Gli archeologi che lavorano con le comunità indigene hanno visto grandi resti urbani in rovina e le tecnologie di telerilevamento come il lidar (il sistema che dal cielo permette di “vedere” cosa c’è sotto la coltre degli alberi) stanno rivelando le impronte di vaste città fantasma.
Se si pensa all’Amazzonia prima dell’arrivo degli occidentali, che l’hanno depredata, deforestata e alterata, forse si pensa all’esistenza di un mondo così complesso e intricato dal punto di vista naturalistico che gli uomini che la frequentavano non erano riusciti in alcun modo a domarla o ad alterarla.
Nell’immaginario comune si pensa a piccole tribù difficilmente in contatto tra loro e sentieri che collegavano quei siti con aree di caccia o di pesca. Un ambiente incontaminato.
Ma forse questo è un quadro profondamente errato. Sta emergendo infatti, un dipinto molto diverso. Gli archeologi che lavorano con le comunità indigene hanno visto grandi resti urbani in rovina e le tecnologie di telerilevamento come il lidar (il sistema che dal cielo permette di “vedere” cosa c’è sotto la coltre degli alberi) stanno rivelando le impronte di vaste città fantasma.
Le prove di antiche attività umane, stanno ora facendo pensare che l’Amazzonia precolombiana fosse abitata da milioni di persone, alcune delle quali vivevano in grandi aree edificate, complete di reti stradali, templi e piramidi.
Va però detto che alcune idee su come vivevano gli abitanti dell’Amazzonia non sono errate. Ad esempio sembra proprio che non la deforestarono come hanno fatto gli occidentali. E sebbene sviluppassero società complesse, non realizzarono mai una rivoluzione agricola su vasta scala tale da lasciare profonde cicatrici sul territorio.
Un esempio di sviluppo di civiltà diverso da quella occidentale, che ha visto una marcia incessante dalla caccia alla raccolta per poi passare all’agricoltura, base della complessità urbana.
Le origini
Ma partiamo dall’inizio. Nonostante si conosca l’Amazzonia per la sua evidente biodiversità, è noto che la foresta pluviale amazzonica è radicata in un suolo impoverito. Ma già negli anni Sessanta questa certezza venne un po’ meno quando vennero alla luce “misteriose zone di terreno fertile”, note come terra preta (terra scura), misteriose perché sembravano aree lavorate artificiosamente da società del passato per aumentare la fertilità del suolo, un indizio che faceva pensare a comunità costituite da un gran numero di persone.
Quando poi, Michael Heckenberger dell’università della Florida a Gainesville iniziò a lavorare con i Kuikuro, un gruppo indigeno che vive nella regione dell’Alto Xingu in Brasile, pian piano il mistero si dipanò. Heckenberger raccontò di essere stato portato in vari siti che erano anche decine di volte più grandi del villaggio in cui abitano attualmente i Kuikuro. Era evidente che gli antenati avevano costruito su larga scala. Com’è stato possibile? La storia inizia quando l’uomo è arrivati per la prima volta in Amazzonia, tra i 27mila e i 13mila anni fa.
I primi amazzoni non hanno iniziato immediatamente a costruire grandi insediamenti nelle profondità della foresta pluviale, ma si sono tenuti ai margini del bacino amazzonico, dove esiste ancora una sorprendente varietà di paesaggi.
«Ci sono lussureggianti foreste sempreverdi, savane allagate stagionalmente, enormi aree di zone umide: è un mondo molto diversificato», afferma José Iriarte dell’università di Exeter, Regno Unito. «Fin dall’inizio, questi cacciatori-raccoglitori cercavano zone di transizione in cui poter sfruttare ambienti diversi». Le prove di questa fase iniziale della vita amazzonica sono conservate in diversi ripari di roccia in un’area della Colombia chiamata Serranía de la Lindosa.
I ripari, che Iriarte e i suoi colleghi stanno scavando dal 2015, mostrano segni di insediamenti umani risalenti ad almeno 12.600 anni fa. A quel tempo, l’Amazzonia era di qualche grado più fredda di oggi. Ma probabilmente la differenza più grande era la presenza di grandi mammiferi, tra cui bradipi giganti, gonfoteri simili a elefanti ed enormi ungulati.
La megafauna si era evoluta con la flora che produceva frutti abbastanza grandi da soddisfare la fame di enormi erbivori, incoraggiandoli così a disperdere i semi. Questi frutti, dall’avocado al cacao a varie forme di zucca, trovò rapidamente un posto anche nel menù dei cacciatori-raccoglitori, il che significa che i primi amazzoni avevano una dieta varia.
La rivoluzione
Purtroppo però solo 11.600 anni fa la maggior parte della megafauna era scomparsa, spinta all’estinzione da una combinazione di attività umana e cambiamenti climatici. A questo punto gli amazzoni iniziarono un nuovo modo per procurarsi il cibo.
Invece di limitarsi a cercarlo alcuni iniziarono ad addomesticare le piante. José Capriles della Pennsylvania State University, Iriarte e i loro colleghi hanno pubblicato la prima prova di questa coltivazione precoce nel 2020. Proviene dalle savane allagate dei Llanos de Mojos nell’Amazzonia boliviana.
Qui, il moderno paesaggio erboso è disseminato di curiose piccole colline, molte delle quali sono grandi circa un ettaro e ciascuna ricoperta da una fitta vegetazione. La ricerca ha dimostrato che quelle “isole forestali” sono cumuli creati dall’uomo, alcuni risalenti a 10.800 anni fa.
Oggi sostengono le foreste perché secoli di attività umana hanno reso i loro terreni più fertili delle praterie circostanti. La domesticazione di quell’ambiente aveva preso piede. Ben presto, oltre a coltivare queste colture di breve durata in piccoli giardini, gli amazzoni piantarono boschetti di alberi longevi, tra cui palme da pesco e noci del Brasile. Man mano che la portata di queste iniziative è diventata più chiara, i ricercatori hanno iniziato a riconoscere l’Amazzonia sud-occidentale come un centro indipendente di domesticazione delle piante, uno dei soli cinque al mondo.
A questo punto è difficile non credere che gli amazzoni non abbiano seguito la “normale” evoluzione: piccole tribù in espansione, poi agricoltura sempre più estensiva e quindi città, strade e soprattutto espansione verso altri territori. Ma non è quello che è successo in Amazzonia. Le ricerche sostengono che non c’è mai stata una rivoluzione agricola nella regione come quella che ha travolto l’Europa circa 10mila anni fa. Ci sono alcune prove di diffusione culturale, ma questa diffusione non è mai stata particolarmente forte, ossia non c’è mai stata un’espansione di una popolazione che ha travolto le altre.
Ma perché l’agricoltura non è si è espansa come in Medio Oriente o in Europa? I fattori ambientali potrebbero aver giocato la loro parte, non da ultimo, quei terreni amazzonici impoveriti. In realtà alcune società amazzoniche iniziarono a modificare il suolo per migliorarne la fertilità, creando le zone di “terra preta” che i ricercatori conoscono da decenni. Ma questo non accadde su larga scala, fino a circa 2500 anni fa. La ricerca di McMichael e Mark Bush al Florida Institute of Technology suggerisce che fu solo allora che le popolazioni umane iniziarono a crescere in modo esponenziale e le persone si diffusero liberamente nella regione.
Altre fonti di cibo
C’è chi sostiene comunque che l’agricoltura non si diffuse come in occidente semplicemente perché non venne ritenuta così importante come fonte di cibo. I primi amazzoni avevano accesso a fiumi ricchi di pesci e i loro orti e frutteti coltivati fornivano molta frutta e verdura sufficiente per vivere secondo i loro canoni. Perché faticare per avere mais o altri cereali quando ciò bastava loro per vivere? La mancanza di una agricoltura intensiva, potrebbe aver creato una barriera alla complessificazione delle società amazzoniche precolombiane. Controllare l’accesso a tali risorse sarebbe stato virtualmente impossibile, limitando l’opportunità per eventuali élite amazzoniche di emergere.
Questa ipotesi sembra concordare con le prove. Ad esempio, a partire da circa 1000 anni fa, il popolo Tapajó si è stabilito nell’Amazzonia centrale, dove ha costruito una rete di insediamenti basati su due grandi villaggi, Aldeia e Porto. Ebbene nonostante i grandi insediamenti non ci sono prove che ci fossero sedi di potere per un’élite dominante. Se i Tapajó sono un esempio di società amazzoniche, ciò spiegherebbe perché l’Amazzonia precolombiana è talvolta descritta come una regione in cui gli stati o altre forme di strutture gerarchiche permanenti non sono emersi.
Attenzione però, perché la realtà si rivela più complicata di quanto descritto. «I gruppi che vediamo oggi nella regione dello Xingu ad esempio e in altre aree sono molto gerarchici, nonostante vivano in comunità di non più di 100 persone», afferma Heckenberger. «E questo perché la loro eredità discende da società grandi, strutturate e altamente organizzate». Negli ultimi anni, la scansione degli insediamenti studiati dal cielo ha rivelato insediamenti altrettanto grandi in tutta l’Amazzonia, tutti edificati negli ultimi 2500 anni. Ci sono anche prove che alcuni di questi insediamenti erano collegati da estese reti stradali.
A volte erano costruiti su un sistema a griglia che ricordava Manhattan, con strade dritte larghe fino a 10 metri. Le scansioni hanno trovato anche segni di lavori di ingegneria, tra cui campi terrazzati, canali di drenaggio e dighe per la cattura dei pesci. Per non parlare dei monumenti. A Llanos de Mojos in Bolivia, spettacolari strutture, tutte costruite di terra, includono piattaforme a gradini e piramidi alte 22 metri edificate a partire da circa 1500 anni fa. Ma nonostante ciò le società dipendevano soprattutto dalla foresta e non dall’agricoltura intensiva. Questa dipendenza economica dalla foresta pluviale ha incoraggiato alcuni antichi gruppi a sviluppare un’intricata strategia di gestione del paesaggio chiamata "urbanistica da giardino", che non è esclusiva dell’Amazzonia.
Ma vi era o no un’élite di controllo? Un’ipotesi vuole che esistesse e che fosse sorta concentrando e intensificando la produzione di risorse acquatiche che potevano essere controllate dall’élite stessa. Un’altra idea vede le gerarchie formarsi accumulando “capitale politico”. In altre parole, l’autorità necessaria alle élite per comandare era radicata nel simbolismo piuttosto che nell’accumulo di eccedenze alimentari o beni prestigiosi.
Qualunque sia la spiegazione, il fatto che siano emerse società complesse conferma che lo sviluppo culturale umano, da cacciatore-raccoglitore ad abitante urbano, si è manifestato in una varietà di forme più ampia di quanto avessimo supposto.
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