Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Vitrano Arturo nel rapporto di denunzia è indicato come accolito di Alberti Gerlando e come sospetto autore dell’omicidio di Leonforte Emanuele.

È accertato che il Vitrano era legato a Giuseppe Calò insieme col quale, alcuni anni fa, venne fermato e sottoposto alla diffida. Assume il Vitrano di avere lavorato con continuità come autista prima par conto proprio, con un’autovettura affidatagli da certo Russo Rosario e poi alle dipendenze dell’impresa edile Siviglia. Il costruttore Siviglia ha confermato di avere avuto come proprio di pendente il Vitrano nel periodo 1962/1963 per un anno all’incirca, non come autista ma come guardiano notturno nel cantiere di corso Alberto Amedeo.

A parte il fatto che l’attività di guardiano, almeno sino a qualche tempo fa, era monopolio dei mafiosi, le modalità dell’assunzione del Vitrano, il quale si presenta al Siviglia e chiede, ottenendolo subito, un impiego, denotano certamente una forma di imposizione mafiosa.

Nel citato rapporto della Polizia Tributaria Vitrano Arturo è indicato come elemento dedito al contrabbando di tabacchi in combutta con Buscetta Tommaso, Diana Bernardo, Mazzara Giacinto, Pennino Gioacchino ed altri. A questo proposito è sintomatico come egli, all’epoca, in cui esercitare l’apparente attività di autista da noleggio, fosse solite sostare in piazza Borsa o in piazza Bellini, che notoriamente sono frequentate da contrabbandieri e trafficanti.

Dallo stesso rapporto risulta che il Vitrano nello aprile 1962 si trovò a Torino e a Roma negli stessi alberghi in cui erano Buscetta Tommaso, Salvatore Greco “ciaschiteddu” (o “cicchiteddu”) e Salvatore Greco inteso “Totò il lungo” – non “l’ingegnere”, spostandosi con essi da Torino a Roma. Vitrano Arturo venne indicato da Ninive Tancredi come uno degli assidui frequentatori delle riunioni di mafiosi che avevano luogo nell’autorimessa di via Mazzini.

Infine, secondo le indagini dei Carabinieri del Nucleo di Polizia Giudiziaria e della Squadra Mobile, Vitrano sarebbe legato anche a Michele Cavataio, giacché nell’agenda tascabile sequestrata a quest’ultimo fu rinvenuta un’annotazione relativa a “Vitrano tel.254.144”. Gli accertamenti compiuti sull’utente di tale numero telefonico l’ostetrica Costantino Francesca hanno, però, confermato l’esistenza del vincolo associativo tra i due imputati.

Sorce Vincenzo, Ulizzi Giuseppe, Pomo Giuseppe, Ciunta Luigi.

La posizione di costoro è stata già esaminata nel corso del procedimento penale contro Angelo La Barbera + 42 ed è sufficiente riportarsi alle argomentazioni esposte nella sentenza di rinvio a giudizio del 25 giugno 1964, aggiungendo che nel rapporto di denunzia del 31 luglio 1963 i predetti sono indicati come pericolosi sicari legati ai mafiosi Badalamenti Pietro, Alberti Gerlando e Gnoffo Ignazio.

Sul conto di Sorce Vincenzo grava il dubbio della partecipazione, insieme con Buscetta Tommaso e Badalamenti Pietro, all’omicidio di Bernardo Diana. Nei confronti del predetto è rilevante quanto è risultato dagli accertamenti compiuti sulla sua attività lavorativa, dall’imputato categoricamente negata, alle dipendenze di Termini Nunzio, titolare della ditta Moka Termini, ben conosciuta por la ubicazione dei locali pasticceria Beka – nella centralissima via Raggero Settimo.

Secondo il Termini, Sorce fu assunto per intromissione di Salvatore La Barbera, con l’incarico generico della sorveglianza del personale, della riscossione di somme dovute da clienti per trattenimenti o cerimonie e della vendita del caffè di sua produzione. Dalla deposizione del Termini traspare la sua preoccupazione di non dire nulla che, a suo giudizio, possa metterlo in cattiva luce con i suoi poco raccomandabili clienti e con l’ancora meno raccomandabile dipendente, del quale disse di non ricordare né la retribuzione né il periodo di lavoro.

Senonché gli impiegati del Termini, Drago Gaspare, Rubbino Stefano e Troia Pietro, sono stati più chiari e precisi in merito alle misteriose mansioni esercitate da “Cecé” Sorce, giacché hanno dichiarato che l’imputato venne assunto, direttamente da Nunzio Termini con la qualifica di fattorino o manovale senza paga e senza particolari incarichi, col compito di occuparsi della vendita di partite di caffè, di cui era autorizzato a trattenere il guadagno.

Quale che fosse il suo incarico, certo è che Sorce se ne stava abitualmente nei locali della pasticceria. Appare, così, evidente che la presenza del Sorce nella pasticceria fu imposta al Termini da Salvatore La Barbera per motivi poco chiari ma certamente illeciti.
Forse Salvatore La Barbera intendeva, mediante in suo uomo di fiducia, esercitare un minuzioso controllo sulla florida attività commerciale del Termini, caduto sotto la sua “protezione” oppure voleva tenere in quel locale, per ragioni oscure, un fidato “guardiaspalla”.

E anche possibile che il La Barbera intendesse dare al Sorce una sistemazione apparentemente rispettabile, in modo da distrarre dal suo gregario l’eventuale attenzione sia degli organi di Polizia che dei suoi avversari. Certo é che Sorce Vincenzo, nel periodo della sua permanenza presso la ditta Termini, non fece né il fattorino né il manovale né il produttore.

Quanto a Giuseppe Pomo è da osservare che nulla di apprezzabile è emerso dalle deposizioni dei testi interrogati sulla sua attività lavorativa.

Il solo fatto che egli esercitasse il mestiere di commerciante di aglio, non esclude la sua appartenenza ad una cosca mafiosa, tanto più che, per il suo lavoro, era obbligato a frequentare il mercato ortofrutticolo, incontrastato campo di azione dei mafiosi.

Quanto ad Ulizzi Giuseppe, risulta dal rapporto in data 9 gennaio 1964 del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri e della Squadra Mobile che egli era compare e intimo del mafioso Gulizzi Michele, “influente” commerciante del marcato ortofrutticolo, al quale faceva capo anche Pomo Giuseppe, tanto è vero che il recapito telefonico di costui, annotato nell’agenda sequestrata nell’autorimessa Ninive, corrispondeva a quello dello “stand” del Gulizzi. La lunga latitanza dell’Ulizzi contribuisce ad avvalorare le risultanze processuali sull’appartenenza dell’imputato alla associazione mafiosa.

Infine l’attività criminosa di Giunta Luigi é messa in evidenza dal rapporto in data 22 gennaio 1964 della Squadra Mobile e del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri, per i suoi stretti legami con la cosca dei fratelli La Barbera-

Gnoffo Ignazio.

L’accusa di mafioso contenuta nel rapporto di denunzia del 31 Luglio 1963 trova conferma nell’attività di esattore esercitata da Gnoffo Ignazio per conto del suocero Pillitteri Costantino, rivenditore di tessuti a rate. Solo una “persona sentita” solo un “mafioso” è in grado, e ciò è notorio, di occuparsi utilmente della riscossione settimanale o mensile delle rate dovute dai codesti clienti di quei commercianti che praticano il sistema della vendita al minuto a lunghe scadenze.

Trattasi di una clientela indotta, per costume e mentalità, a sottrarsi in tutti i modi, con l’astuzia o la violenza, al mantenimento dei propri obblighi, per cui l’opera dell’esattore deve riuscire particolarmente persuasiva”.

Gnoffo Ignazio, fratello di Gnoffo Salvatore, temibile gregario della cosca dei fratelli La Barbera, risulta legato a Giunta Luigi, Pomo Giuseppe, Camporeale Antonino, Serce Vincenzo, Calò Giuseppe, secondo quanto emerge, oltre che dal citato rapporto, dal rapporto suppletivo in data 22 gennaio 1964 e dall’interrogatorio degli imputati.

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