Il ministro della Cultura vuole trasmettere in streaming teatro, opera e musei e spinge la Cassa depositi
e prestiti a mettere 10 milioni pubblici in Chili, società in equilibrio precario fondata dal manager-politico Parisi
- Ieri è stata annunciata la nascita della nuova piattaforma per gli spettacoli on demand degli artisti e degli enti culturali italiani. Il ministro Franceschini ne vuole fare un modello di sostegno pubblico alla cultura.
- La nuova società sarà partecipata al 51 per cento da Cassa depositi e prestiti e al 49 per cento dalla società Chili Spa, la quota di Chilli Spa è valutata 9 milioni, per la valutazione di know how e asset, il patrimonio della società a fine anno valeva appena sette milioni.
- Chili era alla ricerca di liquidità, anche solo per sostenere le sue attività nel 2020, dopo otto bilanci in rosso. Nel bilancio rassicura: «Sono in corso negoziazioni con banche e primarie istituzioni finanziarie».
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Foto LaPresse - Andrea Panegrossi 29/10/2019 - Roma, Italia. POLITICA Cinecittà. Inaugurazione del MIAC, Museo Italiano Audiovisivo e Cinema con il ministro Franceschini Photo LaPresse - Andrea Panegrossi 29/10/2019- Rome, Italy Inauguration of the MIAC, Italian Audiovisual and Cinema Museum with the Minister Franceschini
La società della nuova piattaforma per la cultura italiana, quella che in molti a sproposito hanno chiamato “la Netflix made in Italy”, è nata. Ieri è stato annunciato ufficialmente l’avvio del progetto che da gennaio dovrebbe servire a teatri, filarmoniche e artisti in genere per distribuire il loro lavoro via streaming su tutti i device. Il decreto Rilancio stanziava 10 milioni di euro per «sostenere la ripresa delle attività culturali e permettere «la fruizione del patrimonio culturale e di spettacoli» avvalendosi anche del contributo della Cassa depositi e prestiti. E infatti Cdp, cassaforte del risparmio postale partecipata dal ministero dell’economia e delle finanze, ha investito 10 milioni e ha nella nuova società una quota del 51 per cento e quindi il controllo.
L’altro 49 per cento invece è di Chili Spa, la società nata da uno spin off di Fastweb, guidata da Giorgio Tacchia e fondata assieme a Stefano Parisi, manager che si è dato alla politica: leader del movimento di centrodestra Energie per l’Italia, attualmente consigliere regionale del Lazio dopo aver perso la sfida elettorale contro Nicola Zingaretti e prima ancora quella con Giuseppe Sala per il comune di Milano. La partecipazione di Chili nella nuova società voluta dal Mibact è valutata 9 milioni di euro, ma l’azienda investirà in capitale fresco solo una parte dei nove milioni. A fine dell’anno scorso prima di un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro, Chili aveva disponibilità liquide per meno della metà di quella cifra e un patrimonio netto di appena 7 milioni. L’azienda ha chiuso gli ultimi otto bilanci in rosso e stando all’ultimo era alla ricerca di liquidità anche per finanziare le proprie attività annuali. La partecipazione al 49 per cento nella newco, è frutto della valutazione di quello che Chili può portare in dote.
Chili Tv offre contenuti in streaming, dai film alle serie tv, acquistabili singolarmente con tanto di app per comprare i biglietti virtuali, ma praticamente non ha contenuti prodotti in proprio: è nata nel 2012 prima del boom del settore e ha investito nella tecnologia, ma ora si trova in un contesto in cui il mercato dei contenuti e della distribuzione si sovrappongono e i competitor sono colossi come Netflix e Disney che capitalizzano in Borsa cifre vicine ai 200 miliardi e ne investono decine sulle produzioni - solo per i contenuti Netflix spenderà quest’anno 17,3 miliardi di euro - oltre concorrenti come Sky, Tim o Mediaset.
Tra Londra e Lussemburgo
L’assetto societario di Chili Spa è cambiato molte volte, ma secondo gli ultimi documenti consultabili oggi il primo azionista è la società lussemburghese Capiscum Sca, veicolo creato dal fondo londinese Negentropy, a sua volta terzo azionista, presieduto da Ferruccio Ferrara ex banchiere di Merryl Linch e Deutsche Bank, e personalmente quarto socio di Chili. I due fondi ora hanno la maggioranza delle quote. Legati al veicolo lussemburghese ci sono nomi noti dell’imprenditoria italiana: da un documento del registro del Lussemburgo risulta che nel 2018 tra gli azionisti c’erano tra gli altri la Stedin Srl di Vicenza, holding della famiglia Dolcetto Capuzzo una volta al timone della multinazionale delle batterie Fiamm e poi l’erede dei negozi Salmoiraghi & Viganò, Emanuele Maria Tabacchi.
Il secondo socio di Chili è la holding della famiglia Lavazza, Torino 1895 Investimenti. Il fondo di private equity Antares di Stefano Romiti, nipote di Cesare, ha il 7,6 per cento del capitale. Mentre poco sopra il quattro c’è anche il veicolo Investchili – con soci tra gli altri la Comit, l’ex direttore di Lvmh, Antonio Belloni, e la società dell’ex ad di Bulgari, Francesco Trapani. Le partecipazioni dei due fondatori sono ridotte, i grandi marchi industriali come Twenty century fox, Warner Bros sono scesi a meno dell’1 per cento.
Pubblicità o investimenti?
I conti della società, che recentemente ha iniziato a operare anche in Germania e Austria, Polonia e Gran Bretagna, non devono averli convinti. Il bilancio del 2019 ha registrato perdite per 19,5 milioni di euro che l’assemblea dei soci tenutasi a giugno ha scelto di non coprire. Nei primi quattro mesi del 2020, complice la pandemia, il totale dei contenuti trasmessi ha superato del 40 per cento le previsioni e si sono registrati 500mila utenti in più rispetto ai 3,3 milioni di fine 2019. I ricavi dunque dovrebbero aumentare, ma la crescita deve essere sostenuta ancora da «significativi costi di comunicazione e marketing», si legge nella relazione al bilancio. Già nel 2019 la società ha speso per pubblicità e affini 30 milioni di euro: quindici volte i 2 milioni destinati agli investimenti. E una cifra molto alta anche se comparata ai ricavi netti: 39,4 milioni di euro. L’ultimo anno si è chiuso con un margine operativo lordo, l’indicatore della capacità dell’azienda di creare ricchezza, a meno 12 milioni di euro oltre che con 20 milioni di debiti di cui 13,3 milioni di euro verso i fornitori.
«Negoziazioni in corso»
Nella nota integrativa al bilancio del 4 giugno 2020 il presidente e amministratore delegato Giorgio Tacchia spiegava che gli amministratori avevano valutato attentamente «l’appropriatezza del presupposto della continuità aziendale». Che i risultati finanziari sarebbero migliorati, ma anche che alla fine dell'anno sarebbero stati negativi dal punto di vista del patrimonio.
Ammetteva che l’azienda avrebbe avuto bisogno di nuove risorse per il 2020, ma aveva già ottenuto 2,5 milioni di finanziamenti dalle banche e il resto dei fondi necessari sarebbe stata trovata durante l’anno. Altri prestiti erano già stati chiesti a «primari istituti di credito». E aggiungeva «sono in corso negoziazioni in fase avanzata con alcuni investitori e primarie istituzioni finanziarie». A domanda precisa se quelle primarie istituzioni finanziarie e quegli investitori fossero quelli legati al progetto della piattaforma della cultura che è stato ufficializzato ieri, l’azienda non ha dato risposta.
Il comunicato diffuso da Cassa depositi e prestiti spiega che Chili è stata scelta tramite un beauty contest, una procedura competitiva (ma senza gara pubblica) a cui hanno partecipato altre aziende. La lista dei partecipanti non è nota, la valutazione degli asset di Chili nemmeno.
Cdp ha fatto sapere che la Rai era stata contattata prima e potrà collaborare poi: «Il progetto è aperto alla futura collaborazione della Rai e di altre istituzioni» e soggetti pubblici o privati. Dal Mibact spiegano che la televisione pubblica si regge sul canone, mentre questa piattaforma fa pagare il diritto d’autore agli artisti tramite i biglietti come negli eventi dal vivo. Non è neanche una novità che la televisione pubblica si affidi a produzioni esterne. La stessa Chili ad agosto 2017 aveva ottenuto un servizio in affidamento da Rai Play da centinaia di migliaia di euro.
La società non ha voluto anticipare quanto capitale investirà nella newco, né se i ricavi saranno in base ai contenuti trasmessi. Di certo Chili Spa continuerà a distribuire anche film e a vendere nel suo marketplace i prodotti legati a quei contenuti. La nuova piattaforma sarà dedicata alla cultura e agli spettacoli live e per arricchire l’offerta il governo potrebbe chiedere a chi usufruisce di finanziamenti pubblici – come i teatri lirici – di produrre contenuti per la piattaforma o offrire incentivi perché lo facciano.
Le ambizioni di Franceschini
Al Mibact pensano a un portale che possa ospitare, distribuire e monetizzare contenuti prodotti dalla Scala, come dal Museo del Novecento di Milano o dal Maxxi, ma anche prodotti seriali, per esempio collane dedicati ai grandi artisti o ai luoghi dell’opera. Il Mibact parteciperà alla definizione della linea editoriale.
Le ambizioni del ministro dei Beni culturali di Dario Franceschini però guardano oltre la pandemia e puntano a dare un palcoscenico al patrimonio e alla cultura italiana anche all’estero. All’ultimo Consiglio Ue Franceschini ha parlato del modello anche con i colleghi in particolare di Germania, Francia e Spagna. Il ministro è convinto che la formula del sostegno pubblico alle produzioni culturali made in Europe possa essere replicato anche negli altri Paesi e che la dimensione internazionale sia necessaria per fare massa critica. I conti di Chili stanno lì a dimostrarlo.
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