Per la prima volta nella storia un reattore a fusione avrebbe prodotto più energia di quanta ne è stata immessa per attivare il procedimento. La notizia è stata diffusa ieri da numerosi media e dovrebbe essere annunciata ufficialmente nel pomeriggio di oggi dal dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Se i risultati dell’esperimento venissero confermati, sarebbe la prima prova scientifica che sulla Terra è possibile produrre energia tramite la fusione nucleare, lo stesso procedimento che avviene all’interno delle stelle. Ma gli scienziati raccomandano cautela: anche in caso di conferma siamo lontani decenni dal poter produrre energia in modo pulito e teoricamente infinito.

L’esperimento

A condurre l’esperimento è stato il Lawrence Livermore National Laboratory della California che ha utilizzato un laser per fondere degli atomi di trizio con altrettanti atomi di deuterio. Il risultato della fusione è una massa considerevolmente inferiore a quella degli atomi originari (un nucleo di elio e un neutrone). Il resto della massa iniziale viene convertito in un’enorme quantità di energia. Secondo le informazioni preliminari, il laboratorio avrebbe utilizzato un laser con una potenza di 2,1 megajoule per produrre 2,5 megajoule di energia.

Secondo alcune fonti del laboratorio, l’energia prodotta è stata molto superiore alla aspettative e questo avrebbe danneggiato alcuni strumenti di misurazione. Calcoli e verifiche sono ancora in corso per accertare i risultati. Ilaboratorio ha confermato ufficialmente che «un esperimento di successo ha avuto luogo», senza commentare ulteriormente le informazioni diffuse dai media.

Non era mai accaduto prima che l’energia prodotta dalla fusione in un reattore controllato fosse superiore a quella necessaria per innescare la reazione. Lo scorso febbraio, un esperimento nel Regno Unito era riuscito a raddoppiare la quantità di energia prodotta da una fusione controllata fino a quel momento: 59 megajoule nell’arco di cinque secondi. Ma l’energia necessaria per attivare il reattore tokamak (un diverso e molto più diffuso sistema per produrre fusione rispetto al laser utilizzato in California) era stata molte volte superiore.

Pulita e infinita

Ottenere più energia di quella immessa è il primo passo per rendere teoricamente possibile la produzione di energia tramite fusione, un fatto che fino ad ora non era mai stato dimostrato. L’esperimento ha sollevato aspettative e interesse in tutto il mondo. A differenza della fissione nucleare, utilizzata nelle tradizionali centrali nucleari e che si basa sul principio opposto, la divisione di un atomo invece che la fusione di due atomi diversi, la fusione non produce residui complicati da gestire, ma soltanto elio. Gli atomi utilizzati nella fusione sono inoltre isotopi dell’idrogeno, che è letteralmente l’elemento più diffuso nell’universo.

I problemi

Nonostante l’importanza dell’esperimento, ci sono ancora molte difficoltà da superare prima di essere in grado di risolvere per sempre i problemi energetici del nostro pianeta. La dimostrazione pratica della possibilità di produrre energia tramite fusione è un traguardo storico, ma restano comunque enormi barriere ingegneristiche.

Diversi scienziati hanno notato ad esempio che la produzione di energia “netta” nel corso dell’esperimento è “soltanto” teorica. Viste le inefficienze intrinseche nell’alimentare un laser, ad esempio, generare una potenza di 2,1 megajoule ha probabilmente richiesto un prelievo di diverse decine di megajoule dalla rete elettrica.

Un’altra inefficienza strutturale che va superata è quella relativa alla trasformazione dell’energia generata dalla fusione in energia elettrica. L’obiettivo degli scienziati è utilizzare il calore generato dalla reazione per scaldare dell’acqua che, trasformandosi in vapore, va ad alimentare una turbina che a sua volta produce elettricità. Anche questo procedimento causa inevitabilmente una perdita di energia. Perché la fusione sia davvero utile è quindi necessario essere in grado di estrarre grandi quantità di energia dalla reazione.

Una volta risolti questi problemi, bisognerà finanziare e costruire i reattori a fusione che con ogni probabilità avranno costi molto alti e lunghi tempi di realizzazione. Anche se probabilmente richiederanno meno misure di sicurezza degli equivalenti reattori a fissione, saranno tecnologicamente molto più complessi. Si tratta insomma di enormi sfide ingegneristiche che, anche nella migliore delle ipotesi, ci tengono lontani decenni dalla realizzazione del primo reattore a fusione commerciale. 

Come ha ricordato ieri il settimanale scientifico britannico New Scientist, l’esperimento americano ci porta quindi un passo più vicini alla fonte energetica del prossimo secolo. Ma servirà un’altra strada per risolvere i problemi del nostro presente. Crisi climatica compresa.

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