L’estate del 2023 è stata la più calda degli ultimi duemila anni nell’emisfero boreale, secondo uno studio pubblicato su Nature che parte dall’indicatore più preciso che abbiamo per gli anni che precedono le registrazioni strumentali: la serie di dati più antica che abbiamo è quella sull’Inghilterra centrale che parte dal 1659, in generale possiamo avere dati completi dalla fine dell’Ottocento.

Per andare più indietro nel tempo il termometro più accurato a nostra disposizione sono gli anelli di crescita degli alberi. In particolare, i migliori dal punto di vista termico sono quelli delle conifere.

I ricercatori hanno analizzato a campione questi alberi in un’area geograficamente molto vasta, prelevandone centinaia tra Nord America, Europa, Russia, Mongolia e Giappone: è il più grande archivio di anelli di crescita degli alberi mai creato e analizzato. Per stimare le temperature del passato, si valutano le dimensioni degli anelli, la densità del legno e la composizione chimica.

Il più caldo

Il risultato di questa ricerca è che l’estate scorsa è stata quella con le temperature più alte mai registrate in ogni continente dell’emisfero boreale tra l’anno 1890 e l’1 dopo Cristo. Rispetto alla media di questo lunghissimo periodo, l’estate 2023 è stata di 2,2°C più calda, ed è stata di quasi 4°C più calda dell’anno più freddo della serie, il 536, quando un’eruzione vulcanica raffreddò il pianeta per diversi anni.

Il 2023 è già passato alla storia come l’anno più caldo mai registrato globalmente (e i record sono proseguiti fino ad aprile del 2024, finora): è la combinazione del riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e del fenomeno ciclico di El Niño.

L’ultimo anno in cui c’era stato un Niño così forte era stato il 2016, anno che finora deteneva anche il record di temperatura. Vuol dire che a parità di condizioni di El Niño (che è un fenomeno naturale), il 2023 è stato comunque più caldo del 2016 di 0,23°C, un’annata straordinaria che ha confuso gli scienziati, che ora aspettano di vedere come risponderà il pianeta alla fine di questo ciclo (che sembra già arrivata, sta per arrivare la controparte, La Niña, che in teoria raffredda il pianeta).

Questo è il calore registrato dai sensori termici della Terra nella storia della civiltà umana come la conosciamo, che ci mostra quanto sia senza precedenti quello che stiamo osservando.

Le emergenze future

Un’altra ricerca, anch’essa pubblicata su Nature, proietta questa condizione nelle emergenze sanitarie del futuro: quali sono i rischi combinati di aumento delle ondate di calore e dell’invecchiamento della popolazione globale?

L’esposizione alle ondate di calore raddoppierà in tutti i continenti alla metà di questo decennio. Nel 2050 ci saranno 250 milioni di ultrasettantenni in più a doversi confrontare con le maggiori difficoltà di termoregolazione di un corpo anziano in un mondo con sempre più giornate sopra i 37,5°C (la soglia di pericolo). Le persone anziane soffrono maggiormente di malattie croniche e problemi respiratori, che diventano più pericolosi ad alte temperature. A metà secolo, il numero di persone sopra i sessanta anni raddoppierà, e arriverà a 2,1 miliardi di persone, un essere umano su cinque. La percentuale più alta sarà in Europa, un quarto del totale, ma i numeri assoluti più elevati saranno nei paesi del sud globale: i due terzi degli anziani nel 2050 vivranno in paesi a basso e medio reddito in Asia e in Africa, con eventi estremi e ondate di calore più frequenti e maggiore vulnerabilità sociale e dei sistemi sanitari. La ricetta di una catastrofe in arrivo.

Non serve aspettare il futuro: è una dinamica che stiamo già osservando nel mondo contemporaneo. L’Asia ad aprile è stata attraversata da una precoce e intensa ondata di calore, dal Medio Oriente fino alle Filippine. Uno studio di attribuzione del World Weather Attribution ha misurato quanto di questa ondata di calore (con temperature che hanno raggiunto i 46°C) sarebbe stata possibile senza la crisi climatica. Ci sono luoghi dove sarebbe stata virtualmente impossibile, come le Filippine. Ci sono aree, come Gaza, dove si è sommata alla catastrofe umanitaria e dove sarebbe stata molto improbabile senza le emissioni di gas serra. In Asia meridionale è stata resa 45 volte più probabile. L’ondata di calore ha fatto centinaia di vittime, ma quelle reali potrebbero essere molte di più e sfuggire a ogni rilevazione statistica.

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