Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Prima di procedere all'esame dei vari episodi delittuosi ed alla valutazione delle singole responsabilità in ordine al reato di associazione per delinquere aggravata, ascritto a quasi tutti gli imputati, ed agli altri reati in epigrafe, appare necessario soffermarsi sul fenomeno delinquenziale tipico della Sicilia, e più propriamente della Sicilia Occidentale, noto col nome di "mafia".
È ormai da un secolo, da quando cioè venne portata sulle scene, nel 1863, con strepitoso successo, la commedia di Giovanni Rizzotto intitolata "I mafiusi di la Vicaria", che la parola "mafia" é entrata nella terminologia corrente, con un significato sempre più sinistro, per indicare una caratteristica forma di malavita organizzata, che, adattandosi alla evoluzione dei tempi, alle condizioni ambientali ed alle contingenti situazioni politiche e sociali, assume ora gli aspetti tradizionali pseudobonari descritti da letterati e studiosi, a volte con malcelato compiacimento, ora quelli spietati e sanguinari di una delinquenza sfrenata e senza scrupoli.

La recente esplosione di criminalità, accompagnata a manifestazioni violente e spregiudicate, paragonabili a quelle del gangsterismo americano, con cui la mafia ha sempre avuto stretti legami, mai sufficientemente messi in luce, ha suscitato nell'intero paese un giustificato senso di allarme ed ha attirato l'attenzione degli organi dello Stato e dell'opinione pubblica sulla gravità ed imponenza del problema.
Che la parola "mafia" abbia appena un secolo di vita non vuol dire che anche il fenomeno della mafia sia posteriore all'Unità d'Italia, dal momento che le forme di delinquenza organizzata furono a lungo, sotto di verse denominazioni, una piaga cronica della Sicilia favorita o causata dalle arretrate condizioni politiche, sociali ed economiche dell'isola.
Della loro esistenza si ha un vivido esempio nella relazione riservata indirizzata il 3 agosto 1838 dal Procuratore Generale di Trapani, Pietro Ulloa, al ministro borbonico Parisio, in cui si parla delle "fratellanze" dominanti in diversi centri della Sicilia Occidentale, delle loro ribalderie e sopraffazioni, delle collusioni con le Autorità locali amministrative o giudiziarie, del terrore incusso dalle loro gesta ed infine dell'atteggiamento remissivo e rassegnato delle popolazioni.

Dopo il 1863 la mafia compie il suo ingresso ufficiale nelle cronache giudiziarie dell'isola e ne diviene la protagonista cruenta, circondata da un alone di fitto mistero, mai spezzato, oggetto di studi, di inchieste, di provvedimenti speciali e di operazioni di polizia, ultima e la più efficace quella del periodo fascista, legata al nome del Prefetto Mori, a volte apparentemente debellata, ma sempre viva e vitale, alimentata e rinvigorita, dopo periodi di temporanea ed apparente inerzia, dall'afflusso di nuove forze, dall'adozione di tattiche più moderne ad efficaci, dall'acquisto di alleanze ed appoggi in tutti i campi.
Nelle caotiche condizioni dell'ultimo dopoguerra la mafia trova il terreno più fertile per risorgere con rinnovata potenza e riconquistare completamente le posizioni perdute, specie dopo la distruzione, avvenuta con la sua collaborazione, dei resti delle bande armate che avevano infestato la Sicilia, dimostrando, in modo palese, la vanità degli sforzi compiuti negli anni intono al 1930 per abbatterla.
Non é questa la sede adatta per soffermarsi sulle origini della mafia, sulla sua evoluzione sino ai nostri giorni, sulla etimologia e sul significato della parola ed infine sulla nefasta influenza esercitata in ogni settore della vita sociale ed economica, anche perché tali argomenti, tutti di grande interesse ed attualità, sono stati ampiamente e profondamente trattati da giornalisti scrittori e giuristi.
È necessario soffermarsi sul fenomeno nelle sue odierne manifestazioni, giacché diversamente sarebbe pressoché impossibile pervenire ad una rigorosa e realistica valutazione dei reati per i quali si procede.
Anzitutto é bene ribadire che la mafia, come scrisse nel 1929 un insigne giurista, il quale ebbe ad occuparsi attivamente e direttamente del problema, rappresenta: «Uno stato psicologico tendente al più sconfinato individualismo, alla negazione dell'autorità dei pubblici poteri, alla sfrenata sete dell'arricchimento sopra e contro ogni altro interesse».
Mafia é perciò sopraffazione, prepotenza, coercizione dell'altrui volontà, cupidigia, per un fine puramente individualistico di potere ed egemonia.
Su questo sfondo psicologico, la comunione di interessi delittuosi, porta alla formazione di gruppi o aggregati, legati dal consenso dei singoli adepti, diretti da colui che riesca a imporsi sugli altri per le proprie doti personali, regolati da norme non scritte ma ferree ed inesorabili, dettate da antiche tradizioni e consuetudini, che attraverso la cooperazione e la reciproca assistenza mirano al raggiungimento di specifici fini criminosi, dando luogo a quella realtà giuridica che é l'associazione per delinquere.
In definitiva quindi mafia é associazione di persone, caratterizzata da uno scopo antisociale e delittuoso. In questo senso piuttosto che di mafia in senso generale, si deve parlare di "mafie" con riferimento ai vari aggregati criminosi che si formano e si diffondono nelle campagne, nei centri urbani, nei rioni di una stessa città, legati oppure no da vincoli più o meno stretti, secondo fattori puramente occasionali.

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