Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


A domanda specifica del Presidente della Corte di Assise, circa il modo in cui Gelli avrebbe potuto ricavare dei vantaggi dai gruppi operativi messi a sua disposizione, Aleandri ha risposto: "Posso immagiNare che poteva trattarsi di uccidere qualcuno che poteva dare fastidio per altri motivi o di cose di questo tipo, questa è l’interpretazione che io ho dato quindi di agire come un reparto operativo per raggiungere finalità di tipo diverso, di tipo politico, economico. Come ripeto, Gelli non ... Ovviamente questa proposta fu esposta nei termini più vaghi possibili perché insomma non sapevo ... ".

Il teste ha detto che Gelli non era ad esplicita conoscenza dell’attività terroristica svolta dal loro gruppo, ma poteva agevolmente ricondurre la stessa al loro movimento.

Ha aggiunto che "Semerari e De Felice avevano all’epoca come obiettivo quello di creare una struttura armata, che potesse mettersi a disposizione di altre forze per aumentare il proprio potere". E ancora: "Questo è sicuro cioè la loro idea fin dall’inizio della cosa era quella di avere i reparti armati, questi gruppetti armati funzionali a questo tipo di strategia, tra l’altro dimostrato anche poi per esempio dai contatti con la Magliana cioè c’è sempre questo tipo di logica".

Con riguardo a tale dichiarazione e all’esigenza di creare una sorta di "braccio armato", occorre osservare come, con grande disinvoltura, Semerari, Signorelli e De Felice si rivolgessero per realizzare tale fine, oltre che alla destra eversiva, indifferentemente anche alla criminalità organizzata ed alla criminalità comune e in particolare con esponenti del Clan dei Marsigliesi e della Banda della Magliana.

Paolo Aleandri ha riferito che Semerari e De Felice avevano all’epoca come obiettivo quello di creare delle strutture armate, sia attraverso piccoli gruppi di neofascisti, sia utilizzando bande di criminali comuni, che potessero mettersi a disposizione di altre forze per aumentare il loro potere.

Fulvio Lucioli, all’epoca appartenente alla Banda della Magliana e meglio conosciuto con il nomignolo "Er Sorcio", ha riferito che Semerari aveva assidue relazioni con la Banda della Magliana ed era arrivato addirittura ad utilizzare la propria attività professionale di psichiatra accreditato in ambito forense, rendendosi autore di perizie o di certificazioni compiacenti a favore degli appartenenti alla banda (lo aveva fatto con D’Ortenzi e con Selis), in modo da ottenere la loro scarcerazione o di evitarne la condanna.

Il teste ha confermato che in una determinata fase, in cambio dei suoi servigi, Semerari propose a lui ed altri membri della banda di collocare degli ordigni esplosivi presso obiettivi da lui stesso indicati o di compiere dei sequestri di persona; tuttavia, la proposta non fu accettata perché ritenuta non consona con gli scopi della banda, la quale mirava unicamente a finalità di profitto, attraverso la commissione di altri tipi di reati

Il testimone Maurizio Abbatino, storico esponente della banda della Magliana (con il nomignolo di "Crispino", per via dei capelli ricci), divenuto in seguito collaboratore di giustizia, ha spiegato i rapporti intercorrenti tra la banda e il gruppo dei Nar, affermando che Massimo Canninati era il neofascista che teneva i rapporti tra i due gruppi.

Il testimone assistito ha confermato sostanzialmente quanto riferito da Lucioli, aggiungendo che egli e i suoi complici si erano recati due o tre volte a casa di De Felice ed una volta a casa di Semerari e che fu proprio in quel periodo che si parlò di una sorta di collaborazione, consistente nel compimento di sequestri di persone i cui nominativi sarebbero stati loro indicati dai predetti.

È stato contestato al testimone un passaggio dell’interrogatorio da lui reso in data 8.1.1993 al G.I. dott. Lupacchini; il brano appare significativo per comprendere come fosse sorta la collaborazione tra la banda romana e Semerari e quali fini si proponesse il criminologo attraverso la collaborazione con essa ("Come ho già avuto modo di dichiarare in precedenti interrogatori già prima che si cementasse l’unione fra il nostro gruppo, cioè quella che si potrebbe definire Banda della Magliana e quello di Nicolino Selis, fra questi e il Professor Semerari esistevano rapporti abbastanza stretti, avendo il primo, unitamente ad Alessandro D’Ortenzi, fruito di consulenze e comunque di perizie psichiatriche di favore da parte dello stesso Semerari.

Non so se e quanto fossero costati in termini di deNaro quelle prestazioni professionali, so tuttavia che rientrava nel più complessivo disegno politico del Professor Semerari intrattenere rapporti operativi con gruppi della criminalità comune, e fu proprio il D’Ortenzi legato al gruppo di Nicolino Selis a sollecitare gli incontri dei quali ho già parlato fra noi e il Semerari.

In proposito dal tenore dei colloqui avuti col Semerari potei capire che preesistevano rapporti fra i neofascisti, e in particolare il gruppo facente capo a Massimo Carminati, Alessandro Alibrandi e i fratelli Bracci e il gruppo di Selis, come pure mi risulta che i predetti neofascisti avevano già stretti contatti con Franco Giuseppucci, in forza dei quali si spiega sia perché venne accolta la mediazione di Carminati in ordine al rilascio di Paolo Aleandri, sia la libertà dello stesso Carminati di accedere al deposito di armi del Ministero della Sanità"). Il testimone ha confermato quanto riferito (cfr. trascrizione ud. 12.11.2021, pagg. 30 e segg.).

Il quadro offerto dal testimone aiuta oggi a comprendere come la destra neofascista romana si trovasse implicata in una fitta rete di rapporti con il mondo imprenditoriale e politico, con i poteri occulti e, altresì, con la criminalità comune, in un intreccio di relazioni personali e di cointeressenze davvero complesso.

Tornando a quanto qui strettamente interessa, tali deposizioni (Lucioli e Abatino) confortano quanto riferito da Aleandri circa l’idea di fondo che caratterizzava l’agire dei vertici di CLA, ovvero quella di creare una sorta di "braccio armato" per compiere delle azioni di carattere eversivo, attraverso la ricerca di un tipo di manovalanza che fosse idonea allo scopo.

Secondo quanto riferito da Gianluigi Napoli, anche Signorelli ebbe relazioni analoghe con la criminalità organizzata. [...]

Il testimone ]Aleandri] assistito ha anche reso dichiarazioni su quanto aveva appreso dai fratelli De Felice circa ciò che determinò l’insuccesso del Golpe Borghese. Le dichiarazioni appaiono significative anche per dare l’idea della qualità del rapporto esistente tra i fratelli De Felice, Filippo De Jorio e Licio Gelli:

Testimone assistito Aleandri - Allora, quello che mi fu riferito è in una qualche fase di questa attività golpistica, intanto mi fu detto che in realtà l’ultima parola sul fallimento del Golpe Borghese vero e proprio era stata di Gelli che aveva ritirato i Carabinieri.

Presidente - Questa la fonte è?

Testimone assistito Aleandri - Come?

Presidente - La fonte di queste informazioni?

Testimone assistito Aleandri - La fonte sono i De Felice e sono fonti anche varie, in generale sono tutte cose che vengono raccontate, emergono da cose, di pranzi alle cene, i momenti conviviali, per questo proprio per le modalità con le quali avvenivano sono assolutamente certo della loro veridicità perché insomma sarebbe assurdo che avessero combinato tutta una messa in scena a mio favore per raccontarmi le varie cose.

D’altra parte, faccio fatica se non ricorrendo a documentazioni storiche, faccio fatica a sistemarli tutti con coerenza proprio perché mi sono stati restituiti con la frammentarietà di dialoghi conviviali però sulle cose sono certo.

Quindi una doppia cosa: veniva ritenuto responsabile dell’aver bloccato oltre al mancato assenso americano in attraverso Fenwick che non sarebbe arrivato quindi avrebbe bloccato questa operazione. E poi mi fu detto che nel proseguire questa attività, i De Felice creano questa rivista che si chiama Politica e Strategia, che poi tra parentesi il direttore è Salomone quindi diciamo riunisce ...

E che ha sede, almeno per quello che ho visto io materialmente, che aveva sede nello studio legale di Filippo De Jorio e che era seguita in particolare da Alfredo De Felice, questa rivista doveva servire per avviciNare alti ufficiali delle varie armi, anche dei Carabinieri e per cercare di portarli all’interno sempre di un progetto golpista. Nell’avviciNare alti ufficiali dei Carabinieri, Alfredo De Felice si trova difronte Gel/i, questo mi viene riferito, che dice "no, questa cosa la gestisco io" cioè sono io l’interlocutore e poi casomai sono io a gestire questa cosa per quanto riguarda i Carabinieri, quindi questo è ... " (cfr. trascrizione ud. 9.7.2021, pagg. 61 e 62).

Quanto riferito da Calore e Aleandri trova ancora una volta esplicito riscontro nelle dichiarazioni rese da Walter Sordi, che aveva appreso dette circostanze da Gilberto Cavallini.

Sordi ha riferito, a seguito di contestazione di quanto da lui dichiarato nel verbale del 7.5.1983, che Cavallini gli disse che Fabio De Felice, esponente di spicco di CLA, apparteneva alla Loggia P2 e che intratteneva stabili relazioni con Licio Gelli, attraverso la mediazione di Paolo Aleandri.

Ha riferito ancora che, secondo Cavallini, l’affiliazione di De Felice alla Loggia P2 costituiva un aspetto fondamentale per spiegare il perché il Movimento RivoluzioNario Popolare avesse optato per una linea stragista80• Il teste ha aggiunto che, sempre secondo lo stesso Cavallini, la strage della stazione ferroviaria di Bologna era da imputare alla loggia P2.

Infatti, il testimone, ancora una volta confermando le dichiarazioni rese nel verbale del 7.5.1983, ha riferito quanto segue: "Posso tuttavia riferire che tra me e Cavallini, analizzando tale fatto, fu detto che il movente non poteva essere individuato in nient’altro che un potere occulto. Ricordo che si parlò esplicitamente della P2, ipotizzando che tale organizzazione massonica avesse cercato di destabilizzare qualche modo il paese nel momento in cui si rendeva conto che stava perdendo il proprio potere".

Il teste ha ulteriormente commentato, asserendo: "Che poi è un po’ il filo logico di tutto lo stragismo in realtà".

Occorre osservare come Sordi abbia riportato anche l’opinione abbastanza esplicita da parte di Cavallini circa la responsabilità di Fioravanti e dei Nar nella strage di Bologna, assumendo che lo stesso gli chiese retoricamente: "Che credi che il giorno della strage del 2 agosto Valerio fosse veramente a Treviso con me e la Flavia?".

Come a dire, che l’alibi utilizzato da Fioravanti - che chiamava in causa proprio Cavallini per discolparsi - fosse palesemente falso.

In realtà, l’affermazione di responsabilità di Fioravanti non si pone affatto in contrasto con il fatto di attribuire la strage ai poteri occulti, trattandosi di due circostanze che non si escludono tra di loro e che, anzi, devono ritenere compresenti.

Tale conclusione appare autorizzata dal fatto che sono entrate in questo processo plurime dichiarazioni che inducono a ritenere che, proprio nel periodo precedente alla strage di Bologna, vi fosse stata una frequentazione tra Licio Gelli e Giusva Fioravanti.

Detta conclusione non deve affatto stupire. Si è visto come Gelli avesse incontrato più volte Paolo Aleandri. Di cosa discutevano un ideologo della destra eversiva, che per giunta propugnava un’apertura a temi cari ad Autonomia Operaia, con il potente capo della loggia P2?

Non certo di alta finanza, ma piuttosto di azioni concrete da intraprendere, azioni di natura criminale, come Aleandri ha fatto intendere.

Infatti, Aleandri, anche a nome del suo gruppo, aveva offerto al Venerabile le prestazioni per così dire "militari" del suo movimento.

Così come Gelli aveva avuto incontri con Paolo Aleandri, allo stesso modo - e per le stesse ragioni - poteva avere avuto rapporti con un altro terrorista nero come Fioravanti, che era in quel momento una figura di spicco nel suo ambito, per sapere ad esempio cosa si muovesse tra le fila della destra eversiva o per reperire soggetti "operativi" a cui affidare compiti inconfessabili. […].

Di Walter Sordi si è già detto che si tratta di un testimone che garantisce la massima attendibilità dichiarativa.

Inoltre, Sordi aveva condiviso con Gilberto Cavallini un periodo assai lungo di comune latitanza ( circa un anno) e si era instaurato tra i due un senso di reciproca fiducia, che poteva davvero indurre il secondo a fare delle confidenze importanti, anche perché entrambi avevano partecipato insieme a eclatanti azioni criminali quale, ad esempio, l’efferato omicidio del capitano di polizia Francesco Straullu nel 1981.

Non si conoscono bene i rapporti tra Sordi e Mambro, ma si deve essere portati a ritenere che il primo non abbia mentito su tale racconto, non avendo alcun interesse a farlo. Del resto anche la Mambro aveva partecipato con Sordi al delitto di cui sopra.

Il fatto che Mambro e Cavallini non abbiano mai confermato una simile circostanza in una sede processuale appare banalmente comprensibile, nel senso che si tratta di soggetti che, pure a distanza di 40 anni, non hanno mai inteso collaborare con le autorità e non avrebbero mai riferito una circostanza così rilevante per la tesi accusatoria e tale da indurre non solo ad incolpare genericamente un proprio sodale, ma anche ad individuare più elevati livelli con i quali i Nar erano connessi nelle loro iniziative pseudospontaneistiche.

Basti prendere atto delle plurime dichiarazioni incongruenti e non credibili rese da tali soggetti nel corso dei vari procedimenti che li hanno interessati, sia riguardo alla propria posizione, sia riguardo a quella dei complici. Sempre sotto il profilo della credibilità intrinseca ed estrinseca della dichiarazione, si deve aggiungere che Sordi riferì le medesime circostanze nel primo dibattimento relativo alla strage (cfr. sentenza Corte Assise Bologna 11.7.1988, 2.2.5.3) ove affermò, all’udienza del 20.1.1988 che era risaputo che Fioravanti fosse "un noto frequentatore di Signorelli Paolo".

Egli ha ribadito tali dichiarazioni nel processo svoltosi contro Gilberto Cavallini, affermando non solo che Fioravanti aveva rapporti personali con Signorelli e Calore, ma anche che Fioravanti fosse in contatto con la P2 e che il tramite fra Valerio e Gelli era stato De Felice, come più volte gli era stato detto da Cavallini.

Inoltre, come si vedrà, le sue dichiarazioni trovano riscontro in quelle rese da Gianluigi Napoli, il quale ricevette le confidenze fattegli in carcere da Pierluigi Scarano, secondo le quali Signorelli aveva partecipato a varie cene con Gelli e uomini della P2, ad una delle quali era presente anche Fioravanti.

Nel primo procedimento penale per la strage, Fioravanti e Signorelli non negarono di conoscersi ed ammisero alcune frequentazioni, sia pure tendendo a limitarle nel tempo ed a ricondurle ad un ambito di meri rapporti di convivialità.

Tali dichiarazioni devono reputarsi inattendibili, trovando palese smentita nella deposizione di Sordi, che ha fatto, invece, cenno ad una stretta relazione esistente tra il professore e il fanatico terrorista in un periodo nevralgico, pochi mesi prima della strage di Bologna.

Ciò non può costituire una mera coincidenza, se solo si pensa che l’ideologo nero professava la necessità di una guerra armata contro lo Stato e che Fioravanti non solo condivideva tale progetto, ma se ne era già rivelato uno spietato quanto scrupoloso esecutore, avendo già commesso un numero rilevante di attentati e di omicidi politici.

Si tratta, dunque, di dichiarazioni di comodo, volte evidentemente a celare quale fosse il reale tenore di quel rapporto.

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