Il confondatore di Extinction Rebellion e Just Stop Oil giudicato colpevole di associazione a delinquere finalizzata al disturbo della quiete pubblica per aver contribuito all’organizzazione di quattro giornate di proteste con blocchi stradali
Immaginate cosa succederebbe se qualcuno stesse piazzando una bomba sotto al tavolo di un bar, pronta a esplodere nel giro di 30 minuti – voi lo spingete via, prendete la bomba e la portate alla polizia perché venga disinnescata in tempo. Non sarete certo perseguiti per questa violenza, anche se quello che avete cercato di scongiurare è un pericolo futuro, giusto?
È questo uno dei tanti esempi che ha proposto Roger Hallam, cofondatore di alcuni dei più importanti movimenti ambientalisti come Extinction Rebellion (2018) e di Just Stop Oil (2022), per difendersi davanti alla Southern Crown Court di Londra. L’accusa è di cospirazione. La condanna, arrivata mercoledì pomeriggio, è di cinque anni di carcere. La sentenza più dura mai pronunciata per forme di proteste non violente.
Nel novembre 2022 Hallam aveva partecipato insieme ad altri attivisti a una call su Zoom: una sorta di consulenza in preparazione di quattro giornate di proteste di Just Stop Oil sulla M25, la grande autostrada che circonda Londra. Un blocco del traffico, forma di protesta non violenta utilizzata da molti movimenti ambientalisti e non: quest’inverno in tutta Europa è stata anche la forma di mobilitazione principale degli agricoltori. In quella chiamata su Zoom si parlava di come organizzare l’azione (cui non avrebbe poi partecipato in prima persona), dei volontari che sarebbero saliti sui piloni autostradali, della speranza che fosse efficace.
Hallam è stato giudicato colpevole di associazione a delinquere finalizzata al disturbo della quiete pubblica. Cinque anni di carcere lui, quattro anni per gli altri quattro attivisti a processo: Daniel Shaw, 38 anni, Lucia Whittaker De Abreu, 34 anni, Louise Lancaster, 58 anni, e Cressida Gethin, 22 anni. Hallam ha basato la sua difesa sulla scienza, presentando alla giuria un dossier di 250 pagine di ricerche di importanti scienziati sul collasso climatico e appellandosi alla clausola di “ragionevole giustificazione” prevista dalla legge britannica per i reati relativi al disturbo della collettività.
Rovesciamento
L’enorme blocco autostradale del 2022 voleva servire a far pressione sul governo perché mettesse fine alle nuove esplorazioni per nuove estrazioni di gas e petrolio nel Mare del Nord. Eccola, la bomba sotto al tavolo del bar: un potenziale esplosivo di tonnellate su tonnellate di CO2 nell’atmosfera da aggiungere alla già troppa CO2 che da dodici mesi ci sta facendo vivere la temperatura media globale più alta mai registrata.
Il gruppo Just Stop Oil fa quello che è in suo potere per fermare il disastro: bloccare l’autostrada, cercare allo stesso tempo di essere visibili da più persone possibili e di “spingere” il governo a disinnescare la bomba, come si spingerebbe con uno strattone chi la stesse posizionando in un locale pieno di gente. Difficile non vedere la ragionevole giustificazione.
«La scienza dice che c'è una minaccia schiacciante per la mia vita, i miei figli, voi e i vostri figli. Sostenere che non c'è una giustificazione ragionevole sfida direttamente il senso di questa legge. Succedono cose che causano danni – le persone sono impegnate in atti fisici per fermare questi danni – non importa se si tratta di una protesta o meno», ha affermato Hallam durante il processo, come riporta sul suo account X.
Dell’opportunità e dell’efficacia di questa o di un’altra forma di protesta si può discutere (fuori dalle aule di un tribunale), ma la necessità e l’urgenza di quelle proteste e l’importanza delle sue motivazioni sono lampanti.
La risposta del giudice Christopher Hehir dice tanto di quello che non funziona nel ragionamento di chi – fra privati e istituzioni – avrebbe il potere di fermare o almeno rallentare quella che potrebbe essere, e in parte già è, il più grande disastro per la specie umana e tantissime altre specie in tutto il pianeta: «Riconosco che almeno alcune delle preoccupazioni sono condivise da molti, ma il fatto evidente è che ognuno di voi, qualche tempo fa, ha oltrepassato la linea di demarcazione che separa un attivista preoccupato da un fanatico». Il fanatico diventa chi dà uno spintone al bombarolo per impedire che scoppi la bomba.
Nella sproporzione della pena – cinque anni di carcere per aver partecipato a una telefonata in cui si parlava di una protesta pacifica – si legge il clima di frustrante criminalizzazione dei movimenti ambientalisti. Nelle parole di Hehir, la mancanza di comprensione di quanto pesa un blocco del traffico e di quanto pesa invece un progetto devastante di estrazione di petrolio.
È la distanza che passa fra un piatto di lenticchie oggi e una primogenitura per tutta la vita. La sentenza di Londra è un precedente grave, racconta la mancanza di bilancia realistica e coerente, proprio mentre tanti tribunali in tutto il mondo sentenziano il dovere degli Stati di rispondere all’emergenza climatica, di “allontanarsi” dai combustibili fossili, non certo di cercare giacimenti nuovi.
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