Il più ambizioso studio di attribuzione climatica mai condotto finora è stato pubblicato proprio giorno in cui Valencia contava i suoi morti. Le vittime dei dieci eventi estremi peggiori dal 2004 a oggi sono state 570mila, con la precisazione che le ondate di calore hanno probabilmente un impatto molto sottostimato in termini di costi in vite umane perché si tratta vittime di clima che nei paesi del sud globale non sono quasi mai registrate come tali
È solo una coincidenza che il più importante e ambizioso studio di attribuzione climatica mai condotto finora sia stato pubblicato proprio nel giorno in cui nella comunità valenziana si contavano i morti delle alluvioni lampo tra le peggiori della storia recente europea.
Non sappiamo ancora se World Weather Attribution si metterà al lavoro per cercare le impronte delle emissioni dei gas serra nel disastro spagnolo (anche se viste le proporzioni e le passate scelte del gruppo, è molto probabile che accada), ma nel frattempo abbiamo il risultato della loro indagine sui dieci eventi meteo estremi più gravi degli ultimi vent’anni su base globale.
La domanda che il gruppo di ricercatori dell’Imperial College di Londra ha sottoposto ai modelli è: questi eventi sarebbero stati così gravi e avrebbero fatto tutti questi danni e queste vittime anche su un pianeta non surriscaldato dalle emissioni di gas serra? La risposta, in ognuno di questi casi, è stata: no. La maggior parte delle vittime e dei danni erano evitabili. Sarebbero stati meno gravi, meno lunghi, meno forti.
Analisi dei disastri
La casistica analizzata dal World Weather Attribution includeva la siccità del 2011 in Somalia, una catastrofe umanitaria da 250mila morti, ma anche le ondate di calore in Francia dell’estate del 2015 (tremila vittime), quelle europee del 2022 (53mila morti), quelle del 2023 (37mila morti) e i cicloni tropicali hanno colpito Bangladesh (2007), Myanmar (2008, Nargis quell’anno fece 138mila morti), Filippine e India (2013).
Gli studiosi hanno attinto le statistiche ufficiali dall’International Disaster Database, il più ampio progetto di ricerca di epidemiologia delle catastrofi: in tutto le vittime dei dieci eventi estremi peggiori dal 2004 a oggi sono state 570mila, con la fondamentale precisazione che le ondate di calore hanno probabilmente un impatto molto sottostimato in termini di costi in vite umane perché si tratta vittime di clima che nei paesi del sud globale non sono quasi mai registrate come tali.
In ognuno di questi disastri era rintracciabile l’effetto dei cambiamenti climatici che hanno, per usare le parole consegnate giovedì a Domani dal climatologo del Cnr Giulio Betti, «drogato, adulterato, esaltato gli effetti».
L’ultimo anno ha mostrato ancora una volta l’enorme rilevanza conquistata dagli studi di attribuzione, cioè quelli che collegano i singoli eventi estremi al riscaldamento globale, e in particolare dal World Weather Attribution, il progetto di ricerca fondato dieci anni fa insieme al Red Cross Climate Center dai climatologi Friederike Otto e Geert Jan van Oldenborg (scomparso nel 2021).
I due ricercatori hanno provato come gli strumenti che la scienza usa per studiare il clima in avanti per anticipare il futuro possano essere utilizzati con profitto e rilevanza anche per fare la stessa operazione all’indietro, per comprendere il passato, anche quello recentissimo.
I modelli non soltanto sono in grado di dirci cosa potrebbe succedere a seconda dei diversi scenari di emissioni e riscaldamento ma anche cosa ci è appena successo e perché.
Utile al dibattito
Gli studi lampo su eventi come quello di Valencia ormai sono molto attesi nella comunità scientifica e politica, ma la rianalisi delle catastrofi degli ultimi vent’anni è sicuramente un salto di qualità e di ambizione del progetto. Il dibattito pubblico ha sempre più bisogno di riferimenti puntuali per orientarsi nell’aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi climatici estremi. Se il clima è una storia di cause e di responsabilità, l’attribuzione è la sua branca più politica e con maggiore rilevanza pubblica.
Infatti Otto, nel diffondere la ricerca, non si è fatta pregare per tirare le conclusioni di questa ricerca. «I cambiamenti climatici non sono più una minaccia distante. L’emergenza ha già aggravato eventi che hanno ucciso più di 570mila esseri umani. Questo studio deve aprire gli occhi soprattutto ai decisori politici sul fatto che le fonti fossili di energia e la deforestazione riscaldano il pianeta e distruggono vite. Se continueremo a bruciare petrolio, carbone e gas, questa sofferenza è destinata a continuare».
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