peraltro dallo stesso affermato esplicitamente (“perchè poi io partivo per preparare le gare”), proprio il 14 e 15 luglio successivo ha partecipato alla gara automobilistica di cui si e’ detto ed occorrono alcuni giorni per effettuare gli “allenamenti”, le “ricognizioni” del percorso, le prove della competizione e le necessarie complesse verifiche tecniche.

Del resto e’ lo stesso Siino ad avere detto, proprio con riferimento alla gara automobilistica “12 ore di Campobello” che egli ricordava di esserci andato con il copilota per fare le prove, come di consueto, “quasi ogni domenica” prima: […].

Prima di procedere, quindi, alla individuazione di una giornata nella quale verificare se sia stato possibile per il Sen.Andreotti essere presente a Catania per quell’incontro di cui ha parlato il Siino (e prima ancora il Marino Mannoia), occorre evidenziare anche le risultanze relative all’orario nel quale, secondo le dichiarazioni del Siino, una simile presenza dell’imputato ebbe a verificarsi. Le indicazioni sul punto sono state alquanto approssimative pur potendosi, con un comprensibile margine di approssimazione, affermare che l’arrivo delle autovetture e la presenza di Andreotti fu segnalata (da “u’ cchiu’” o “u’ sciu’”) al collaborante verso le ore 11-11,30 o 12 di quella mattina e che la presenza dell’uomo politico si protrasse fino a poco prima del pranzo che anzi, proprio per quella causa, fu quel giorno ritardato di circa mezz’ora rispetto all’orario consueto che era le 14.

E’ ben vero che lo stesso Siino ha precisato che non puo’ essere certo che Andreotti sia andato via proprio quando egli, circa mezz’ora prima del pranzo (e dunque verso le 14), senti’ nuovamente il rombo di alcune vetture che ripartivano allontanandosi (“ho sentito di nuovo, ho sentito di nuovo uno sgommare, un partire di macchina, di motori imballati e dopo qualche cinque, dieci minuti vidi spuntare il BONTATE”), ma risulta piu’ che ragionevole ritenere che l’imputato, giunto con il citato seguito di autovetture, si sia alla fine allontanato proprio con le stesse modalita’ con cui era giunto sul posto. Non e’ un caso infatti che proprio subito dopo la partenza “rombante” di quelle vetture sia ricomparso, secondo il Siino, anche Stefano Bontate dopo un’assenza prolungatasi per tutta la mattina. Dunque la durata della permanenza del Sen. Andreotti a “La Scia” oscilla tra le due ore e le due ore e mezza (tra le ore 11,30-12 e le ore 14 circa): […].

Come si e’ gia’ evidenziato analiticamente a proposito della testimonianza resa da Vito Di Maggio, la difesa dell’imputato, per confutare la tesi di accusa relativa agli incontri a Catania del Sen.Andreotti con esponenti di Cosa Nostra, ha opposto in via principale un argomento fondato sulla impossibilita’ del predetto di recarsi nella citta’ etnea a causa dei suoi molteplici impegni sia pubblici che privati di quel periodo.

La verifica della fondatezza di tale tesi difensiva deve dunque richiamare e comprendere le considerazioni gia’ svolte con riferimento al periodo esaminato per la testimonianza Di Maggio (20 giugno -1 luglio 1979), dovendosi successivamente estendere tale verifica, tenuto conto delle suesposte precisazioni di natura temporale offerte dal Siino, anche ad alcuni giorni precedenti (dal 15 giugno) e successivi (fino all’8 luglio). Il periodo da esaminare e’ dunque compreso tra il 15 giugno e l’8 luglio del 1979. Anche in questa sede deve ribadirsi che:

− il P.M. non ha addotto prove documentali specifiche in ordine ad un accertato viaggio del Sen.Andreotti in Sicilia in quell’arco di tempo essendosi limitato a sviluppare un tema di prova in esito al quale emergerebbe soltanto che l’imputato avrebbe potuto compiere un viaggio anche di poche ore del quale si riusciva a non lasciare alcuna traccia documentale;

− l’imputato ha escluso decisamente di essere stato in Sicilia in quel periodo di tempo; […].

Si e’ gia’ detto che il P.M. nel corso della discussione finale, seppur con specifico riferimento alla vicenda riferita dal teste Di Maggio, ha ritenuto di individuare alcuni giorni (esattamente sette) nei quali l’imputato avrebbe potuto “effettuare un breve viaggio Roma- Catania-Roma” potendosi tutto il viaggio, ad avviso del rappresentante della pubblica accusa, risolvere “nell’arco di sole tre ore” (cfr. Requisitoria scritta Vol.VI Cap.2° pagg.75-77): […]. Ma e’ evidente che le considerazioni del P.M. devono valere anche con riferimento all’episodio ora in esame che si ritiene avvenuto nel medesimo contesto temporale, nella stessa zona, e con le stesse modalita’ (un viaggio “lampo”). A cio’ deve aggiungersi che il tempo occorrente per il presunto viaggio a Catania e per l’incontro a “La Scia” deve essere dilatato ben oltre le tre ore in quanto, come si e’ visto, la durata della permanenza del Sen. Andreotti in quel posto si protrasse per due ore o due ore e mezza (tra le ore 11,30-12 e le ore 14 circa). Calcolando i tempi del viaggio in aereo, dunque, l’assenza da Roma dell’imputato deve calcolarsi in almeno 5-6 ore. […]. Si tratta allora di verificare se questo presunto viaggio possa essere stato effettuato nei giorni successivi all’1 luglio e comunque non oltre domenica 8 luglio, data indicata come ultima possibile dallo stesso Angelo Siino (“...può essere stato luglio, i primi giorni di luglio. Certamente non dopo i primi giorni di luglio, massimo sette, otto, perchè poi io partivo per preparare le gare”.). […].

A tali rilievi deve aggiungersi che, contrariamente a quanto evidenziato dal P.M. con riferimento ad altri giorni (1 luglio in particolare), né per la data dell’8 luglio, nè per altri eventuali giorni del periodo in esame, e’ stato individuato dall’accusa un volo aereo “possibile” al quale ricollegare il necessario viaggio dell’imputato in Sicilia.

La prova e’ pertanto palesemente incompleta anche sotto tale specifico aspetto, di guisa che, ove si volesse collocare il presunto incontro a “La Scia” proprio in quella domenica (8 luglio 1979), o in un qualsiasi altro giorno del periodo esaminato, si dovrebbe ipotizzare che il viaggio dell’allora Presidente del Consiglio in carica sarebbe avvenuto con la dolosa e preordinata cancellazione di ogni pur minima traccia e dunque con l’attiva compiacenza e connivenza della scorta e del personale addetto sia all’aeroporto di partenza che a quello di arrivo.

Un mero richiamo va infine effettuato alla parte della presente sentenza (episodio riferito da Vito Di Maggio) nella quale sono state diffusamente esaminate la testimonianza dell’Ambasciatore Riccardo Sessa e le risultanze delle indagini condotte in ordine ad eventuali viaggi del Sen.Andreotti senza scorta. All’esito delle approfondite indagini compiute, sono stati individuati ed indicati dal P.M., attraverso la testimonianza del teste Pulizzotto, nell’arco di poco meno di un ventennio, soltanto 4 viaggi asseritamente compiuti dall’imputato senza scorta ma si e’ gia’ evidenziato sia che si trattava soltanto di viaggi all’estero (in Francia ed Algeria), sia la sostanziale infondatezza della conclusione del P.M. in quanto l’on.Andreotti, Presidente del Consiglio in carica o Ministro degli Esteri, aveva comunque goduto in quelle quattro uniche occasioni della vigilanza della polizia del paese ospitante. Non puo’ che ribadirsi allora la conclusione gia’ esposta in quella sede e cioe’ che non e’ stato trovato alcun viaggio dell’imputato in Italia compiuto senza scorta.

Tutte le suddette considerazioni risultano piu’ che sufficienti a confutare la tesi accusatoria, peraltro fondata esclusivamente – giova rammentarlo - su una mera “possibilita’” o “compatibilita’”.

Ha correttamente osservato la difesa sul punto che “la compatibilità non è prova della verità” in quanto e’ vero proprio il contrario: “è la incompatibilità che è prova della verità”.

In altri termini solo se un fatto è incompatibile con un altro si puo’ affermare che l’asserzione di quel fatto è falsa, laddove la mera compatibilità evidenzia soltanto che un fatto puo’ essere accaduto, ma mai che esso sia necessariamente ed effettivamente accaduto.

Si tratta, dunque, ancora una volta di una mera ipotesi assolutamente inidonea ad essere posta come fondamento della ricostruzione di un fatto, la cui prova necessita invece di incontestabili elementi dimostrativi che nella specie mancano del tutto. Proprio con riferimento alla scorta, deve peraltro rilevarsi che, nella ricostruzione dell’episodio fattane dal Siino, gli uomini addetti alla sicurezza del Presidente del Consiglio erano addirittura al seguito dell’imputato non potendo altrimenti spiegarsi il corteo di autovetture (4 o 5 auto) con il quale il Sen.Andreotti, secondo la descrizione della scena da parte del collaborante, giunse quella mattina a “La Scia”: […].

Ne’ deve trascurarsi di considerare che il Siino non e’ stato neppure testimone diretto della presenza dell’imputato in quel luogo, avendo egli espressamente escluso di avere visto in quell’occasione l’on.Andreotti, o gli altri soggetti, come Salvo Lima o i Salvo, che Francesco Marino Mannoia ha indicato come presenti, a dire del Bontate, a quell’incontro (“io non ho visto il Senatore ANDREOTTI, né l'Onorevole LIMA, né tanto meno i signori SALVO”). E cio’ nonostante egli, pur tra molte contraddizioni, abbia alla fine ammesso che si trovava ad una distanza tale da consentirgli eventualmente di identificare le persone che erano giunte sul posto: […]. Ed allora la presunta presenza di Andreotti resta legata esclusivamente a quella che lo stesso Siino valuto’ solo come una “boutade”, pronunciata da un soggetto (“u’ cchiu’”) che e’ rimasto del tutto ignoto, precludendo dunque ogni possibile doverosa verifica. E che per il Siino quella del misterioso “cchiu’” sull’arrivo di Andreotti fosse davvero solo una “boutade” e’ confermato dal fatto che egli, non prestandovi alcun credito, non ritenne neppure di avvicinarsi per verificare che effettivamente fosse giunto in quel posto addirittura il Presidente del Consiglio in carica, ne’ chiese a qualcuno nel corso di quella giornata conferma di tale arrivo: […].

L’unico con il quale Siino ritenne di ritornare sull’argomento fu proprio Stefano Bontate al quale, sulla via di ritorno per Palermo, confido’ quanto gli era stato detto (udienza del 17 dicembre 1997 pag.128): […]. Ma e’ stato lo stesso Siino a precisare in sede di controesame che le frasi da lui riportate (“Ma sempre che vai vedendo tutto, sempre che ti vai immischiando, sempre che ti vai infilando... lascia stare”) erano solo una personale traduzione della testuale volgare espressione (“Ma perché non ti fai i cazzi tuoi”) che il Bontate invece effettivamente utilizzo’ (cfr. udienza del 18 dicembre 1997 pag.274 e udienza del 19 dicembre 1997 pag.10): […].

Peraltro lo scambio di battute con Bontade non fa cambiare idea al Siino, tanto è vero che egli assume di essersi completamente dimenticato dell’episodio (“si figuri che mi era completamente uscito dalla testa questo episodio a cui non avevo dato nessun rilievo”: cfr. esame a Perugia all’udienza dell’1 giugno 1998 pag.47). Se invece, a seguito di quello scambio di battute, il Siino avesse tratto la certezza che effettivamente il Presidente del Consiglio dell’epoca, Giulio Andreotti, si era recato quella mattina in quella tenuta di caccia incontrandosi con il “gotha” di Cosa Nostra, egli non si sarebbe certamente dimenticato di questo rilevantissimo fatto. L’episodio sarebbe rimasto indelebilmente impresso nella sua mente. Ed invece e’ significativo che lo stesso Siino abbia riferito che forse di quel giorno a “La Scia” ebbe a parlare anche a Giovanni Brusca ma senza alcun riferimento ad un eventuale presenza di Andreotti (“...la cosa ando’ nel dimenticatoio. Mi pare di avere parlato anche di questo con Giovanni Brusca, glielo ho detto, pero’ mai gli ho accennato che c’era presente Andreotti”: esame dinanzi alla Corte di Assise di Perugia, udienza del 7 maggio 1998 pag.149).

Va peraltro evidenziato anche il totale silenzio di tutti i presenti quel giorno che, sia nel corso delle ore trascorse li’, sia durante il pranzo cui partecipo’ una “trentina” di persone, non fecero il minimo accenno a quel non comune evento.

Ne’ si trattava di un incontro riservato sul quale gravasse un tacito e condiviso obbligo di segretezza se si considera che il presunto arrivo del Presidente del Consiglio sarebbe avvenuto in maniera visibile a tutti e molto rumorosa, alla presenza di decine di persone di ogni tipo, compreso il famoso guardiacaccia inteso “u’ cchiu’” (udienza a Perugia dell’1 giugno 1998): […].

E nel presente dibattimento il Siino ha anzi precisato che la sua attenzione fu proprio attratta dal “baccano” di quell’arrivo di autovetture (“quando ho detto:- "Ma che sta succedendo, ma che c'è con tutte questo baccano"). Eloquente al riguardo anche la dichiarazione resa dal collaboratore nel corso delle indagini e che ha confermato espressamente al dibattimento: “...diciamo molte, perché praticamente a livello di molte intendo dire 5-6, a questo livello, per cui praticamente ci fu la rombata, l'arrivata di cose così, ci fu un certo momento... perché praticamente per impressionarmi io, ci fu un poco di sbattuta di sportelli, cose così, poropom, poropom, ma che c'è, c'è ANDREOTTI, ANDREOTTI, ANDREOTTI, sì ANDREOTTI”.

Lo stesso Siino peraltro ha anche precisato che quel giorno all’interno dell’azienda vi era una moltitudine di gente di ogni tipo (esame Perugia, 1 giugno 1998): [...] Si consideri che il Siino ed il “cchiu’” non si conoscevano neppure, essendosi incontrati per la prima volta, eppure il presunto “guardiacaccia” non ebbe, nel racconto del collaboratore, alcuna difficolta’ o remora, con una esclamazione di evidente sorpresa (“M...c’e’ Andreotti!”), nel riferire al primo che incontrava che era appena arrivato Andreotti in persona. Tutto dunque si puo’ sostenere tranne che fosse un incontro segreto o riservato e cio’ peraltro rende palesemente irragionevole la stessa ricostruzione dell'accusa che, rispetto ad un arrivo e ad una presenza del Presidente del Consiglio in carica visibile a chiunque, ipotizza per contro un viaggio da Roma a Catania (e ritorno) effettuato nella massima segretezza, con la complicita’ di molti, e con accurata cancellazione di ogni traccia documentale. Dunque e’ lo stesso Siino che, ritenendo una mera battuta quella sull’arrivo di Andreotti a “La Scia”, continua indifferente a cacciare, non chiede piu’ nulla, non sente parlare da nessuno dei presenti di quella asserita presenza, pranza e si avvia sulla strada del ritorno a Palermo: […].

La notizia per Siino finisce nel “dimenticatoio” al punto che egli afferma che, se non ci fosse stata la dichiarazione di Marino Mannoia, egli non si sarebbe neppure ricordato di un fatto di tale rilievo (“se non c'era il fatto di Marino Mannoia io non me lo sarei ricordato”: cfr. esame Perugia 2 giugno 1998 pag.19) . Secondo la stessa versione del Siino il ricordo di quella mattina e di quella frase pronunciata dall’ignoto personaggio (“u’ cchiu’”) riaffioro’, dunque, soltanto 18 anni dopo, quando ebbe notizia dai giornali o dalla televisione che Marino Mannoia aveva parlato di un incontro di Andreotti con Stefano Bontate in una tenuta di caccia dei Costanzo a Catania (cfr. esame dinanzi alla Corte di Assise di Perugia, udienza dell’1 giugno 1998 pag.47): [...]

Proprio tale riferimento rende evidente che il Siino ebbe notizia delle dichiarazioni dibattimentali di Marino Mannoia (novembre 1996) perche’, come si e’ visto, solo nel corso dell’ esame dibattimentale quest’ultimo ebbe a precisare che l’episodio dell’incontro riferitogli da Bontate si era verificato in una riserva di caccia dei Costanzo. Un’ultima considerazione si impone a conferma della palese contraddittorieta’ ed incompletezza della prova del fatto di che trattasi.

La stessa causale dell’incontro invero (della quale Siino come si e’ visto non sa assolutamente nulla), riferita dal Marino Mannoia secondo quanto confidatogli da Stefano Bontate, suscita anche non poche perplessita’: [...]

Se, infatti, il motivo di questo presunto incontro che aveva imposto una vera e propria convocazione di Andreotti a Catania, nella ricostruzione del collaborante, era quello di fare intervenire l’importante uomo politico su Piersanti Mattarella allo scopo di fargli mutare la linea di condotta politica ed amministrativa che confliggeva con gli interessi di Cosa Nostra, non si riesce a comprendere a qual titolo e con quali strumenti l’imputato avrebbe dovuto e potuto fare cio’ che gli veniva richiesto.

Non esiste alcun elemento che possa fare ipotizzare che l’on. Piersanti Mattarella fosse un soggetto influenzabile dall’on. Andreotti, ne’ risultano elementi che possano comunque dimostrare che un incontro o contatto tra i due vi sia stato, dopo il presunto incontro a Catania e prima dell’omicidio dell’uomo politico siciliano.

E non e’ un caso che proprio Francesco Marino Mannoia, consapevole della incomprensibilita’ di tale causale, riferisce che, per quelle che erano le sue pur non approfondite conoscenze politiche, Mattarella era addirittura un andreottiano (udienza del 5 novembre 1996 pag.124): […].

Alla stregua di tutte le suesposte considerazioni emerge dunque con assoluta chiarezza che anche l’ultimo giorno indicato dal P.M. (domenica 8 luglio 1979) nel periodo di riferimento individuato da Angelo Siino (15 giugno – 8 luglio 1979) risulta del tutto incompatibile con la tesi dell’effettuazione di un viaggio “lampo” a Catania.

Tutte le considerazioni svolte e le risultanze dibattimentali testimoniali e documentali esaminate dimostrano pertanto inconfutabilmente che la tesi di accusa dell’incontro nel 1979 tra l’On.Andreotti e numerosi esponenti di Cosa Nostra, di cui hanno parlato (entrambi “de relato”) Francesco Marino Mannoia, per averlo appreso da Stefano Bontate, ed Angelo Siino, non ha trovato i necessari riscontri probatori.

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