- Il nuovo ddl del governo per multare gli attivisti climatici che imbrattano i monumenti è sproporzionato e ha attirato giuste critiche anche dall’opposizione.
- Ma dopo mesi in cui gruppi di tutto il mondo utilizzano questa forma di protesta, forse è il momento di usare questo decreto come un’occasione.
- Non perché gli attivisti non abbiano ragione, ma perché chi poteva essere sensibilizzato in questo modo probabilmente si è già sensibilizzato: ora bisogna parlare a tutti gli altri.
Sono passati pochi mesi dalle grandi polemiche di gennaio sulle azioni di Ultima Generazione, che allora aveva imbrattato il Senato con della vernice lavabile, e ora gli attivisti sono di nuovo al centro della scena. Il governo Meloni ha presentato un disegno di legge approvato ieri in Consiglio dei ministri che prevede sanzioni penali e multe da 20 a 60 mila euro per chi distrugge, disperde o rende «in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali» e da 10 a 40mila euro per chi «deturpa o imbratta» questi beni. Insomma, carcere e multe immense per combattere gli “eco-vandali”. Davanti a un’esagerazione tale, l’opposizione comincia a difenderli, perché certo sbagliano, ma è meno grave che evadere il fisco, per fare un esempio.
Una buona bilancia comunque sembra non ce l’abbia nessuno. Sarebbe più opportuno dire che è più grave investire nel fossile, praticare allevamento intensivo, pensare di trivellare il fondo degli oceani per cercare metalli rari senza preoccuparsi delle conseguenze, produrre 140 milioni di tonnellate di nuova plastica all’anno (sempre con fonti fossili).
Tutte queste cose insieme stanno causando danni infinitamente più gravi di una vernice lavabile su un muro. Perdite economiche incalcolabilmente maggiori. E irrimediabili perdite di vite umane, di altre specie animali e vegetali, di suolo. Ci si indigna per gesti che in confronto a tutto ciò sono minuscoli. Gesti che servirebbero a sensibilizzare e che sottendono una paura e una rabbia non solo giuste ma necessarie. È come se una persona si trovasse davanti a un mostro che sta per divorarlo e se la prendesse con un altro che gli tira la manica per dire: «Devi scappare». Tirare la manica non sarà educato, ma vuoi mettere?
La vernice vale la candela?
Detto questo, da gennaio a oggi ci sono state altre infinite azioni simili a quella sul Senato. Sono state imbrattate la statua di Piazza del Duomo a Milano, la fontana della Barcaccia a Roma, abbiamo visto la scena un po’ ridicola di un sindaco che si lancia su un ragazzo davanti a Palazzo Vecchio a Firenze.
E anzi, volendo uscire dal territorio italiano, tutto era cominciato da una torta lanciata sulla Gioconda al Louvre a maggio (ovviamente sul vetro, quindi senza povocare nessun danno effettivo); poi era stato il momento del purè di patate sul Pagliaio di Monet in Germania e di una zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh alla National Gallery di Londra (tutti sempre sul vetro) ad opera di Just Stop Oil e mille altri episodi simili. E da lì la vernice lavabile sui monumenti.
Le opere d’arte hanno fatto il loro lavoro: sono stati una cassa di risonanza potentissima e hanno dato voce a questi movimenti.
Passati diversi mesi e tornando in Italia, quella potenza sta scemando. I media continuano a parlarne ma, non fosse per il disegno di legge in questione, se ne parla sempre meno. Non solo: una parte dell’opinione pubblica, tutta la politica (compresa quella che si vorrebbe ambientalista) e molto giornalismo continuano a indignarsi per questa manica tirata. Continuano a guardare il dito invece di occuparsi di quello che indica. Nel frattempo c’è stato un accordo con la Libia per estrarre gas per 30 anni, ossia fino al 2050, la “scadenza” entro la quale si dovrebbe arrivare a zero emissioni. Non si è scomposto nessuno. E ci si può chiedere se il messaggio sia andato perfettamente a segno.
Ecco, allora forse questo disegno di legge può essere visto come un’occasione. Un movimento forte è un movimento agile: se gli viene tolta un’arma ne userà un’altra.
Sono mesi che l’arma è l’imbrattamento di opere d’arte. Magari è giunto il momento di trovare altri modi di tirare la manica. Non necessariamente meno “violenti” (che poi c’è ben poco di violento nell’imbrattare un oggetto senza nemmeno danneggiarlo), ma più comprensibili. Non perché non abbiano ragione, gli attivisti, ma perché chi poteva essere sensibilizzato in questo modo probabilmente si è già sensibilizzato: ora bisogna parlare a tutti gli altri. Bisogna trovare bersagli più leggibili, in modo che chi guarda capisca immediatamente il nesso tra bersaglio e messaggio.
Poi c’è un fatto. L’attivismo di Ultima Generazione punta alle aule di tribunale perché vuole espressamente portare la crisi climatica in tribunale, e in parte ha funzionato come abbiamo visto con il processo a Simone Ficicchia a gennaio, in cui si chiedeva una sorveglianza speciale ed è stato assolto perché un ragazzo preoccupato per il futuro del pianeta non è certo un soggetto pericoloso, anzi.
Ma la misura varata dal governo è un accanimento, immolarsi è più spesso inutile che efficace, e questo accanimento è estremamente specifico, tocca solo una delle mille armi che si possono usare convincere il mondo che l’incendio sta dilagando. Ci hanno messo mesi a decidere che imbrattare un muro è più grave di infiniti altri reati? Forse basta “spostarsi un po’ più in là” e in questo modo parlare, o provare a parlare, a tutti quelli che non hanno saputo far di meglio che indignarsi.
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