- Il World Weather Attribution ha diffuso i risultati di un’analisi sul ruolo dei cambiamenti climatici nella sequenza di alluvioni in Emilia-Romagna a maggio.
- Abbiamo assistito a un evento senza precedenti, con una probabilità di verificarsi ogni 200 anni, ma non si può dire che quel disastro sia stato causato dai cambiamenti climatici. La domanda di fondo a cui devono rispondere è: aver riempito l'atmosfera di gas serra ha reso più probabile una catastrofe come quella?
- Lo studio non smentisce l’esistenza di un’emergenza climatica e la necessità di frenare velocemente l’aumento delle emissioni di gas serra: il problema è come la complessità della scienza viene ricevuta nel dibattito italiano e come il negazionismo di media e politica possa sfruttare questo studio.
Il World Weather Attribution ha diffuso i risultati di un’analisi sul ruolo dei cambiamenti climatici nella sequenza di alluvioni in Emilia-Romagna a maggio. I risultati di questo format di «studio rapido» sono che abbiamo assistito a un evento senza precedenti, con una probabilità di verificarsi solo dello 0,5 per cento ogni anno, quindi una combinazione meteo che possiamo aspettarci circa ogni duecento anni.
L’elemento più importante però è che secondo World Weather Attribution non si può dire che quel disastro sia stato causato dai cambiamenti climatici, e quindi non possiamo aspettarci che in quella regione eventi di questo tipo diventino più frequenti con l’aumento delle temperature. Inoltre nel suo impatto disastroso ha avuto un ruolo più grande la cementificazione del territorio.
World Weather Attribution
Il World Weather Attribution è una collaborazione di scienziati di varie istituzioni accademiche formata ad hoc ogni volta che si verifica un evento estremo di rilevanza pubblica, per studiarne l’attribuzione al contesto dei cambiamenti climatici. La domanda di fondo a cui devono rispondere è: aver riempito l’atmosfera di gas serra ha reso più probabile una catastrofe come quella? E la renderà più probabile in futuro? Precedenti studi di questo tipo avevano collegato al riscaldamento globale causato dalle emissioni di CO2 le alluvioni del 2021 in Europa (oltre cento morti tra Germania e Belgio), la siccità dell’anno scorso o il monsone del Pakistan del 2022. Secondo questa ricerca oggi non si può invece stabilire questo collegamento con gli eventi dell’Emilia-Romagna, che secondo World Weather Attribution sono stati qualcosa di raro e rimarranno rari anche con i cambiamenti climatici.
Questi sono i risultati dello studio, che ovviamente non smentisce l’esistenza di un’emergenza climatica, né l’urgenza di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, semplicemente non ne ha provato una causalità diretta con la catastrofe romagnola. Siamo di fronte a qualcosa che potrebbe intossicare il dibattito in Italia sul tema: c’è stata anche una discussione interna al gruppo di lavoro di World Weather Attribution, soprattutto tra i tre membri italiani e gli altri, su come questo risultato potesse essere strumentalizzato in un paese dove il negazionismo dei cambiamenti climatici nei media e in politica ha ancora tanto spazio e legittimità. Il World Weather Attribution però ha un protocollo su come vengono formulati questi risultati e ha deciso di seguirlo: sta all’Italia, alla sua società e la sua politica, riceverli nel modo corretto.
I limiti della scienza
L’attribuzione di singoli eventi ai cambiamenti climatici è una scienza preziosa, ma è necessario comprenderne anche i limiti. «Dire che il cambiamento climatico non ha avuto un ruolo nel disastro dell’Emilia-Romagna significa soprattutto dire che abbiamo ancora una conoscenza troppo limitata del cambiamento climatico», dice Davide Faranda, uno dei tredici autori di questo studio, specificando che per avere una risposta definitiva servirebbero più fondi, tempo e ricerca.
Faranda è un fisico dell’atmosfera specializzato in questo tipo di valutazioni, che conduce all’Institut Pierre-Simon Laplace di Parigi. Attribuzione di un evento singolo alla crisi climatica vuol dire provare a separare dalla variabilità climatica naturale il contributo umano, cioè l’aumento dei gas serra e delle temperature. «È come quando si fa ricerca farmaceutica dando a un gruppo il farmaco da studiare e a un altro il placebo», spiega Faranda.
Dato che non abbiamo un altro pianeta senza emissioni dove simulare un gruppo di controllo, l’attribuzione si fa con due strumenti: le simulazioni climatiche digitali e le serie statistiche del passato. Nel primo caso, si crea un modello della stessa regione per capire quanto sarebbe stato probabile quell’evento senza aumento di gas serra. Nel secondo caso si parte dai dati storici di lungo periodo. Entrambi gli strumenti sono utili, entrambi ci offrono una comprensione importante ma incompleta.
La sequenza di precipitazioni
Nel caso delle serie statistiche del passato, spiega Faranda, il team ha cercato una situazione in cui avesse piovuto così tanto per tre settimane di fila a maggio. «L’analisi che possiamo fare si schiaccia però su un solo dato: la sequenza di precipitazioni. Il problema è che venti giorni di pioggia intensa a maggio possono essere causati da dinamiche diverse tra loro: nel nostro caso reale tre cicloni mediterranei, ma potevano essere dieci temporali, o un solo ciclone. E non c’è nessun precedente di così tanta pioggia su un suolo sofferente a causa di una siccità».
Anche sui modelli bisogna usati dal World Weather Attribution per questa valutazione l’autore specifica che sono ancora poco a fuoco per il nostro bisogno di conoscenza: per una versione digitale del nostro pianeta in grado di simulare un mondo senza emissioni serve più capacità di calcolo di quella usata per questa ricerca. «I modelli che abbiamo usato hanno una risoluzione che va da 30 a 100 chilometri, per risposte più definitive sul legame tra crisi climatica ed eventi estremi serve un modello con una risoluzione di massimo un chilometro, solo con quella potremmo tenere conto di tutte le variabili meteo e geografiche delle singole regioni».
I costi della ricerca
La domanda allora è perché non si è scelto di fare una ricerca più accurata? La risposta di Faranda è netta: «Perché ci vogliono dieci milioni di euro. Serve un piano di ricerca più vasto e ambizioso, starebbe all'Italia finanziarlo per approfondire la sua conoscenza dei cambiamenti climatici sul suo territorio. Strumenti e tecnologie ci sono. In Francia abbiamo fatto simulazioni più specifiche sulle precipitazioni autunnali delle regioni del sud, che ci hanno dato risposte definitive sugli effetti del clima, che in quel caso siamo riusciti a provare». Da queste considerazioni nasce il dibattito interno al World Weather Attribution su come dovesse essere comunicata la notizia a un paese come l’Italia.
«Abbiamo proposto cautela, chiesto che il titolo fosse cambiato», spiega Faranda, «ci hanno risposto che esiste un protocollo e che non lo avrebbero cambiato». Siamo arrivati a una situazione in cui una delle più autorevoli istituzioni scientifiche mondiali valuta se trattarci come un caso speciale, perché qui è sempre più difficile avere un dibattito basato sulla scienza e la sua complessità.
La valutazione del World Weather Attribution specifica che il rischio di alluvioni sta crescendo in altre parti d’Italia, e che altri impatti della crisi climatica stanno aumentando, in particolare ondate di calore, siccità, innalzamento del livello del mare. È prevedibile, però, che alla filiera del negazionismo basterà leggere il titolo del comunicato stampa.
© Riproduzione riservata