Se indubbia appare quindi la valenza politica che l'intreccio tra ambienti militari e Loggia P2 assumeva nelle prospettive e nei piani di Licio Gelli, un ulteriore approfondimento analitico ci dimostra che tale connotazione politica non rimaneva astretta ad un piano di generica e velleitaria progettazione, ma trovava concreti sbocchi di pratica attuazione. Tale è l'esempio che ci viene fornito dalle vicende relative alla divisione Carabinieri « Pastrengo » di Milano
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi
L'elemento invece al quale va prestata adeguata considerazione, e che contraddistingue con carattere di specificità la Loggia P2 ed il suo intervento in questi ambienti, è per contro quello della spiccata connotazione politica che al complesso di tali affiliazioni veniva attribuita da Licio Gelli, al quale faceva riscontro, secondo gli atti in nostro possesso, l'accettazione da parte degli iscritti di tale impostazione.
Ne è esempio la riunione dei generali tenuta a Villa Wanda nel 1973; ed è in proposito da rilevare che i discorsi che in tale occasione si tennero non erano del tutto nuovi, ma anzi possono ritenersi in certa misura abituali se di essi abbiamo almeno un altro significativo esempio documentabile, quale la lettera che, nel 1972, il Gelli inviò agli elementi militari iscritti alla sua loggia — missiva che non sappiamo se diretta a tutta la categoria o solo agli elementi di maggior spicco — nella quale dai discorsi di condanna generalizzata del sistema, che già abbiamo segnalato, si traeva la conclusione che solo una presa di posizione molto precisa poteva porre fine al generale stato di disfacimento e che tale iniziativa poteva essere assunta soltanto dai militari.
Siamo, come si vede, di fronte ad una impostazione politica ben definita che si pone al margine della legalità repubblicana e che non solo non viene dissimulata ma è oggetto di valutazione e di esame presso alte gerarchie militari.
Essa segna certamente un salto di qualità rispetto al tradizionale interessamento massonico per le gerarchie militari, testimoniato tra l'altro, presso la Commissione, dai documenti relativi alla camera tecnico-professionale coperta dei militari, costituita presso la comunione di Piazza del Gesù, dai quali si evince un interessamento a questioni di più ristretto profilo, quali la gestione delle carriere o degli incarichi.
I due riferimenti documentali citati assumono poi piena credibilità quando si consideri come le ventilate ipotesi di soluzioni di tipo autoritario trovano un adeguato e conforme retroterra politico nella ideologia spiccatamente conservatrice — calata in una prospettiva di avversione al sistema nel suo complesso, e come tale sostanzialmente eversiva — consegnata al nostro esame dalla documentazione in possesso della Commissione, più volte citata.
Se indubbia appare quindi la valenza politica che l'intreccio tra ambienti militari e Loggia P2 assumeva nelle prospettive e nei piani di Licio Gelli, un ulteriore approfondimento analitico ci dimostra che tale connotazione politica non rimaneva astretta ad un piano di generica e velleitaria progettazione, ma trovava concreti sbocchi di pratica attuazione.
Tale è l'esempio che ci viene fornito dalle vicende relative alla divisione Carabinieri « Pastrengo » di Milano, in ordine alla quale il tenente colonnello Bozzo, che in essa ha prestato servizio, ha testimoniato della «presenza di un vero e proprio gruppo di potere al di fuori della gerarchia ... che aveva una matrice comune nella provenienza di servizio dalla Toscana». Il gruppo comprendeva il generale Palumbo comandante della divisione, il maggiore Antonio Calabrese e il generale Franco Picchiotti, la cui presenza ai vertici dell'Arma ne contraddistinse il «periodo di maggior splendore».
Succeduto al Palumbo il generale Palombi, estraneo al gruppo citato, la gestione di questi venne contrastata con il trasferimento a Milano di due ufficiali, il tenente colonnello Panella ed il tenente colonnello Mazzei, che risultano iscritti alla Loggia P2, e con il distacco (un'iniziativa dello Stato Maggiore dell'Arma) del Servizio speciale anticrimine, che si era segnalato per i brillanti risultati ottenuti specie nella lotta al terrorismo, dal comando di divisione alla legione di Milano e quindi alle dipendenze del Mazzei e del Panella.
Il Mazzei ebbe in seguito a subire procedimento disciplinare per la protezione offerta al professore Piero Del Giudice, imputato di reati connessi con fatti di terrorismo; prima della chiusura di tale procedimento il Mazzei diede le dimissioni dall'Arma assumendo presso il Banco Ambrosiano un incarico per lui appositamente creato e che al suo decesso non venne ulteriormente ripristinato
La situazione sommariamente delineata si presta a due osservazioni: la prima è relativa al riscontro che essa trova nell'appartenenza di tutti i nominativi del gruppo citato alla Loggia P2, e in particolare alla circostanza che tre di essi (Picchiotti, Palumbo, Calabrese) sono altresì presenti alla riunione in Villa Wanda del 1973.
La seconda concerne il rilievo strategico e politico che il comando della divisione «Pastrengo» venne ad assumere nella seconda metà degli anni settanta nella lotta contro il terrorismo, che faceva di quell'incarico un punto nevralgico sia per l'importanza della piazza di Milano sia perché la divisione ha competenza territoriale estesa a tutta l'Italia settentrionale. Il generale Dalla Chiesa ha deposto in proposito denunciando l'impressione ricevuta, durante il suo comando alla brigata di Torino, di una scarsa collaborazione da parte degli elementi della divisione di Milano.
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