Se la portata storica degli eventi si misurasse in base alla loro durata, l’impresa di Jeff Bezos, martedì 20 luglio, sembrerebbe poca cosa. Il suo viaggio suborbitale, il primo realizzato solo da civili e senza un pilota, è durato una decina di minuti o poco più (trasmessi rigorosamente in diretta su YouTube, con centinaia di milioni di spettatori).

L’uomo più ricco al mondo ha però tagliato così una serie di record da ascrivere alla storia della conquista umana dello spazio. Anche se non ha affatto lo stesso fascino e la stessa importanza di un altro 20 luglio, quello del 1969, quando l’uomo ha messo piede per la prima volta sulla Luna. Nel 1969 Bezos aveva cinque anni. Qualche tempo dopo, nel 1982, intervistato dal Miami Herald a pochi giorni dal diploma, dirà: «Il mio sogno è di costruire hotel spaziali, parchi di divertimento e colonie, per portare in orbita fra le due e le tre milioni di persone».

A distanza di anni ha dovuto rivedere di molto le ambizioni. Nel 2000 ha fondato Blue Origin, società specializzata nei voli spaziali che gli ha infine permesso di raggiungere i 107 chilometri di apogeo. Oltre il limite che convenzionalmente definisce l’inizio dello spazio (per la Nasa sono gli 80 chilometri). È arrivato secondo rispetto a Richard Branson, patron della Virgin e altro ultra-milionario che è riuscito nell’impresa una settimana prima. Ma Branson si è fermato agli 86 chilometri di altezza. Bezos è andato oltre.

(AP)

L’equipaggio

Soprattutto, lo ha fatto a bordo di un mezzo, chiamato New Shepard (in onore di Alan Shepard, il primo astronauta statunitense a volare nello spazio), senza un pilota a bordo. L’equipaggio era composto interamente da civili: Mark Bezos, fratello più giovane di Jeff, dirigente pubblicitario e vigile del fuoco volontario.

Wally Funk, di 82 anni, la donna più anziana ad aver raggiunto lo spazio finora. Funk era una giovane aviatrice quando nel 1961 ha aderito a “Women in space”, il programma della Nasa che voleva dimostrare che anche le donne potessero diventare astronaute. Il viaggio nello spazio è rimasto però solo un sogno, fino a ieri. Il quarto posto è stato assegnato con un’asta.

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Il primo classificato, rimasto anonimo, ha speso 28 milioni di dollari (devoluti in beneficenza) ma all’ultimo momento si è ritirato, ufficialmente per alcuni impegni concomitanti. Il suo posto è stato preso dal secondo classificato: Oliver Daemen, figlio di un manager olandese. Ha 18 anni ed è dunque il più giovane ad aver volato nello spazio finora.

La presenza della donna più anziana e del ragazzo più giovane a volare nello spazio rappresenta indirettamente uno spot per Blue Origin. L’obiettivo principale era dimostrare che i voli suborbitali sono sicuri, potenzialmente adatti a tutti coloro che sono abbastanza ricchi da poterseli permettere, con appena qualche giorno di addestramento. Ed è un passo importante verso la democratizzazione dello spazio.

Il paradosso Bezos

Quello del 20 luglio era il primo viaggio con delle persone a bordo per la Blue Origin. Per Bezos la conquista dello spazio non è soltanto la realizzazione di un sogno adolescenziale, e va oltre anche le possibili ricadute economiche.

Solo due settimane fa, ha ceduto il ruolo di amministratore delegato di Amazon. Ora uno dei suoi principali obiettivi è di superare quello che il New York Times ha definito come “paradosso di Bezos”. Con l’aumento della fortuna di Amazon e del suo fondatore, la loro immagine pubblica ha subìto un duro colpo.

La conquista dello spazio, con tutta la sua portata simbolica, è anche un modo per sviare l’attenzione da una serie di questioni ancora aperte, come il totale disinteresse per i diritti dei lavoratori. Così cerca di ricostruire la propria reputazione, donando a tutti il sogno di poter viaggiare, un giorno, nello spazio.

 

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