- Nathan Law è un attivista politico di Hong Kong. Leader delle proteste del movimento degli ombrelli nel 2014, è stato il più giovane deputato dell’ex colonia britannica. Le sue iniziative, da capo del movimento Occumpy Center, sono state ostracizzate dal governo.
- Arrestato nel 2017, è stato poi incriminato da Pechino per aver organizzato e partecipato alla veglia a Hong Kong in ricordo delle proteste di piazza Tienanmen. Dopo l’approvazione della legge di sicurezza nazionale, si è trasferito a Londra. Ma anche lì è preso di mira dagli attacchi cyber della Repubblica popolare cinese.
- «Sono perennemente sotto attacco del partito comunista cinese. So che il governo italiano è amico con quello cinese, ma spero che la situazione possa cambiare in futuro».
«Dopo il National security law è stato molto difficile per noi continuare la nostra attività politica a Hong Kong: era diventato pericoloso dal punto di vista legale, sapevamo di rischiare di finire in carcere. Quindi, potendo operare anche a livello internazionale, ho scelto di lasciare Hong Kong e di arrivare a Londra». Nathan Law, ventisette anni, è un attivista politico di Hong Kong. Leader delle proteste del movimento degli ombrelli nel 2014, è stato il più giovane deputato dell’ex colonia britannica. In carica dal settembre del 2016 al luglio del 2017, le sue iniziative sono state ostracizzate dal governo. Law è stato a capo del movimento Occupy Center, per cui nel 2017 è stato prima arrestato e poi incriminato da Pechino per aver organizzato e partecipato alla veglia a Hong Kong in ricordo delle proteste di piazza Tienanmen.
Lo stesso anno in cui è stato arrestato la prima volta un altro attivista, Joshua Wong, che il 2 dicembre è stato condannato a 13 mesi e mezzo di carcere per aver fatto circondare, durante una manifestazione, il comando della polizia di Hong Kong. Law, dal luglio di quest’anno e dopo l’approvazione della legge di sicurezza nazionale, si è trasferito a Londra. Ma è perseguitato anche in Inghilterra, preso di mira dagli attacchi cyber della Repubblica popolare cinese.
Dopo la tua partenza tu sei stato vittima di attacchi cyber. Come te ne sei reso conto?
Io ho capito di essere sempre sotto attacco del partito comunista, anche se personalmente sono stato molto attento alla mia sicurezza. Ogni tanto appare qualche spunta rossa nell’account e-mail, che fa sapere che sei sotto attacco di qualche hacker governativo. E questo è un segnale che siamo sotto sorveglianza di qualcuno in Cina.
Quali informazioni e dati sono stati rubati? Lo sai?
Sinceramente non lo so. Sono molto attenti a far sì che tu non te ne accorga. Ora qui a Londra mi sento più al sicuro dal punto di vista personale, ma per quanto riguarda i cyber attacchi no. Quelli non hanno confini e quindi posso esserne vittima sia stando in Cina che in Inghilterra. L’unica cosa che posso fare è provare ad applicare tutte le misure di sicurezza e cooperare con i provider di sicurezza. Oppure con i colossi del web come Facebook e Google che adottano delle politiche per proteggere le persone perseguitate politicamente come me.
Come consideri il modo in cui i governi occidentali e l’Italia si stanno approcciando con la Cina?
Penso che in Inghilterra ci sia un approccio più scettico rispetto a prima, e mi auguro che anche in altri Paesi, come l’Italia ad esempio, possa diventare così. So che il governo italiano è amico con quello cinese, ma spero che la situazione possa cambiare in futuro.
Cosa pensi del piano di sviluppo industriale “Made in China 2025”?
“Made in China 2025” ha lo scopo di mettere in pratica una serie di riforme per lo sviluppo dell’industria del futuro. Molti obiettivi sono stati già raggiunti con il furto di proprietà intellettuali da Paesi esteri, soprattutto delle potenze occidentali, attraverso i cyber-attacchi. Il governo italiano non è abbastanza consapevole di subire questi furti.
E anche quelle italiane?
Assolutamente sì, e credo che il governo italiano non sia abbastanza consapevole di subire questi furti di proprietà intellettuali tramite cyber attacchi. Mi auguro quindi che i diversi paesi occidentali inizino ad avere un approccio più critico nei confronti della Cina.
Negli ultimi mesi però molti stati occidentali hanno firmato accordi con il governo cinese.
Bisogna vigilare che questi stati non si vendano alla Cina, per soldi o interessi. Se si fanno accordi con Pechino si sta facendo il loro gioco e c’è il rischio di diventare loro complici.
© Riproduzione riservata