Ma dove siete, ragazzi dei venerdì per il futuro? Dove siete, ambientalisti, ecologisti – macché: dove siete umanisti e scienziati, giornalisti, scrittori? C’è una campagna elettorale: possibile che l’offerta politica che straborda da tutti i media debba ridursi a questo ingorgo di utilitarie impazzite intorno a una rotonda, il centro è qui, no là, giro io, no tu no, tocca a me, con te no? Ma è possibile che nessuno vi ascolti, voci della ragione? O siete afone, che non vi sentiamo neppure noi cittadini? Ci sono tutti i segni dell’apocalisse: i rondoni che cadono dal cielo, le mandrie che crepano nella polvere, gli incendi che divorano Europa e Americhe, i residui ghiacciai che crollano, i mari che inghiottono le città, e noi dobbiamo sentire tutti i giorni discettazioni su cosa fa Calenda?

Il disastro riguarda non solo l’Europa ma l’intero globo, i dannati della terra crescono con i deserti e migrano, e noi non abbiamo occhi che per le proporzioni locali delle coalizioni nei seggi? Dove sei, Europa? E perché sparisci anche dalla testa dei leader appena arrivano elezioni nazionali? Le guerre sono un male in sé, neppure i guerrafondai lo negano, e il modo per por fine alle guerre è federare le democrazie: ma allora non dovremmo alzare gli occhi oltre i patrii confini e chiedere più coerenza con la volontà di pace che ci ha già più o meno federati? Ognuno vede che questo intreccio di male - agonia della terra, ferocia delle guerre, pandemie - da qualche parte dobbiamo cominciare a scioglierlo – e allora perché dai politici su questo non c’è che silenzio – o una lingua talmente scialba e piatta da addormentare un ragazzo che mai aprisse un giornale?

Nichilismo passivo e nichilismo attivo

Nichilismo: sì, non c’è parola più adeguata di questa, che ha usato Daniela Padoan in un articolo del 5 agosto scorso su Avvenire. Nichilismo della disperazione, certo: la nostra, quella della gente che singolarmente “non può farci nulla”, o che piuttosto, per non rovinarsi le vacanze, distoglie lo sguardo.

Dall’ossame nei deserti, dai ghiacciai che crollano, dall’agonia del Po, dagli incendi che infuriano ovunque (ma in Italia la temperatura cresce più del doppio della media mondiale, scrive Gianluca Schinaia). E anche dalla guerra europea che oltre al suo carico di distruzione offre il pretesto per affossare la riconversione energetica. Ma riusciremo, con un soprassalto disperato della ragione, a stritolare sotto i suoi piedi almeno il nichilismo attivo? Sì, perché c’è anche quello: e oggi è qui che la sua minaccia incombe, come la coda di sorcio del drago apocalittico. Il nichilismo politico attivo.

Perseverare nella cementificazione è diabolico

Quello che, ora al governo della Lombardia, sta asfaltando e cementificando a più non posso, a suon di procedure sottratte ai controlli, tutto quello che cade nella morsa delle Olimpiadi Invernali 2026. Sapendo (o ignorando?) che il consumo di suolo è una delle cause maggiori degli squilibri ecologici; che l’Italia ne soffre in ragione di 8 mq al secondo (superiore alla media europea del 4,3%, dati FAI); che la Carta Europea del Suolo (1972) lo definisce “uno dei beni più preziosi dell’umanità” e “risorsa limitata” per eccellenza; che lo strato di humus attraverso cui la terra respira e la vita si ripara ci mette cinque secoli a prodursi; che le aree alpine sono, in Europa, le più fragili appunto perché il loro ecosistema è già squilibrato. E i nichilisti modificheranno anche la Costituzione, per procedere più spediti.  


 

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