Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti


Su questo fondamentale episodio, la Corte dispone di un imponente apparato documentale, che va dalle 2227 pagine delle annotazioni, rapporti e relazioni, prodotte per l’a.g. dall’ispettore Cacioppo e dalla squadra di investigatori messa a sua disposizione alla svolta degli anni duemila dalla Divisione generale della Polizia di Prevenzione, orientata dopo gli scandali degli anni precedenti a fornire il maggior supporto alle indagini, sviluppate alcuni anni prima dal giudice Salvini e da altri magistrati con il fondamentale supporto dell’allora capitano Giraudo e del Ros, dai giudici veneziani che indagavano su Gladio, sull’attentato all’aereo militare Argo 16 e sui depistaggi di Peteano, all’imponente memoria dei pubblici ministeri bresciani, alla mole di relazioni, perizie, documenti delle Commissioni d’indagine, testimonianze, atti giudiziari.

Va considerata a parte la fondamentale sentenza della Corte di assise di Milano del 22 luglio 2015, passata in giudicato, autentica svolta nelle acquisizioni giurisdizionali sulla strategia della tensione e sulle stragi, dopo i tragici fallimenti dei primi anni.

La tenacia nell’indagare, l’ostinata ricerca della verità, la rottura con opache compromissioni degli anni Ottanta e Novanta, probabilmente il passaggio ad una diversa fase storico-giudiziaria hanno permesso di ottenere le prime conferme giudiziarie.

E del resto è il percorso compiuto nei primi tre processi per la strage di Bologna che ha permesso di giungere a questo quarto processo, il quale si qualifica per un capo d’imputazione, pur mutilato di imputati, che richiede la ricostruzione di un contesto, fin qui rimasto tra le pieghe delle motivazioni delle importanti sentenze che sono state pronunciate in passato, due delle quali in giudicato.

La sentenza milanese sulla strage di Brescia, dopo i tortuosi percorsi del passato, giunge al culmine di un’indagine che ha affrontato, anche col supporto di consulenze storiche e archivistiche, temi tuttora al centro della nostra attenzione. Non potendo neppure per sintesi riprodurre tutti i fatti accertati nel contesto delle indagini bresciane, ci limitiamo a richiamare i principali temi affrontati nella memoria del p.m. A oltre quaranta anni dai fatti di Bologna e a quasi Sessanta dall’inizio della strategia della tensione, restano temi attuali.

Come ha scritto il prof. Giannuli essi hanno marcato definitivamente il funzionamento del sistema politico italiano e scavato in esso una traccia durevole.

Richiamare gli argomenti della memoria dei pubblici ministeri bresciani consente di avere un’idea anche solo per titoli di quasi cinquanta anni di indagini, tuttora in corso. Esse spiegano anche la complessità di questo processo.

Quella "memoria" aiuta a capire come la ricostruzione di quanto appurato da investigatori, pubblici ministeri, giudici con un lavoro tenace e certosino non può rimanere nascosto negli archivi e nelle biblioteche, ma è materia viva, necessaria per approfondire la ricerca della conoscenza giudiziaria, fino a quando ciò sarà possibile, perché, a meno di improbabili confessioni da un ambiente che ha fatto del segreto e del!’ omertà ragione di vita, la comprensione e la spiegazione dei fatti non può che provenire da una completa, complessiva e integrata conoscenza delle carte giudiziarie, dove ogni singolo elemento della smisurata serie di elementi accertati deve andare al suo posto per rendere leggibile l’immagine.

Si tenga conto che ogni indagine di questa natura è non solo il racconto di un percorso verso la verità ma è soprattutto, e purtroppo, il percorso dei depistaggi, delle deviazione, degli ostacoli, degli errori e delle incomprensioni, cumulatesi a fianco del lento avanzare delle verità provate. È anche la inevitabile ricreazione di un contesto, perché è dal contesto storicopolitico-giudiziario che gli indizi traggono tutto il loro significato.

E dunque, in estrema sintesi, l’opera ricostruttiva dei pubblici ministeri tocca temi che sono rilevanti per tutti coloro che si occupano in sede giudiziaria del contesto storico.

E si va dallo studio dei rapporti tra Stati Uniti e Italia dagli anni ’50 fino ai primi anni ’80 con le relazioni archivistiche dei consulenti Cipriani e Giannuli per l’a.g. e per la commissione stragi, su documenti rinvenuti negli archivi americani, alla perizia del prof. De Lutiis. Dallo studio del supplemento B2 al Field Manual 30-31, alla ricerca su storia, struttura, uomini e relazioni con l’intelligence USA da parte dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno.

In questo ambito spicca la figura di Federico Umberto D’Amato, uomo di fiducia degli americani e funzionario Nato, anche qui con l’ausilio di consulenze storicoarchivistiche sulle "carte D’Amato". Si passa quindi alla figura di Walter Beneforti, personaggio chiave nei rapporti tra la divisione affari riservati e gli americani, a quella di Paul Driscoll della Cia, alle vicende di quel gruppo operativo. Quindi la testimonianza di Carlo Digilio, determinante per le indagini e le sentenze sulle stragi di Milano e di Brescia, voce dall’interno di Ordine Nuovo, rivelatrice delle azioni eversive di quel gruppo tra Veneto e Lombardia negli anni ’70.

Le figure di Marcello Soffiati e Sergio Minetto, quelle di Zorzi e Maggi. Le perizie balistiche ed esplosivistiche, fondamentali per l’indagine sull’attendibilità di Digilio, sulla natura e provenienza dell’esplosivo, le implicazioni, la matrice. Ancora il ruolo svolto da Digilio per conto della CIA e della struttura informativa

americana, la sua attività di informatore. I risultati delle indagini di Giraudo. I referenti americani di Digilio, David Carret e Teddy Richards e la loro identificazione. La rete spionistica americana secondo il racconto di Digilio. La figura di Lino Franco e la ricerca del fondamentale casolare di Paese, deposito di armi e munizioni dell’organizzazione ordinovista, la cui accertata esistenza (purtroppo tardiva per il processo di piazza Fontana) risulterà determinante per l’attendibilità di Digilio. Le figure di Leo Joseph Pagnotta e di Joseph Luongo secondo le informazioni rese da Tramonte, fonte Tritone, con la sua ricca produzione informativa. La testimonianza di Martino Siciliano.

La preparazione della strage di Brescia, le riunioni, i promotori, gli organizzatori, i decisori e il ruolo tecnico dell’Aginter Press; la storia di questa struttura. li MAR di Carlo Fumagalli.

La testimonianza di Tramonte all’autorità giudiziaria. La storia di Ordine Nuovo e la gestione politica della strage di Brescia. I campi paramilitari e le indagini tecniche (timers, contenitori, esplosivo) negli episodi stragisti di Brescia e Milano. Campi paramilitari con istruttori dell’ Aginter Press.

Riunioni a casa Romani dove si decise la strage di Brescia e partecipanti. Altre riunioni (Verona). Altri attentati e colloqui investigativi di Tramonte col capitano Giraudo. La figura di Guerin Serac. L’intera vicenda della collaborazione di Tramonte.

La figura di Marco Affatigato e gli attentati di Ordine Nero. I rapporti di Maggi con la struttura di intelligence americana, la sua propensione per le stragi, gli attentati proposti e non realizzati da Maggi. I testimoni, Pio e Pietro Battislon, Vinciguerra, Dedemo, Raho, lzzo, Andreatta, Zotto, Romani, Segato, Gerardini. I discorsi di Maggi sulle stragi, i suoi rapporti con Delle Chiaie. La rivendicazione della strage di Brescia e le ammissioni di Maggi.

La documentazione sequestrata a Gian Gastone Romani e le sue dichiarazioni.

Tutta la vicenda sulle presunte pressioni esercitate dal capitano Giraudo su Digilio e Maggi dietro le quali si è riusciti a screditare l’eccezionale lavoro dell’investigatore (vedi sentenze della Corte d’assise di Milano del 2001 e quella della Corte d’assise d’appello). L’azione di Zorzi sulle indagini.

Segue il capitolo su Marcello Soffiati, i suoi interrogatori, le sue dichiarazioni, varie altre testimonianze (Persic, Cavallaro, Turrini, Bandoli, Vignola, Bressan, Panizza, Lo Presti, Stimamiglio, Affatigato, Azzi ecc,) e i rapporti di Soffiati con la massoneria. Quindi la posizione di Giovanni Melioli e la vicenda della morte di Silvio Ferrari con l’insieme delle testimonianze su tale fatto. La rivendicazione della strage e la connessione con Bologna.

Ancora un intero capitolo della memoria è dedicato alla figura di Delfo Zorzi e agli elementi di prova a suo carico, risultati ancora una volta insufficienti. Per quanto concerne i nostri argomenti la memoria bresciana contiene una parte di interesse sui rapporti di Zorzi con la polizia, in particolare sul "reclutamento di Delfo Zorzi da parte dell’Ufficio Affari Riservati"; i rapporti di Zorzi con il Ministero del! ’Interno e le accuse di Vinciguerra a Zorzi.

Il medesimo capitolo si occupa a lungo Zorzi: progettata evasione; disponibilità di armi ed esplosivo; le accuse di Martino Siciliano nei confronti di Zorzi; ruolo, rapporti, frequentazioni di Zorzi e uso di esplosivi fino al 1974; pressioni su Siciliano e complesso di indizi a carico di Zorzi.

Altro capitolo interamente dedicato ali’ Aginter press e ai suoi rapporti con Ordine Nuovo. La derivazione dei fogli d’ordine di Ordine nuovo dai manuali di condotta del!’ Aginter Press.

La fonte Aristo del Ministero dell’interno. Il complesso delle indagini sulla strage e il ruolo di altre figure che vi avevano interferito, intrecci, interferenze, deviazioni. Infine i rapporti del MAR con i carabinieri e il ruolo del capitano Delfino. Un compendio imponente di dati, notizie, informazioni sugli intrecci, le deviazioni, le trame che si sono dipanate dietro questa, come dietro le altre vicende degli anni in esame.

Tutto il materiale investigativo disponibile può essere così sintetizzato.

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