L’esposizione all’inquinamento atmosferico riduce le funzioni cognitive. Basta un’ora per vedere ridotte le capacità di concentrarsi sui compiti quotidiani, evitare distrazioni e comportarsi in modo socialmente appropriato. Sono i risultati di uno studio pubblicato giovedì su Nature Communications, il primo su questo tema.

I partecipanti sono stati sottoposti a diversi test cognitivi prima e dopo essere stati esposti per un’ora ad alti livelli di polveri sottili (Pm) e poi all’aria pulita. L’esposizione all’inquinamento ha «significativamente ridotto», dice lo studio, le capacità di riconoscere le emozioni e l’attenzione selettiva delle persone, funzioni cognitive fondamentali per svolgere attività quotidiane come, ad esempio, fare la spesa.

«L’attenzione selettiva aiuta nel processo decisionale, come quando si tratta di dare la priorità agli articoli sulla lista evitando acquisti impulsivi. La cognizione socio-emotiva implica la capacità di rilevare e interpretare le emozioni in sé stessi e negli altri, consentendo comportamenti socialmente accettabili durante la spesa», spiegano i ricercatori.

La breve esposizione alle polveri sottili non ha invece avuto un impatto significativo sui tempi di risposta o sulla memoria a breve termine. «Tuttavia, vi sono prove documentate che un’esposizione cronica ad alte concentrazioni di particolato influisce negativamente sia sulla memoria di lavoro (o memoria a breve termine), sia sulla memoria episodica (ovvero a lungo termine)», si legge nello studio.

Il piano globale

L'inquinamento atmosferico è uno dei maggiori fattori di rischio ambientale per la salute pubblica a livello globale. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha stimato che nel mondo causa circa 6,7 milioni di morti premature ogni anno. È uno dei volti fatali della crisi climatica, che continua la sua corsa tra i tentativi timidi di invertirne la tendenza.

Secondo il Copernicus climate change service, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, il mese scorso è stato il gennaio più caldo mai registrato. È il diciottesimo mese degli ultimi diciannove in cui si sono registrate temperature superiori al livello preindustriale di 1,5°C, l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi sul clima.

Secondo gli scienziati, ogni frazione di grado di riscaldamento superiore a 1,5 °C aumenta l’intensità e la frequenza di eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, forti piogge, inondazioni, siccità e incendi.

Il record italiano in Europa

Secondo la Società  italiana di medicina ambientale (Sima), in Italia ogni anno 80mila persone muoiono prematuramente a causa dell’inquinamento atmosferico: è il primo paese in Europa per mortalità legata alla contaminazione dell’aria. Tra cinque anni entreranno in vigore dei nuovi limiti per la qualità dell’aria nell’Ue, «ma le città italiane sono drammaticamente impreparate: l’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali sono ancora troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030». È quanto afferma Legambiente nel suo nuovo rapporto Mal'Aria di città 2025, che analizza i dati relativi alle polveri sottili (Pm10) e al biossido di azoto (No2) nei capoluoghi di provincia italiani. 

«Nel 2024, 25 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10», scrive Legambiente. La soglia prevista dalla legge per il Pm10 è fissata in 35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo. In cima alla classifica ci sono Frosinone e Milano, seguite da Verona e Vicenza. «Una situazione di picco che in molti casi ha riguardato molte centraline della stessa città. Un quadro che rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale», sostiene l’associazione ambientalista.

Rispetto ai nuovi target europei per il 2030, la situazione è critica: Legambiente riporta che con i valori attuali sarebbero oltre i limiti il 71 per cento delle città italiane per il Pm10 e il 45 per cento per il biossido d’azoto (No2). «Con soli cinque anni davanti a noi, dobbiamo accelerare drasticamente il passo. Le misure da adottare sono chiare e le tecnologie pronte: quello che manca è il coraggio di fare scelte incisive per la salute dei cittadini e la vivibilità delle nostre città», ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

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