In piena ondata antiambientalista, tre leader del movimento nato nel 2019 si sono candidati. Per tutti l’obiettivo è difendere il Green Deal e rimettere la transizione al centro del dibattito
La nascita di Fridays for Future è stata uno dei fenomeni politici che più hanno influito sulle elezioni europee del 2019, era l’onda verde degli scioperi per il clima che avrebbe portato, nove mesi dopo, al Green Deal.
Oggi, mentre siamo nella fase di rigetto di quel ciclo, con le narrative antiambientaliste a fare da carburante per il populismo, alcuni di quegli attivisti, leader delle piazze nel 2019, hanno deciso di candidarsi alle elezioni europee.
Lo hanno fatto senza fondare un nuovo soggetto politico, come in Italia è sembrato essere a tratti almeno nell’aria, ma salendo a bordo di liste e partiti già pronti. Giovanni Mori, bresciano, è stato uno dei primi portavoce nazionali di Fridays for Future. Ingegnere, esperto di questioni energetiche, uno dei più bravi divulgatori italiani sulla mobilità sostenibile: si è candidato come indipendente nelle liste di Alleanza verdi sinistra, Nord-Ovest. Con lui anche il valdostano Andrea John Dejanaz, stessa circoscrizione e stessa lista (anche se di ortodossia Nicola Fratoianni e non Angelo Bonelli).
Anche Giacomo Zattini è stato portavoce di Fridays for Future, ha fondato il movimento a Forlì e, quattro anni dopo i primi scioperi si è trovato a spalare il fango della crisi climatica nei giorni dopo l’alluvione del 2023. Si è candidato alle europee nelle liste del Movimento 5 stelle.
Hanno un compito difficile: non sono famosi, l’ambientalismo italiano non ha prodotto volti noti e riconoscibili fuori dalle bolle, la campagna elettorale è breve, i territori da percorrere sono grandi, in tv ci vanno poco o niente, e soprattutto l’ecologia, oggi, è un tema con cui è difficile scalare il consenso. Ecco come ci stanno provando.
Giovanni Mori
A Giovanni Mori hanno detto così spesso che la sua corsa verso Strasburgo sarebbe stata impossibile che lui ha provato a ribaltare la sensazione di sconfitta inevitabile mettendo quella parola, «impossibile», nel suo slogan, aggiungendo: «Finché non lo facciamo».
Non è il suo primo tentativo con la politica istituzionale dopo gli anni dell’attivismo. Ci aveva provato anche con le amministrative di Brescia, con una lista – Brescia attiva – espressione quasi diretta del gruppo locale di Fridays for Future, tra i più vivaci d’Italia.
Non è andata bene (anche se Brescia attiva ha espresso una consigliera), ma a Mori non è passata la voglia di provarci. Si sta spostando in tutto il Nord-Ovest con un messaggio di ottimismo della volontà, da ingegnere con insolite doti comunicative (è anche un bravo stand-up comedian). «Oggi una transizione rapida e giusta sembra impossibile così come l’idea di Europa unita poteva sembrare remota alle persone che per prime l’avevano immaginata, durante la guerra, nel 1941. E così la settimana di lavoro in cui c’era il riposo e tante altre battaglie che da impossibili sono diventati poi normali, cose che oggi quasi diamo per scontate».
La sua campagna è un mix di europeismo e senso pratico, sui social e negli incontri prova a fare un lavoro che in questo contesto è difficile ma fondamentale: ricordare i benefici concreti della decarbonizzazione e dell’elettrificazione.
«La transizione va dimostrata praticamente, mostrando i benefici in bolletta. Le case green sono più economiche, perché hanno costi energetici più bassi». Numeri contro le narrazioni, non facile in un paese che fa campagna elettorale sui tappi delle bottiglie di plastica, come i manifesti della Lega. Da bresciano, è anche uno dei pochi Fridays a saper parlare la lingua delle imprese. «Per l’Europa rinunciare alla transizione sarebbe un suicidio industriale, non ce lo possiamo permettere».
Andrea John Dejanaz
Andrea John Dejanaz, professione insegnante, è il profilo più di sinistra tra gli ex Fridays in corsa alle europee. In quest’alleanza di precarietà funzionale permanente che è Avs, lui è considerato il ponte tra l’anima verde di Bonelli, di cui condivide temi e linguaggio grazie agli anni con i Fridays, e quella di sinistra di Fratoianni, dentro cui ha fatto tutta la militanza (era anche candidato, non eletto, nelle liste delle politiche del 2022).
«Il clima in questi anni ha perso la sua presa popolare perché alcune bugie corrono più veloci della verità, ma anche perché la transizione diventa lontana, e negativa, se si seguono solo i sacri principi del libero mercato, concorrenza e competitività».
Se Mori parla di reindustrializzazione, Dejanaz sceglie la strada della cura dei beni comuni. «In Europa è ancora possibile, ma si devono sbloccare risorse, è per questo che negli incontri parlo sempre di equità fiscale e armonizzazione dei regimi nel continente. Solo così possiamo liberare i fondi per avvicinare la transizione alle persone, rendendola meno minacciosa».
Giacomo Zattini
Di Giacomo Zattini da Meldola (Forlì) si possono dire tante cose, ma non che sia un ambientalista Ztl. È cresciuto in campagna, nella piccola azienda agricola di famiglia, fa volentieri video sul trattore, come un giovane Di Pietro, però è uno dei pochi che dalla bolla ecologista sanno parlare con il mondo rurale, anche a costo di portare avanti posizioni che nei movimenti non sono ortodosse.
Per Zattini non è per esempio il momento di togliere i sussidi pubblici al gasolio agricolo. «I trattori non hanno alternative, prima bisogna crearle, poi possiamo togliere i sussidi». È in alto nella lista Cinque stelle nel Nord-Est, è passato alle primarie da più votato nella circoscrizione, lo ha notato anche Giuseppe Conte, che ha fatto un comizio con lui a Forlì. È uno dei pochi rappresentanti della Romagna ferita dall’alluvione, e politicamente rimossa da allora.
«La devastazione nelle città è partita dalla colline e nelle campagne, dobbiamo iniziare a parlare concretamente di adattamento, perché quei disastri torneranno».
Ha una formazione in politiche internazionali, un’esperienza di lavoro all’Europarlamento, dove spera di tornare come eletto, e idee radicali: «La transizione senza giustizia sociale ed economica non mi interessa, voglio essere un costruttore di mondi nuovi, la transizione spaventerà finché non faremo capire che saranno i più ricchi e i grandi patrimoni a pagarla».
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