La questione sicurezza fu introdotta proprio dalla sinistra, per coniugare la prevenzione sociale alla prevenzione dei reati. E impedire alle destre di impugnare l’arma della cosiddetta tolleranza zero. Sappiamo come è andata a finire. Ma la sicurezza “fisica” dipende dalla sicurezza sociale, non viceversa
Secondo Giuseppe Sarcina (Corriere della sera, 21 settembre), la sinistra italiana farebbe bene a imitare Kamala Harris munita di pistola e Keith Starmer, che usa la repressione più dura contro le rivolte: ossia occuparsi una buona volta, oltre che di lavoro, sanità, scuola (tutte buone cose, per carità), di sicurezza, visto il 3 per cento di denunce di reato in più quest’anno rispetto al 2023. Vorrà mica Schlein lasciare alla destra la legge e l’ordine?
Ebbene, la questione sicurezza, così come la conosciamo oggi, è stata introdotta nel dibattito pubblico in Italia proprio dalla sinistra. Ahimè. Era l’inizio degli anni Novanta, quando un gruppo di sociologi del diritto, criminologi critici (tra cui la sottoscritta), assessori locali e regionali lancia il progetto “Città sicure”, sponsorizzato dalla regione Emilia-Romagna.
Fino ad allora, in Italia, “sicurezza” aveva prevalentemente il significato di “sicurezza sociale” (messa al riparo dalle avversità della vita attraverso misure di welfare). Il progetto “Città sicure”, mutuato da esperienze britanniche anche queste promosse da criminologi e sociologi “di sinistra”, voleva coniugare prevenzione sociale e prevenzione dei reati e delle illegalità attraverso sinergie tra attori sociali e politici locali e le agenzie di sicurezza del territorio, precisamente per, si pensava, diminuire le criticità presenti soprattutto nelle zone cittadine più povere e degradate e impedire alle destre di impugnare l’arma della cosiddetta tolleranza zero, ossia mera repressione, law and order, ecc.
Già allora avevo i miei dubbi, in particolare dopo ricerche sulla percezione di insicurezza da parte delle donne (più di metà della popolazione urbana), da cui risultava che quelle che si sentivano più sicure erano quelle che avevano buone risorse culturali, sociali ed economiche: ossia, era evidente che la sicurezza intesa come immunizzazione rispetto alla possibilità di rimanere vittime di criminalità di strada derivava dalla sicurezza sociale, non viceversa.
Mi è capitato di dire più volte che siamo stati apprendisti stregoni: il mantra della sicurezza nel primo senso è stato accolto con entusiasmo da amministratori locali e politici nazionali di ogni colore, conducendo i primi a emanare un delirio di ordinanze che vietavano qualsiasi cosa e i secondi a varare “pacchetti sicurezza”, tra cui spicca luminoso (si fa per dire) quello a nome Minniti/Orlando.
Certo, molto più facile cercare consensi a costo quasi zero alimentando paura e odio che promuovere assai più costose politiche sociali. Ma l’insicurezza diffusa odierna, dicono le ricerche, ha a che vedere con la precarietà lavorativa, i bassi salari, il venir meno delle protezioni sociali (la sanità e la scuola pubbliche definanziate e in crisi, e così via), ossia proprio con le questioni di cui, secondo Sarcina, la sinistra si occuperebbe trascurando la “sicurezza”, piuttosto che con l’aumento di reati e illegalità.
Anche perché questo non succede: l’Italia è uno dei paesi più sicuri del mondo (non sarà un 3 per cento in più di denunce rispetto all’anno scorso – denunce di cosa, tra l’altro? – a smentire questo fatto) rispetto alla criminalità comune e perfino relativamente alla violenza interpersonale. Altro discorso va fatto per la criminalità organizzata, ma non è mai stata questa l’oggetto di campagne legge e ordine, né è questa a impensierire i e le brave cittadine.
Kamala Harris va in giro con la pistola? Beh, gli Stati Uniti sono uno dei paesi più violenti del mondo cosiddetto occidentale anche per via della diffusione delle armi da fuoco, e direi che non è proprio un buon esempio.
Oggi la destra al governo vara un ennesimo disegno di legge sulla sicurezza, introducendo ben venti nuovi reati, tra cui la resistenza passiva ecc. Si può almeno sperare che l’aumento degli arresti di bravi cittadini induca questi ultimi a rendersi conto che le nostre carceri, oggi come e più di sempre, sono piene di persone povere, emarginate, razzializzate, i cui reati, spesso, non dovrebbero essere tali, per esempio l’uso e l’abuso di sostanze che, semmai, danneggiano soltanto loro stessi, o, peggio, non essere in possesso di titoli validi per il soggiorno in Italia: ma che reato è?
Dunque, mobilitiamoci tutti e tutte contro questo disegno di legge e supportiamo la sinistra non quando cerca di imitare la destra, ma quando si batte per politiche in grado di produrre maggiore sicurezza sociale.
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