L’Emissions Gap Report dell’Unep è uno dei rapporti più importanti dell’anno. Il motivo per cui esiste è darci una fotografia ciclica della distanza (il «gap») tra quello che facciamo e quello che dovremmo fare per rispettare gli obiettivi sul clima, tra l’azione e l’urgenza. Emissions Gap Report ha uno stile comunicativo peculiare.

Ogni anno sintetizza i dati che vengono riassunti in uno slogan. Lo slogan 2024 dell’Agenzia ambiente Onu Unep è: «No more hot air», «basta aria fritta». L’anno scorso era «broken record», «disco rotto», prima ancora «the closing window», «si sta chiudendo la finestra», e così via, in una costante infantilizzazione del discorso pubblico sul clima.

Due binari pericolosi

Prima informazione chiave: le emissioni non stanno calando. Nel 2023 sono aumentate dell’1,3 per cento rispetto al 2022, e hanno raggiunto un nuovo record: 57,1 miliardi di tonnellate di CO2. Emissions Gap Report divide il futuro in due tipologie, due binari: il futuro che coinciderebbe con stiamo facendo e il futuro che coinciderebbe con quello che ci siamo impegnati a fare. Entrambi i futuri sono climaticamente pericolosi, ma in modi diversi.

Il futuro di quello che ci siamo impegnati a fare è quello degli Ndc, i Nationally Determined Contribution previsti dall’accordo di Parigi, le promesse di riforma dei sistemi energetici, i piani di transizione dei singoli paesi, che andranno riaggiornati in vista della Cop30 del Brasile (molti saranno presentati già a Baku per Cop29).

Al momento, gli Ndc sono ancora insufficienti. Se tutti i paesi mantenessero tutte le promesse contenute nei propri Ndc, ma proprio tutte quante, fino all’ultimo pannello solare, il mondo si riscalderebbe «solo» di 2,6°C, comunque ben oltre i limiti dell’accordo di Parigi, il doppio di dove siamo ora. E poi nel report c’è scritto come sarebbe il futuro costruito da quello che stiamo effettivamente facendo ora, quindi il futuro delle policy reali.

Non le promesse ma i fatti. Se guardiamo i fatti e li proiettiamo sul futuro, il mondo secondo Emissions Gap Report si riscalderà di 3,1°C entro fine secolo. In questo modo, secondo Unep, l’obiettivo 1,5°C sarà perso in pochi anni e anche 2°C è in grave pericolo, e qui abbiamo la prima notizia di questo report, la scelta di considerare un contenimento delle temperature entro 1, 5°C un obiettivo ancora possibile («tecnicamente possibile», dice il rapporto), per il quale valga la pena spendersi, politicamente ed economicamente.

Purtroppo inizia a essere qualcosa a cui crede solo l’Onu: nell’ultimo anno sempre meno scienziati si sono espressi per dire che stare sotto +1,5°C sia ancora possibile.

Perdita di fiducia

La seconda notizia è che Emissions Gap Report contiene un’esortazione più forte rivolta al G20 che alla Cop29, come se anche l’Onu stesse perdendo fiducia nel processo Onu sul clima, ostaggio di petromonarchie, petrodittature e petrolobbisti. Se vogliamo stare dentro +1,5°C, le stesse emissioni che fino al 2023 hanno continuato a salire devono calare del 42 per cento entro il 2030 e del 57 per cento entro il 2035. Se vogliamo stare dentro un meno ambizioso ma più realistico +2°C, le emissioni devono calare del 28 per cento entro il 2030 e del 37 per cento entro il 2035. Riassumendo i numeri, per come siamo messi ora dovremmo tagliare il 7,5 per cento delle emissioni ogni anno da qui per i prossimi dieci anni per avere +1,5°C come tetto di riscaldamento e del 4 per cento per avere +2°C. Lo sforzo finanziario per la mitigazione deve aumentare di sei volte rispetto a quello attuale, un aumento che richiede, scrive Unep, «una riforma dell’architettura dei mercati finanziari», perché al momento le banche multilaterali di sviluppo non sarebbero strutturalmente in grado di provvedere, nemmeno se trovassero la volontà politica di farlo.

Dettaglio importante: non tutti gli investimenti sono incrementali, aggiuntivi, alcuni li faremmo comunque, perché la domanda di energia e lo sviluppo crescono comunque per conto loro e attirano risorse, il punto è indirizzarle verso la transizione e non verso la distruzione.

L’investimento incrementale, aggiuntivo, è tra 0,9 e 2,1 trilioni di dollari all’anno ogni anno da qui al 2050. Unep ricorda che il valore dell’economia mondiale è 110 trilioni di dollari all’anno.

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