- L’outlook dell’Agenzia internazionale dell’energia esce a due settimane dal vertice sul clima di Glasgow ed è un avviso chiaro: stiamo andando a sbattere. Con le policiy globali attuali, le temperature salirebbero di 2.6°C.
- Non sono sufficienti nemmeno le promesse: se anche le mantenessimo tutte (e non lo stiamo facendo) arriveremmo solo al 40 per cento di taglio delle emissioni e non allo zero netto al 2050, orizzonte necessario per una vita sostenibile sulla Terra.
- L’obiettivo della pubblicazione è politico: spingere i leader mondiali a creare – tra G20 e Cop26 – il contesto per una transizione energetica adatta alla portata della sfida che abbiamo davanti.
Abbiamo fatto tanto, ma quello che stiamo facendo non è ancora lontanamente sufficiente per l’azzeramento delle emissioni globali dell’energia (tre quarti del totale). È questa la sintesi del World energy outlook diffuso ieri dall’Agenzia internazionale dell’energia.
Gli impegni presi finora ci porterebbero solo il 40 per cento di taglio delle emissioni e non lo «zero netto» al 2050, a parole l’obiettivo delle principali economie. Con le politiche energetiche attuali il risultato sarebbe un aumento delle temperature del 2.6° C, scenario catastrofico (oggi siamo a 1.1° C). Lo studio misura il gap tra quello che si fa, quello che si promette di fare e quello che serve davvero per una vita sostenibile sulla Terra. È la versione istituzionale e dettagliata del «bla bla bla» di Greta Thunberg al vertice di Milano: non stiamo mantenendo le promesse e comunque le promesse fatte finora non sono sufficienti.
Resistere, resistere
Della notizia sono cruciali due cose. La fonte: Iea è la più autorevole e conservatrice istituzione nel mondo dell’energia. La seconda è il momento: le due settimane tra il report e il vertice sul clima di Glasgow trasformano il World energy outlook in un grido d’allarme, l’ennesimo ma anche il più importante dei “fate presto” del 2021. Ironicamente, il report è uscito il 13 ottobre, Giornata internazionale per la prevenzione dei disastri naturali. C’è un’espressione centrale nell’outlook: «L’ostinazione dello status quo». Nonostante gli investimenti in energia pulita, l’industria delle fonti fossili sta resistendo alla transizione come un campione in carica che non vuole mollare la cintura.
La velocità della ripresa post pandemia ha portato a un forte rimbalzo nell’uso di carbone e petrolio e al secondo aumento annuale di emissioni più alto nella storia. La crisi del gas in Europa non è nemmeno lontanamente paragonabile allo shock energetico che stanno soffrendo Cina e India, dove i blackout di fabbriche e città sono continui e stanno portando a un massiccio ritorno di investimenti in carbone, la fonte che dovremmo dismettere più velocemente.
Nel frattempo i piani pubblici per la ripresa post pandemica (come il Pnrr italiano) hanno mobilitato solo un terzo dei fondi necessari per mettere il sistema su un binario sostenibile. Più a lungo rimaniamo incastrati nella dipendenza da fonti fossili, più i prezzi saranno volatili e le bollette cresceranno.
Tre scenari
Iea ha pubblicato il rapporto ieri perché i negoziatori impegnati a Glasgow possano recepirlo e digerirlo. Lo studio è articolato in tre scenari. Uno terribile, uno grave e uno desiderabile. Quello terribile è purtroppo quello reale, la fotografia del presente: lo chiamano Steps, Stated policies scenario, le politiche dell’energia al presente e prevede un aumento della temperatura di 2.6° C rispetto all’èra pre-industriale, un mondo nel quale nessuno vorrebbe vivere.
Poi c’è lo scenario grave, l’Aps, l’Announced pledges scenario, il mondo delle attuali promesse, non trasformate ancora in policy. Nemmeno questo è sicuro, perché ci porta a superare i 2° C, limite massimo dell’accordo di Parigi, arrivando a 2.1° C. Insomma, non stiamo mantenendo gli impegni attuali, ma se anche li mantenessimo non sarebbe sufficiente. Infine c’è lo scenario desiderabile, Nze, Net zero emissions, l’unico in grado di tenere viva la possibilità di un aumento a “solo” 1.5° C e conservare un pianeta nel quale valga la pena vivere. È uno scenario desiderabile anche per i consumatori: uno shock energetico come quello attuale nel 2030 costerebbe il 30 per cento in meno.
Cosa serve per arrivare a questo desiderabile scenario? Innanzitutto, tanti soldi. Per Iea 4mila miliardi di dollari in più, fondi privati guidati dalle policy pubbliche. È per questo che l’outlook esce ora: la responsabilità è tutta sulla politica, che deve creare un contesto nel quale le fonti ad alte emissioni smettano di avere futuro.
C’è da raddoppiare eolico e fotovoltaico, programmare l’uscita dal carbone (uno degli obiettivi di Glasgow è una timeline certa e sostenibile da parte di Cina e India), elettrificare trasporti e riscaldamento. Iea spinge sull’efficienza energetica: senza di essa il consumo continuerà a crescere, aumentando costi e difficoltà. E infine, nella tabella per la salvezza, bisogna ridurre le emissioni di metano e dare una spinta all’innovazione. Secondo Iea, oggi abbiamo la tecnologia per gli obiettivi al 2030, per quelli al 2050 servono strumenti ancora in fase di prototipo. «Se la strada davanti a noi fosse pavimentata solo di buone intenzioni, il viaggio sarebbe alquanto turbolento», si legge nell’outlook.
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