Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Nel presente processo, sono stati acquisiti ulteriori elementi di prova che denotano la particolare rilevanza del ruolo assunto dai cugini Salvo all’interno dell’organizzazione mafiosa e gli intensi rapporti da essi instaurati in un primo tempo con i massimi esponenti dello schieramento “moderato” di “Cosa Nostra” e successivamente con il vertice della contrapposta fazione dei “corleonesi”.

Le risultanze dell’istruttoria dibattimentale, inoltre, dimostrano che l’organizzazione criminale attribuiva grande importanza alle relazioni intrattenute dai cugini Salvo con ambienti politici, e che i Salvo in diverse conversazioni con autorevoli esponenti mafiosi esposero il loro stretto legame con il sen. Andreotti.

Il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta all’udienza del 9 gennaio 1996 ha riferito quanto segue, con riferimento al comportamento tenuto, nel corso della seconda “guerra di mafia”, dai cugini Salvo:

Domanda – (...) quali furono le cause di questa seconda guerra di mafia, quali furono gli schieramenti, e poi andiamo al suo ruolo in particolare?

Risposta – Gli schieramenti sono: da una parte c’è Stefano Bontade, Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), Gigino Pizzuto, Rosario Riccobono, (...) che venivano informati delle cose che accadevano in seno alla Commissione, sempre con ritardo, e quando dico queste cose intendo dire, per esempio, morte di Capitani dei carabinieri o Colonnelli dei carabinieri uccisi in azioni violente, e questi nominativi che ho fatto prima, non erano a conoscenza di queste decisioni. Decisioni che venivano comunicate dopo e venivano anche respinte quando si chiedevano a queste persone delle chiarificazioni, dicendo: «Ma adesso facciamo riunioni per difendere gli sbirri?».

Domanda – E dall’altra parte, l'altro schieramento da chi era formato?

Risposta – L’altro schieramento era formato da Michele Greco, Salvatore Riina, Giuseppe Calò, tanti altri (...).

Domanda – E quale fu il suo ruolo all'interno di questa seconda guerra di mafia?

Risposta – Il mio ruolo fu quello di consigliare a Stefano Bontade di demordere dall'opinione di fare fuori Riina, (...) e la mia parte fu di dire: "Io non desidero assolutamente fare parte di queste discussioni e desidero allontanarmi e non essere presente a queste cose", fra l'altro, ho ricevuto anche l'offerta di poter assumere il ruolo che aveva Giuseppe Calò, invitato da lui stesso, e caldeggiato anche da persone estranee della provincia di Palermo, come i cugini Salvo, i quali vedevano in me un mediatore, una persona a cui potersi appoggiare per finire tutti questi soprusi.

Domanda – Il ruolo di Calò qual era, per chiarirlo, che le veniva offerto?

Intervento del Presidente – Fu invitato da Calò a fare che cosa?

Risposta – Ad entrare in Commissione al suo posto. (...)

Domanda – E quindi queste discussioni con Bontade in che anno si verificano?

Risposta – Nell'anno '80.

Domanda – 1980. E, dopodiché, cosa accade? Lei resta in Italia oppure va fuori?

Risposta – Io esattamente credo che il 3, il 4 gennaio, il 5 gennaio me ne vado in Brasile.

Domanda – Il 3–4 gennaio di che anno?

Risposta – Del 1981.

Domanda – E in Brasile cessano i suoi rapporti con Bontade, con Cosa Nostra, oppure vi sono ancora dei contatti?

Risposta – No no, continuano, continuo ad avere informazioni, poi in Brasile io mi ritrovo con dei Greco, cugini di Michele Greco, mi ritrovo con Antonino Salamone, e abbiamo possibilità di verificare dopo la morte di Stefano Bontade e di dire: "Adesso le cose si mettono in una brutta maniera", il Salamone ritorna in Sicilia, il Greco ritorna in Sicilia, parlano con Michele Greco, e Michele Greco dice che non si devono preoccupare perché era stato fatto fuori Stefano Bontade in quanto aveva tramato per uccidere Salvatore Riina.

Intervento del Presidente – Chi è questo Greco che ritorna in Sicilia?

Risposta – Nicola Greco.

Domanda – C'era qualcuno che le telefonava da Palermo, in quel periodo, per chiedere qualcosa a lei?

(...)

Risposta – Io ho ricevuto delle telefonate che fanno parte degli interrogatori dei processi dove si parlava, dove c'era un certo Lo Presti Ignazio, non uomo d'onore, ingegnere, che era socio di Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.) e cugino dei cugini Salvo, cioè la moglie del suddetto ingegnere Lo Presti era cugina dei Salvo. E’ in queste telefonate (...) si cerca di farmi tornare in Italia dicendomi che ci sono possibilità (…) che io potessi essere ospitato per poter porre fine a tutto quello che sta succedendo a Palermo.

Domanda – Chi è che la invitava a tornare in Italia in queste telefonate?

Risposta – I cugini Salvo.

Domanda – E perché i cugini Salvo avevano interesse che lei tornasse in Italia?

Risposta – Perché in quel momento quello che succedeva a Palermo era cronaca di tutti giorni e cronache che tutti possiamo sapere, se leggiamo i giornali di quell'epoca.

Domanda – E cosa importava ai cugini Salvo della guerra di mafia che era in corso in quel periodo?

Risposta – I cugini Salvo, pur appartenendo a un'altra provincia...

Domanda – Quando lei dice appartenendo, in che senso?

Risposta – Come uomini d'onore. Perché quando parlo dei cugini Salvo (...) io parlo di Ignazio Salvo che è sottocapo della famiglia di Salemi e di Nino Salvo che è capoticino (rectius capodecina: n.d.e.) della famiglia di Salemi, e figli di uomini d'onore.

Domanda – Io le stavo chiedendo: quale fu il ruolo, qual'era l'interesse dei cugini Salvo allo svolgimento e all'evoluzione di questa guerra di mafia? Loro erano schierati da una parte, dall'altra, che interessi avevano?

Risposta – Gli interessi dei cugini Salvo non era perché erano schierati da una parte all'altra perché loro non potevano intervenire come diritto, potevano intervenire in quanto vivevano a Palermo, e la loro attività si svolgeva a Palermo. Quindi loro erano interessati in virtù di pacifisti, niente di andare contro, o contro uno o contro l'altro, e l'attività che loro volevano da me non era di rivincita ma era un'attività di poter mediare questa guerra.

Dalle suesposte dichiarazioni si desume, dunque, che i Salvo caldeggiarono l’ingresso (poi non realizzatosi) del Buscetta nella “Commissione” di “Cosa Nostra” e, dopo l’esplosione della seconda “guerra di mafia”, si adoperarono per favorire il ritorno del Buscetta in Sicilia allo scopo di avvalersi della sua mediazione per ottenere una pacificazione tra gli schieramenti contrapposti.

Il collaboratore di giustizia ha evidenziato che Ignazio Salvo ed Antonino Salvo erano, rispettivamente, “sottocapo” e “capodecina” della “famiglia” di Salemi.

Il Buscetta ha chiarito di avere sentito parlare per la prima volta dei Salvo dal dott. Barbaccia (medico ed esponente politico organicamente inserito in “Cosa Nostra”), nel corso di un periodo di detenzione presso la Casa Circondariale di Palermo, iniziato nel 1972. Il collaborante ha così riassunto il contenuto dei colloqui con il dott. Barbaccia (verificatisi, di regola, con frequenza settimanale in occasione di visite mediche):

Domanda – E nel corso di queste discussioni Barbaccia le parlava dell'on. Lima?

Risposta – Sì, parlava dell’on. Lima, del nuovo stato di cose che si erano instaurate a Palermo, che dopo... Per esempio una cosa che trattavo era che i fratelli La Barbera non c'erano più, Gioacchino Pennino era vecchio, non si interessava più. I nuovi amici che si interessavano per Lima si chiamavano i Salvo. Solo in quell'epoca io appresi che c'erano delle persone che si chiamassero Salvo, prima non l'avevo saputo. (...)

Domanda – Ritorniamo all'appoggio di Cosa Nostra all'on. Lima: cosa le dice più esattamente Barbaccia nel corso di questi vostri colloqui?

Risposta – Che il candidato dei cugini Salvo, di cui mi fa una relazione, chi erano e le importanze che avessero e in Cosa Nostra e come persone di primo piano nel mondo economico, erano i cugini Salvo. Il candidato, l'unico candidato dei cugini Salvo si chiamava Salvo Lima; i cugini Salvo non avevano altro candidato all'infuori di Salvo Lima, nella Provincia di Palermo; quello che io conosco è nella Provincia di Palermo.

Il medesimo collaboratore di giustizia ha aggiunto che nell’estate del 1980, mentre era latitante, prese parte ad un pranzo presso l’abitazione di Giuseppe Calò, a Roma, insieme ad Antonino Salvo, il quale gli comunicò che l’on. Lima desiderava salutarlo e scusarsi con lui per non avere avuto la possibilità di operare in suo favore nel periodo in cui il Buscetta era detenuto («si vuole scusare per quello che non ha potuto fare durante gli anni della tua detenzione»). Egli quindi si recò presso l’Hotel Flora (sito a Roma) in compagnia di Antonino Salvo, per incontrare l’on. Lima. Antonino Salvo, dopo i saluti, lasciò soli il Buscetta e l’on. Lima.

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