- L’approvazione della legge per il Ripristino della Natura da parte del Parlamento europeo ha suscitato sollievo e speranza.
- Oltre la lettura politicistica (sconfitta del tentativo di spaccare la maggioranza Ursula, in vista delle prossime elezioni) se ne profila una ideale. Si tratta di un progetto di grande ambizione, anche simbolica: la “riparazione” del male fatto alla natura dagli squilibri della modernità
- Ma una clausola già apre una falla nello scudo umanistico ed ecologico: garantendo eccezioni per tutto quello che concerne le infrastrutture militari e le esigenze della difesa. Come si concilierà la furia di Ammunition Production, il decreto Asap, e l’inerente rischio atomico, con il “ripristino della natura”?
Nature Restoration Law. Ripristino. Ristoro. Riparazione. Rigenerazione. Reintegrazione. Ricreazione… Il respiro di sollievo per la risicata approvazione il 12 luglio al parlamento europeo della legge sul Ripristino della natura tende a farsi soffio che rianima la lettera delle parole e le fa volare verso altezze teologiche.
«E vidi un cielo nuovo e terra nuova». Non schernitelo subito, questo attimo di respiro che già nell’immaginazione si distende nel largo dell’apocatastasi, la restaurazione del creato in tutta la sua gloria: la palingenesi che seguirà l’ecpirosi, l’universale conflagrazione che avrà ridotto il mondo in cenere. Non dite subito che questa esibizione di parole desuete è una prova ulteriore che la legge approvata è figlia dei green chic, roba fuori dal tempo e dalla realtà, come dice il ministro per le Imprese e il made in Italy Adolfo Urso, buona per l’ozio dei letterati oltre che per le ville dei ricchi. Ha un suo perché, invece, come ce l’ha il boato di giubilo con cui l’esito della votazione – 336 voti a favore (300 contro e 13 astensioni) – è stato accolto nel parlamento europeo.
Anche questo giubilo, del resto, può avere due letture, una alta e una più terra a terra. La seconda prevale generalmente nei commenti: il giubilo è per una temporanea vittoria della maggioranza Ursula sul tentativo del capogruppo Ppe Manfred Weber di spaccarla, configurando una maggioranza nuova con l’apporto dei conservatori meloniani (Ecr) e dei sovranisti (Id, Salvini, Le Pen, ultradestre); la posta sono le elezioni europee del 2024, il salvataggio, dovuto a una parte dei liberali (ma non i terzopolisti italiani) e a una quindicina di popolari dissidenti, si paga con una revisione al ribasso della legge. Il Green Deal europeo non è salvo.
Due letture: una politicistica, l’altra ideale
Se ho dato fiato alle trombe dell’Apocalisse – in retorica si chiama amplificatio – è per suggerire, magari con un sorriso, un’altra lettura. Più “alta” – intendendo più vicina agli ideali per cui l’Ue era nata. Non certo soltanto perché Altiero Spinelli il problema lo affrontava già nel 1972 (Una sfida per l'Europa: lo sviluppo industriale e il problema ecologico, il Mulino 3/1972), ma perché «la Restoration law è …la legge più importante fin qui concepita dall’Unione europea in ambito ambientale, è un faro per il mondo intero, tanto che nazioni come il Canada e gli Stati Uniti la stanno già studiando per replicarla nei loro contesti».
Lo dice, intervistato da Cristina Nadotti su Repubblica, Roberto Danovaro, docente di Biologia marina che l’Ue ha nominato coordinatore della parte della legge che riguarda gli ecosistemi marini (Progetto Redress), riconoscendo qui un’eccellenza di ricerca italiana. E perché la legge punta a «riparare» l’80 per cento degli habitat europei devastati. E infine, checché ne pensino sociologi e politologi, non sono solo le viscere (odio, paura) che gonfiano, in politica, la feccia: ma è anche il deserto del cuore, cioè degli ideali credibili, che demotiva chi potrebbe resisterle – i molti che non votano più.
Non c’è forza più potente delle idee che somigliano al bene, negli affari umani: infatti la tragedia della storia è quasi tutta nel potere di persuasione con cui i demagoghi – e oggi purtroppo anche i leader del mondo – sfruttano i nomi del bene per farne bandiere di guerra e di morte. Ma una legge che intende “riparare”, “restituire”, “ristorare” – ascoltatela nei suoi termini – può forse prestarsi al torvo e tragico abuso del bene? No. E per questo la legge ha dovuto aprire una falla proprio nel suo scudo ideale di etica della cura. Eccola la vera – potenziale – riduzione al nulla: la clausola che prevede esenzioni per a «effetti… eccezionali», in particolare le questioni dell’energia e le infrastrutture della difesa (Anna Maria Merlo, il manifesto, 13 luglio).
Il sorriso di Ursula e i due volti dell’Apocalisse
Ed è questa l’ultima ragione per la quale abbiamo evocato l’Apocalisse e il serafico visionario delle Cose Ultime, Origene. Perché se la palingenesi cosmica è dubbia, la conflagrazione universale che dovrebbe precederla lo è molto meno, dal momento che – in logica almeno – il fattuale, ciò che è già avvenuto, implica il possibile. A proposito di “maggioranza Ursula”. Certo quest’Europa ristoratrice si troverà in una bella tensione con la furia di ammunition production (Asap) che le è presa sotto Ursula, nel segno del suo sfingeo sorriso. Piombo, bombe, e centrali nucleari che saltano in aria non sono proprio il massimo di “ripristino della natura”.
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