La riconferma alla presidenza della Commissione Ue pone la questione del Green Deal. La volontà di proseguire lungo la strada iniziata nella prima legislatura sembra confermata dall’Agenda Strategica del Consiglio europeo. Il finanziamento rappresenta un elemento chiave per il successo del piano, successo sul quale si misurerà l’operato della nuova Commissione nei mesi/anni a venire
Oggi Ursula von der Leyen affronterà il voto del parlamento europeo che dovrebbe garantirle un secondo mandato alla guida della Commissione. Il voto sarà un termometro della fiducia dell’emiciclo rispetto ai risultati ottenuti durante gli ultimi cinque anni, e in particolare sulla misura simbolo che lo ha caratterizzato: l’European Green Deal.
Il Green Deal è nato come primo piano concreto per raggiungere gli obiettivi clima europei e garantire al tempo stesso competitività sui mercati internazionali.
Il percorso di approvazione delle sue componenti è stato tortuoso, e la fase di implementazione rischia di esserlo altrettanto. La politica europea, di qualunque colore, ha faticato a dimostrare di avere sotto controllo la transizione e di essere in grado di realizzarne appieno le potenzialità e mitigare gli effetti redistribuitivi indesiderati.
Questo ha rafforzato la percezione che il piano di transizione europeo sia da rivedere in alcune sue parti, una percezione enfatizzata in campagna elettorale anche dai Popolari europei, partito vincitore delle elezioni di cui von der Leyen è espressione.
Transizione verde e digitale
Qual è dunque la prospettiva per il Green Deal nella prossima legislatura se, come ci si attende, von der Leyen dovesse essere rieletta? In attesa delle linee guida politiche, l’Agenda strategica del Consiglio europeo, con la quale i capi di stato danno il proprio indirizzo alla nuova Commissione, offre qualche indicazione importante.
Nell’Agenda, approvata dai leader, il successo della transizione è dirimente per il futuro di un’Europa prospera e competitiva. Gli stati membri confermano che la transizione verde, insieme a quella digitale, sono un volano per la creazione di mercati, industrie e posti di lavoro di qualità – di qui l’impegno a supportare l’incremento della capacità manifatturiera europea delle tecnologie e prodotti a zero emissioni nette.
Se il Green Deal e gli obiettivi di neutralità climatica al 2050 non sembrano essere in discussione, gli equilibri del nuovo parlamento europeo imporranno però un altissimo livello di scrutinio rispetto all’atterraggio delle politiche di transizione nei paesi membri e nei vari settori economici e sociali. La rivoluzione sottesa al Green Deal avrà quindi bisogno di approcci innovativi rispetto alla sussidiarietà di azione tra Ue e stati membri, e di rivedere schemi consolidati.
Approcci innovativi
Approcci innovativi saranno da ricercare primariamente rispetto al finanziamento della transizione. La presenza di risorse economiche adeguate a cogliere le opportunità sul piano industriale e a gestire e distribuire gli impatti può fare la differenza, soprattutto all’interno dei gruppi e i settori economici più colpiti dal cambiamento.
In questo senso, anche il report sul futuro del Mercato unico, prodotto da Enrico Letta lo scorso aprile, sottolinea che il futuro dell’Ue dipende dal raggiungimento degli obiettivi climatici, e individua in un quadro finanziario unificato, in grado di favorire gli investimenti nei settori innovativi e sostenibili, una condizione chiave per il loro raggiungimento.
Inoltre, tra gli obiettivi principali del Mercato unico, secondo Letta, troviamo proprio la necessità di rendere l’industria europea compatibile con gli obiettivi della transizione.
La Commissione stima che siano necessari 620 miliardi di euro addizionali all’anno per finanziare il Green Deal. Eppure, i limiti imposti dal Patto di stabilità e crescita, recentemente aggiornato, impediscono alla maggior parte dei paesi europei, tra cui l’Italia, di finanziare la transizione.
Obiettivi e strumenti
L’Italia ha l’opportunità di rendere evidente l’incongruenza europea tra obiettivi climatici ambiziosi e assenza di strumenti di finanziamento accessibili in maniera equa per tutti gli stati Ue. Questa, più di qualunque revisione di specifiche misure, è l’opportunità da cogliere.
Anche in relazione alla tenuta del Mercato unico è fondamentale, quindi, ragionare su nuove regole fiscali, sulla possibilità di equipaggiare il bilancio europeo di risorse proprie e sul raccogliere capitali attraverso l’emissione comune di obbligazioni sul modello del Next Generation Eu, e di come vincolare queste risorse rispetto alla realizzazione del Green Deal.
La transizione dovrà essere resa operativa, nei tempi indicati dalla scienza, in modo concreto e sostenibile dal punto di vista sociale ed economico e il nodo del finanziamento resta uno di quelli centrali da affrontare. Il successo di un eventuale nuova legislatura a guida von der Leyen si misurerà proprio dalla capacità di realizzare una piena e completa implementazione delle politiche di transizione e dal loro finanziamento.
© Riproduzione riservata