Si è passati dalla negazione dei cambiamenti climatici a un programma vago e che prende impegni chiari solo su gas e autosufficienza, ma quello che davvero interessa sono le nomine di Enel e Eni.
L’Italia rischia di essere il nuovo alleato di Polonia e Ungheria nel fermare ogni impegno chiaro nella lotta ai cambiamenti climatici a livello europeo, senza averne alcun beneficio.
La campagna elettorale deve servire ad avere risposte dalla coalizione che tutti danno per vincente. Ci saranno altri tagli ad autobus, metropolitane e tram come fece Tremonti? Verrà proposto un nuovo condono edilizio, dopo i due dei Governi Berlusconi. La Meloni fermerà la riforma delle concessioni balneari come ha promesso?
Sono le cose non scritte o quelle trattate in modo ambiguo a far riflettere nel programma di governo presentato dal centrodestra per quanto riguarda i temi ambientali e climatici.
Rispetto al passato il cambiamento è netto, non si parla più di questi temi in termini di “lacci e lacciuoli”, di norme di tutela da spazzare via come faceva il primo Berlusconi, che prometteva il rilancio del paese grazie alle grandi opere e alla libertà d’impresa da ogni vincolo.
Vengono utilizzate le parole giuste – l’economia circolare, gli impegni climatici, la tutela delle acque – si prendono addirittura impegni per l’istituzione di nuove riserve naturali (quando in questi anni il centrodestra le ha ridotte un po’ ovunque) e la piantumazione di alberi.
Il nucleare viene trattato nell’unico modo possibile in un programma per una legislatura di cinque anni: con la valutazione del ricorso a quello garantito come «pulito e sicuro». Non è più il centrodestra che nel 2009 in una mozione parlamentare negava l’esistenza dei cambiamenti climatici, ma non è neppure il partito conservatore inglese o la Cdu tedesca.
Dal negazionismo al rinvio
Sul clima l’atteggiamento è quello oggi diffuso nei think tank della destra americana, dove ci si è tolti l’elmetto della battaglia sull’esistenza del climate change ma si preferisce sottolineare la non urgenza di affrontarlo. In salsa italiana lo si trova in un vago impegno sulle rinnovabili, per ribadire che questo è il tempo del gas e del carbone per l’autosufficienza energetica e per ridurre le bollette. E da qui si comprende perché giri il nome di Roberto Cingolani come possibile ministro in continuità con il governo Draghi, perché è esattamente quanto ha fatto e sostenuto in questi mesi con un’idea di transizione ecologica lenta e ben ponderata.
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La vera partita
La vera partita che interessa sull’energia è quella delle nomine di primavera ai vertici di Enel ed Eni, come sempre avvenuto con Silvio Berlusconi a palazzo Chigi, tra interessi personali, economici e politici. Ma di questo fino alle elezioni nessuno vuole parlare, anche se dal ruolo delle due più grandi imprese italiane dipenderà la possibilità che l’Italia giochi un ruolo internazionale nella transizione climatica. E con il rischio che a Enel si torni indietro rispetto alla svolta impressa dall’attuale amministratore delegato Francesco Starace sulle rinnovabili.
C’è una frase nel programma che ha stupito in positivo molti osservatori, ed è quella sul rispetto e aggiornamento degli impegni internazionali dell’Italia per contrastare i cambiamenti climatici.
È scritta in modo intelligente, perché è scontato che il nostro paese debba aggiornare il Piano energia e clima se non vuole uscire dall’Europa. Ma la vaghezza degli altri impegni lascia immaginare che nei prossimi anni si ripeterà quanto avvenuto in questi mesi su diversi dossier gestiti dal ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, ossia che l’Italia sarà a fianco di Polonia e Ungheria per chiedere di rinviare ogni impegno minimamente in linea con l’accordo di Parigi sul clima e quindi in grado di limitare la crescita della temperatura del pianeta entro i due gradi.
Su questo andrebbe stimolato il confronto in campagna elettorale, anche per capire come si pensa di fare della prossima legislatura quella della svolta nella crescita delle energie pulite e nella decarbonizzazione.
Tutti gli studi scientifici sono chiari su un punto, i prossimi anni saranno decisivi per scongiurare le conseguenze più disastrose di alluvioni, ondate di calore, siccità. E un’Italia governata dalla destra rischia di trovarsi impreparata di fronte a scenari che oramai tutti conoscono, perché nelle proposte non si fa menzione del piano di adattamento a questi impatti che oramai siamo l’unico paese europeo a non avere.
Le domande che servono
Proprio per uscire dalla vaghezza degli impegni e per dare un po’ di pepe alla campagna elettorale sarebbe bene chiamare a rispondere la coalizione che tutti danno per vincente su alcune questioni non banali.
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Ad esempio, ci sarà attenzione alle città, agli autobus e treni che prendono ogni giorno milioni di pendolari?
Perché il nostro paese sconta ancora i disastri dei drastici tagli effettuati dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti nel 2009 e che sono la ragione per cui il servizio nel nostro paese è così lontano dagli standard delle città europee. E poi, ci sarà un nuovo condono edilizio? Perché nel 1994 e 2003 furono devastanti quelli approvati con la destra al governo per il paesaggio e i territori, con conseguenze che si vedono a ogni alluvione, e tante volte è stato proposto un nuovo condono in questa legislatura da deputati di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
Infine, cosa succederà della riforma delle concessioni balneari di Mario Draghi che introduce trasparenza e gare per l’assegnazione? Fratelli d’Italia ha definito solo poche settimane fa quell’accordo come ridicolo e vergognoso, un esproprio di aziende su cui si tornerà indietro con la prossima legislatura.
Davvero verrà cancellata una norma che, semplicemente, cerca di ristabilire equilibrio tra spiagge libere e in concessione, che stabilisce criteri per premiare la qualità nella gestione e le imprese locali con procedure di evidenza pubblica? Davvero ci si vuole imbarcare in una ennesima guerra con l’Europa a difesa della rendita degli amici e della privatizzazione delle spiagge? Sarebbe bene chiederlo alla presidente del Consiglio in pectore, potrebbe dare un po’ di brio a questa strana campagna elettorale estiva.
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