Il testo contiene una critica diretta a ogni forma di negazionismo climatico. Come spiega Jacopo Bencini di Italian Climate Network, è un modo per ribadire che «la Chiesa sta dalla parte della scienza»
Partendo da un livello provinciale, tanti in Italia avranno vissuto un pomeriggio di imbarazzo dopo aver letto l’esortazione apostolica Laudate Deum di papa Francesco, il testo col quale torna sui cambiamenti climatici otto anni dopo l’enciclica Laudato si’.
L’esortazione contiene un attacco non particolarmente diplomatico contro i negazionisti del clima, quelli che «nascondono, dissimulano, minimizzano» e non riescono nemmeno a distinguere i trend climatici dal meteo. Tenendoci a un livello più alto, come fa Jacopo Bencini, analista di Italian Climate Network, «il papa ribadisce che la chiesa crede nella scienza, che sta con la scienza, un terzo dell’esortazione è dedicato ai dati Ipcc sulla crisi climatica».
È un segno dei tempi potente un pontefice che invita, e che lo fa con questa fermezza, la politica ad attenersi alla conoscenza scientifica per il bene dell’umanità.
L’ultima chiamata
Prima ancora del contenuto, conta il tempismo. Laudato si’ fu diffusa nel maggio 2015, a pochi mesi dalla COP21 che ci avrebbe dato l’accordo di Parigi, il trattato internazionale sul clima. Nel 2023, Bergoglio torna sull’argomento dicendo che quel lavoro è rimasto incompiuto.
«Non reagiamo abbastanza, il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura». Come spiega Lorenzo Fazzini, direttore editoriale della Libreria editrice vaticana, che pubblica il testo, «il tono è ultimativo, tranchant, il papa ci dice: signori miei, siamo all’ultima chiamata. È raro che un pontefice torni su un tema già trattato con un nuovo pronunciamento ufficiale, per dire la stessa cosa ma con più forza. Conta molto il gesto in sé».
Ogni otto anni
Per tornare a parlare di clima, il papa ha scelto l’avvicinamento alla Cop28, citata esplicitamente in lunghi passaggi dell’esortazione. La prossima conferenza Onu sui cambiamenti climatici parte negli Emirati a fine novembre in un’atmosfera che potremmo definire di «rassegnato pessimismo».
Quel format di negoziato sta facendo sempre più fatica a portare risultati e difficilmente ci riuscirà a Dubai, sotto la guida diplomatica del ceo dell’azienda petrolifera di Stato, Adnoc. Come spiega Bencini, «Il papa oggi è l’unico leader mondiale che prova ad alzare l’asticella in vista di Cop28, parlando di riduzione delle emissioni fossili e dicendo che potrebbe ancora essere un appuntamento storico. Il papa prova a uscire dal cinismo e dal fatalismo».
Il suo linguaggio non è diverso da quello usato dal segretario generale delle Nazioni unite Guterres ma, come dice Bencini, «Guterres parla di clima una volta alla settimana, il p’apa una volta ogni otto anni».
Responsabilità
Laudate Deum è il testo di un pontefice che osserva con attenzione le dinamiche della transizione e il dibattito intorno a essa. Si vede anche che il centro di osservazione è inevitabilmente l’Italia.
Ci sono passaggi che sembrano scritti apposta per il nostro governo, come questo sul lavoro: «Spesso si dice anche che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico. La transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita, così come tutti gli sforzi per adattarsi ai danni del cambiamento climatico, sono in grado di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori», scrive.
Bergoglio risponde anche a un’altra obiezione anti-transizione: e allora la Cina? La Cina è il primo paese per emissioni ma, scrive il papa, «se consideriamo che le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei paesi più poveri».
Non sono parole che piaceranno a Biden o al suo inviato per il clima, John Kerry. «E non gli piacerà», aggiunge Bencini, «l’uso della parola “responsabilità”, che in diplomazia del clima è delicata da usare, che gli americani preferiscono sempre evitare e alla quale invece il Papa fa riferimento».
La carezza
Infine, c’è un passaggio sull’attivismo e le azioni di gruppi «detti radicalizzati», scrive testualmente, che però «occupano un vuoto della società nel suo complesso».
È la carezza del papa ai movimenti per il clima, da Fridays for Future a Ultima generazione (che per altro è sotto processo per un’azione ai Musei vaticani), un modo per dire: comprendo le vostre ragioni. È uno dei tanti richiami alla politica istituzionale e a tutte le sue mancanze.
È il vero tema di Laudate Deum: la scienza si è espressa, da tempo, era chiara già nel 2015, ora tocca a chi ne ha facoltà fare qualcosa. È il bersaglio più profondo dell’intervento pastorale: «la decadenza etica del potere reale mascherato dal marketing».
© Riproduzione riservata