L’elemento che contraddistingue il mondo del Web3 e le community che compongono questo movimento tecnologico, è la velocità con la quale sembra muoversi tutto. Questo tutto è cristallizzato dall’acronimo Fomo (fear of missing out, paura di perdersi qualcosa), che nella sua irritante memificazione linguistica, incarna perfettamente lo stato d’animo di chi, come me, è immerso da molti anni nel mondo dell’arte digitale su blockchain.
Bisogna salire sul treno in corsa, prima che se ne vada per sempre… o almeno questa è stata la sensazione fino al 2021.
Una nuova prospettiva
Durante la pandemia abbiamo parlato tanto, in maniera molto approssimativa e spesso caricaturale di Nft, criptoarte, criptovalute, arte generativa, Dao, Dapps, chi più ne ha più ne metta.
Lo tsunami tecnologico sembrava in procinto di abbattersi sul mondo, che di conseguenza non sarebbe mai più stato lo stesso. L’adozione di tecnologie Web3 sembrava inevitabile; un’evoluzione organica del nostro dialogo verticale con la tecnologia. Oggi quest’onda è un ricordo lontano, siamo ormai da tempo in un bear market, gli anni bui per chi parla la nostra lingua.
Il treno in corsa lo hanno preso in tanti. I passeggeri si possono dividere in due categorie ben distinte: chi segue, ovvero coloro che salgono sul treno per scendere inevitabilmente alla prima fermata, e gli innovatori; coloro che si sono messi in viaggio verso un capolinea ignoto.
Il passeggero che oggi è sceso alla prima fermata è colui che, consumato dalla paura di rimanere sul binario a mani vuote, è salito sul treno senza comprenderne il funzionamento strutturale e le ramificazioni possibili del percorso intrapreso.
Tra questi passeggeri troviamo turisti sperduti, truffatori, speculatori che hanno creato la bolla e sono saltati giù in fretta; guardando al mio settore, in tanti hanno trovato nel Web3 un’alternativa utopica per un sistema dell’arte senza gerarchie, una terra di nessuno dove fare fortuna.
Il senso della tecnologia
I passeggeri che sono in viaggio verso il capolinea ignoto, sono coloro che hanno sposato la natura rivoluzionaria della blockchain, ne hanno capito i meccanismi e tracciato le ramificazioni future.
In questo gruppo troviamo chi il treno l’ha costruito, chi è salito quando il treno era invisibile alle masse, chi da anni studia per innovare, e infine chi ha avuto e avrà il coraggio di rimanere in sella pur di contribuire alla creazione di un’infrastruttura in un campo ancora spoglio e inesplorato.
Alla base della convinzione condivisa da questo gruppo di passeggeri è la comprensione di cosa rende una tecnologia impermeabile alle resistenze, allo scetticismo e ai cicli speculativi. Le tecnologie che sopravvivono alla prova del tempo risolvono, o molto spesso superano, problemi che in precedenza hanno contraddistinto il settore al quale vengono applicate.
Nonostante ciò, convincere e contagiare di sincero ottimismo chi di Web3 non sa nulla, è forse una delle difficoltà più grandi e uno dei limiti che finora hanno reso l’adozione di massa un processo estremamente lento e complicato.
In realtà, se ridotta all’osso, la comprensione del valore diventa più semplice. Proverò quindi a farlo prendendo in esame i vantaggi legati al mio settore, esplicitando quindi le motivazioni alla base del mio interesse sul tema.
Lo smart contract
La tecnologia blockchain è un modo per tenere traccia di informazioni e asset in sicurezza e trasparenza senza dover affidarsi a un intermediario centrale. Un libro mastro digitale, un registro permanente e sicuro che può essere controllato da chiunque abbia un computer e una connessione internet.
Inoltre, poiché la blockchain è decentralizzata, è priva di un punto di vulnerabilità centrale. Nel contesto del mercato dell’arte, ogni opera d’arte (fisica o digitale) può essere registrata sulla blockchain con un certificato di autenticità digitale (Nft/smart contract) al cui interno troviamo informazioni dettagliate, tra cui la data di creazione, l’autore e la provenienza.
Su queste basi nasce forse l’innovazione più importante, la più rivoluzionaria se l’obiettivo è il superamento di un problema strutturale. Il certificato digitale (Nft) creato e minted (registrato) sulla blockchain, se venduto o spostato, guadagna informazioni; annotando indelebilmente al suo interno il passaggio di proprietà, il prezzo di vendita e il nuovo proprietario.
Nella creazione dello smart contract può essere inserito un diritto d’autore che, riconosciuto dal sistema, a ogni passaggio di proprietà genera automaticamente un pagamento al creatore dell’opera.
Il problema del diritto d’autore
Su una vendita primaria, il tema del diritto d’autore non si pone. Su tutte le vendite secondarie il tema diventa centrale. L’opera, se venduta dall’artista al suo primo acquirente, ha una proiezione di valore in ascesa; questo trend si esaspera se prendiamo in esame il mercato degli artisti emergenti.
Oggi, un’opera di un’artista emergente alla sua prima vendita in galleria oscilla in media tra i 500 e i 5mila euro ed è accompagnata da un certificato cartaceo (facilmente falsificabile, delicato e non indispensabile per il mercato secondario, aste comprese).
Se fortunato, l’artista riceverà tra il 50 e il 60 per cento del prezzo finale di vendita (in galleria). Se l’opera dovesse crescere di valore e successivamente rivenduta a 10x il prezzo di acquisto, l’artista che l’ha prodotta non percepirebbe una percentuale.
Sarebbe ingeneroso negare l’esistenza di tentativi concreti di regolamentazione dei diritti d’autore con l’obiettivo di favorire gli artisti. Purtroppo le soluzioni proposte hanno sortito risultati pessimi, non certo per la mancanza d’ingegno o di competenza di chi li ha implementati, bensì perché il mercato dell’arte contemporanea oggi è globale, progressivamente digitale, immateriale e velocissimo; pensare di regolamentare la complessità dei diritti d’autore con la vecchia e miope burocrazia, è un progetto senza futuro.
La terza via
La mitologia dell’artista squattrinato (ideale romantico che molto presto si trasforma in un incubo per chi questa realtà la vive sulla propria pelle) è il risultato ormai ossificato dello status quo generato da un problema che non abbiamo mai contrastato concretamente per mancanza di mezzi adeguati.
Oggi siamo davanti ad un bivio che ricorda il dibattito furioso innescatosi con l‘avvento della fotografia digitale. Puristi vs. Avanguardisti. In quel dibattito, come in tanti altri legati all’adozione di nuovi mezzi tecnologici, emerge una terza via che abbraccia la complessità del tema e si focalizza sulla costruzione di ponti.
Questa lettura, presuppone l’identificazione delle qualità più resistenti, uniche e virtuose dei poli che si oppongono, ponendo l’accento sul punto di contatto e le opportunità di interazione generate dalle possibili sovrapposizioni. Se possiamo trarre una lezione dal duello tra analogico e digitale in fotografia, è che le polarizzazioni sono destinate a perdere.
Oggi la fotografia prevede la convivenza organica tra questi due estremi e un ampio campo d’azione nello spazio che di conseguenza si apre. Analogamente, nel mondo dell’arte contemporanea come in tantissimi altri settori, oggi con la maturità raggiunta dalle tecnologie Web3, si apre la strada per una convergenza tra tradizione e innovazione.
Se certificazione, tracciamento, trasparenza e diritti d’autore possono essere oggettivamente identificati come le tematiche più influenti per la determinazione dello stato di salute del mercato dell’arte, credo valga la pena perseguire il tragitto sul treno sopracitato, se all’arrivo ci attende l’opportunità di un territorio più sano e meno inquinato.
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