Alessandra Prampolini, direttrice generale dell’organizzazione ambientalista, sostiene che l’attuale esecutivo tende a privilegiare misure favorevoli nell’immediato a certi gruppi di interessi, senza rendersi conto che nel medio-lungo periodo non solo danneggiano la società nel suo complesso, ma anche gli stessi gruppi a cui si voleva dare soddisfazione
Prima la siccità, poi le inondazioni in Emilia-Romagna, ora le grandinate al nord e il caldo eccezionale al sud. Ieri, dopo la pubblicazione del report Copernicus Climate Change Service secondo cui luglio 2023 sarà il mese più torrido di sempre, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha detto che siamo passati dall’èra del riscaldamento globale a quella «dell’ebollizione globale».
Fatti e parole davanti ai quali Alessandra Prampolini, direttrice generale del Wwf Italia dal 2021, prima donna ad assumere questo incarico, si sente, suo malgrado, come la mitologica Cassandra: «Si confermano gli scenari che già si erano delineati cinquant’anni fa, su cui è maturata una convergenza di tutta la comunità scientifica. Lo sapevamo, si è creato uno squilibrio nel rapporto tra sistemi umani e sistema pianeta che avrebbe causato una serie di conseguenze. Nel giro di meno di mezzo secolo abbiamo alterato tre quarti delle terre emerse, l’area verde di sicurezza che circondava le città sta sparendo a vista d’occhio. Oggi stiamo assistendo in presa diretta a eventi che avevamo previsto anni fa. Avevamo ragione, anche se non mi fa piacere dirlo».
È ormai assodato che i cambiamenti climatici sono causati dall’uomo, quali suggerimenti darebbe al governo?
L’Italia può fare moltissimo, perché è un paese ricco, è un protagonista nella regione del Mediterraneo, tra le più colpite dal cambiamento climatico, e infine è una delle aree a più alta biodiversità tra le nazioni avanzate. Il governo deve puntare sulla decarbonizzazione, deve ripristinare le aree naturali degradate e deve rivedere il concetto di tutela del territorio, arrestare il consumo di suolo, che nel nostro paese avanza al ritmo di 19 ettari al giorno. La cementificazione ha due effetti: la perdita di biodiversità, che a sua volta causa la crisi climatica, e l’aumento della fragilità del nostro sistema idrogeologico. Per quanto riguarda la decarbonizzazione dobbiamo puntare sull’elettrificazione e sulle rinnovabili senza aumentare le importazioni e le estrazioni di gas: secondo i nostri studi abbiamo ancora un potenziale di installazione di oltre 75 gigawatt di energia eolica e fotovoltaica.
Sull’elettrificazione della mobilità l’Italia è indietro e inoltre spinge sui biocarburanti: qual è la vostra opinione?
I biocarburanti inquinano e possono impattare negativamente sul territorio dove viene coltivata la materia prima in mancanza di controlli adeguati. Per quanto riguarda l’elettrificazione, pensiamo che con i fondi del Pnrr l’Italia possa dare una grande svolta. Ma notiamo una certa lentezza e una non chiara pianificazione dei passi che si debbono fare. Il Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima, dovrebbe diventare la linea guida della politica energetica del Paese e questo ancora non sta succedendo. E naturalmente è necessario rivedere i processi autorizzativi degli impianti di energia rinnovabile e individuare le aree idonee.
Il Wwf Italia ha criticato il governo per la sua opposizione alla legge europea per il ripristino della natura, definendo le dichiarazioni di alcuni ministri «incomprensibili e a tratti sconvolgenti». Può spiegare la vostra posizione?
In Europa per fortuna è stata votata una legge che stabilisce di ripristinare il 20 per cento del territorio terrestre e marino dell’Unione europea, il che non significa togliere spazio allo sviluppo o ai sistemi che garantiscono il sostentamento delle persone. Anzi: un ecosistema sano permette una vita migliore per i suoi abitanti. Dal nostro punto di vista la posizione del nostro governo e di chi si è opposto al provvedimento è dunque incomprensibile. Continuiamo a rimanere perplessi davanti alle dichiarazioni di alcuni esponenti del governo che minimizzano i fenomeni a cui assistiamo in queste settimane e non vogliono considerare le soluzioni che sono a portata di mano.
L’Italia è anche il paese che si oppone allo stop alla pesca a strascico.
Secondo noi c’è confusione su quale sia il modo migliore per tutelare gli interessi di alcune categorie: si ragiona con un’ottica di breve periodo senza rendersi conto che le misure favorevoli nell’immediato a certi gruppi di interessi, nel medio-lungo periodo non solo danneggiano la società nel suo complesso, ma anche gli stessi gruppi a cui si voleva dare soddisfazione.
Non ha l’impressione che il nostro attuale governo, per ragioni storiche e culturali, sia poco interessato ai temi ambientali?
Non so se le ragioni siano culturali o storiche, sicuramente quello che si nota è un’ottica di breve periodo, per dare soddisfazione immediata a pochi a scapito del benessere di molti. Quando si parla di indebolire la sfera delle aree protette, quando si vogliono depotenziare gli interventi previsti dalla legge europea sulla natura, quando non si dà la priorità ai piani di adattamento ai cambiamenti climatici, non si pensa al benessere futuro dei cittadini.
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