Dopo le indiscrezioni degli scorsi giorni del Financial Times, la Commissione europea ha comunicato ad Apple l'opinione preliminare in cui sostiene che l’App store violerebbe il Digital Market Act. In particolare, le regole del negozio online dell’azienda di Cupertino impedirebbero agli sviluppatori di app di indirizzare liberamente i consumatori verso canali alternativi per offerte e contenuti. 

Un problema di concorrenza, che fa il paio con la decisione del 21 giugno di Apple di ritardare il lancio della sua intelligenza artificiale in Europa. Anche qui lo scoglio è il Digital Market Act, perché secondo l’azienda il regolamento europeo sui mercati digitali entrato in vigore a marzo 2023 aprirebbe la strada a troppe «incertezze normative».

L’Ue contro l’App store

«Oggi è un giorno molto importante per l'efficace applicazione del Dma: abbiamo inviato i risultati preliminari ad Apple – ha affermato la vicepresidente della Commissione e commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager –. La nostra posizione preliminare è che Apple non consente completamente lo steering», cioè la possibilità di orientare verso canali alternativi gli utenti. 

«La direttiva è fondamentale per garantire che gli sviluppatori di app siano meno dipendenti dagli app store dei gatekeeper. La comunità degli sviluppatori e i consumatori sono desiderosi di offrire alternative all'App Store. Indagheremo per assicurarci che Apple non mini questi sforzi», ha aggiunto.

Gli sviluppatori che distribuiscono le loro app tramite l'App Store di Apple – secondo le norme del Digital market act – dovrebbero essere in grado di informare gratuitamente i propri clienti di possibilità di acquisto alternative più economiche, indirizzarli verso tali offerte e consentire loro di effettuare acquisti. Secondo la Commissione europea, invece, l’azienda di Cupertino starebbe sfruttando le sue dimensioni e le sue risorse per strozzare la concorrenza, non permettendo nei fatti la nascita di store online alternativi.

La comunicazione dell’opinione preliminare non pregiudica necessariamente l’esito delle indagini della Commissione europea – avviata lo scorso 25 marzo, la terza nei confronti di Apple – che ha 12 mesi per arrivare o meno a una decisione di non conformità rispetto al regolamento.

Inoltre, la Commissione ha avviato una nuova procedura di non conformità contro Apple per il timore che i suoi nuovi requisiti contrattuali per gli sviluppatori di app di terze parti e gli App Store, inclusa la nuova Core Technology Fee di Apple, non siano in grado di garantire l'effettiva conformità al Digital Market Act.

Apple ritarderà l’Ia in Europa

Lo scorso 21 giugno Apple ha annunciato in un comunicato che le nuove funzionalità di intelligenza artificiale in Europa non partiranno nel 2024, come inizialmente programmato: «Non crediamo che saremo in grado di distribuire tre di queste funzioni – il mirroring dell'iPhone, i miglioramenti della condivisione dello schermo SharePlay e Apple Intelligence – ai nostri utenti dell'Ue quest'anno». 

Il Digital market act chiede ai “gatekeeper”, cioè società con almeno 45 milioni di utenti attivi, di aprire il mercato anche a soggetti e servizi terzi. In particolare, l’interoperabilità prevedrebbe che i servizi proprietari abbiano la possibilità di dialogare con servizi offerti da altre aziende, facilitando ad esempio lo spostamento dei dati da una realtà a un’altra. Apple ha però il timore che questi requisiti «potrebbero costringerla a compromettere l’integrità dei loro prodotti in un modo che mette a rischio la privacy degli utenti e la sicurezza dei dati».

Big tech e regolamentazione europea

La scelta di Apple di ritardare il lancio dell’intelligenza artificiale, combinata con le comunicazioni della Commissione sul suo App store, sono l’ennesima spia dei contrasti in Europa tra le big tech e le nuove regolamentazioni europee, le prime al mondo.

Oltre Apple, sono state aperte indagini simili anche su Meta, Alphabet (Google), Microsoft & Co, mentre Amazon ha ricevuto una richiesta di informazioni (ma non è sotto indagine). Sulla concorrenza, ma anche su privacy e intelligenza artificiale. Con una serie di adempimenti a cui le big tech devono assolvere, soprattutto dopo l’Ai Act, la prima regolamentazione al mondo sul tema. E con una serie di possibili conseguenze, tra cui anche la possibilità di “scappare” dal mercato europeo, come più volte minacciato dalle principali aziende tecnologiche.

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