Non sappiamo se state correndo in Lederhosen verso le Wiesn di Monaco oppure se fate parte di tutta quella gente che ritiene che Dirndl e Mass a 15 euro a bevuta non facciano per lei, ma l’Oktoberfest è iniziato. Poi ci sarebbero anche le vicissitudini politiche che vedono scivolare irrimediabilmente a destra anche l’Austria, ma vabbè. 

Purtroppo chi vi scrive non ha la fortuna di far parte della prima categoria, quindi invece di un resoconto di una serata in una delle famose tende sulla Teresienwiese vi toccano Vienna, Erfurt e Berlino. 

Destra, più a destra, Austria

Il titolo non è nostro, ma vogliamo omaggiare la brillante idea del corrispondente da Vienna della Taz, Florian Bayer. Il risultato di domenica restituisce l’immagine di un paese che mai era scivolato così tanto a destra. Dopo la vittoria della FpÖ, che raggiungendo il 29 per cento dei consensi porta a casa il miglior risultato di sempre, gli altri partiti cercano in maniera febbrile di mettere insieme un’alternativa.

Ma il seme dell’estremismo è ormai piantato: tutto il dibattito si è spostato più a destra, i popolari di Övp hanno provato anche stavolta di superare a destra il partito che fu di Jörg Haider, anche stavolta senza successo. E ora, il guaio è grosso: SpÖ e popolari sarebbero in grado di mettere in piedi una maggioranza risicatissima – appena uno seggio o due oltre quella semplice – ma a questo punto appare più probabile che si decida di allargare anche ai liberali Neos o ai Verdi. 

Insomma, tutti contro FpÖ. Sempre che le trattative non falliscano (in maniera spontanea o pilotata) e i popolari si ritrovino “costretti” a negoziare con gli estremisti, come accadde già nel 2000 e nel 2019. D’altra parte, Herbert Kickl è già stato ministro dell’Interno quando era cancelliere Sebastian Kurz. Uno scenario rischioso: per evitarlo, qualcuno tira in ballo un passo indietro di Andreas Babler, il frontman dei socialisti, che con la sua linea di sinistra ha cercato di polarizzare la sfida, uscendone solo terzo classificato. Far trattare un centrista, invece, aprirebbe più possibilità di trovare un compromesso (e concederebbe meno alibi al centrodestra). 

La prima sfida è vinta

In Turingia i neoparlamentari regionali hanno tirato un sospiro di sollievo. Sono riusciti infatti a sventare la possibilità di avere una presidente del Landtag di AfD. Non è stato facile, la prima seduta è stata interrotta tantissime volte per la gestione caotica del deputato più anziano, sempre di AfD. Gli altri partiti tentavano di intervenire sulla prassi che lascia al partito più votato – in questo caso l’estrema destra – la possibilità di proporre per primo un presidente del parlamento. Solo grazie a un ricorso alla Corte costituzionale regionale gli altri partiti hanno potuto proporre un’interpretazione alternativa che permettesse anche agli altri gruppi del parlamento di fare la propria proposta. Alla fine è stato eletto Thadäus König della Cdu con 54 voti su 87. 

Insomma, l’arco parlamentare ha tenuto. Per il momento, almeno. I commentatori vedono nella collaborazione degli altri partiti contro AfD una prova della maturità delle forze democratiche, ma c’è anche chi guarda all’altra faccia della medaglia: gli estremisti, appena hanno avuto del potere da amministrare, anche solo casualmente, visto che il parlamentare più anziano apparteneva al gruppo di Björn Höcke, non hanno esitato a utilizzarlo per bloccare i lavori. Nel parlamento di Erfurt c’è da prepararsi a tempi difficili. 

Intanto torna l'evergreen: vietare AfD per via politica. Secondo notizie di stampa diversi parlamentari vorrebbero presentare una proposta di divieto d'iniziativa parlamentare, ma come sempre il dilemma è tra chi approva l'idea e chi la ritiene controproducente. Il segretario generale della Spd Kevin Kühnert, per esempio, sostiene che non ci sarebbero abbastanza prove dell'incostituzionalità del partito. Per discutere la proposta serve l'appoggio di 37 parlamentari, che sarebbe già stato trovato.

Per presentarlo alla Corte costituzionale serve l'approvazione della maggioranza del Bundestag: anche in quel caso però la strada sarebbe in salita. Si era tentato di procedere alla stessa maniera nei confronti della Npd, un altro partito di orientamento neonazista: in quel caso, secondo la Corte, non c'erano i presupposti che avrebbero permesso al partito di mettere in pratica i suoi obiettivi anticostituzionali.

Un futuro neroverde? 

I due partiti più quotati per il futuro governo di Berlino sono anche quelli che stanno vivendo un periodo difficile per le diverse anime che si incrociano – e in parte si combattono – al loro interno. Dopo le dimissioni dei segretari degli ecologisti si è già fatto avanti un nuovo duo che aspira alla guida del partito ambientalista, composto da Franziska Brantner e Felix Banaszak: Brantner è considerata molto vicina al ministro dell’Economia Robert Habeck ed era già data come sua probabile manager della campagna elettorale qualora il vicecancelliere decidesse di correre l’anno prossimo. Banaszak, come prevede la versione verde del manuale Cencelli, è considerato un membro moderato dell’ala sinistra del partito: dovrebbe rappresentare la corrente più intransigente del partito, ma la verità è che la storica distinzione tra Realos e Idealos, pragmatici e idealisti, è ormai difficile da applicare ai Verdi di oggi. Da tempo infatti il partito è diventato qualcos’altro rispetto alla forza ecologista e progressista – a volte anche in maniera molto intransigente – che è stato per gli anni Novanta e nei primi Duemila. 

L’equilibrio tra i due non sarebbe in realtà dissimile a quello che proponevano Ricarda Lang e Omid Nouripour, ed è quindi – scrive lo Spiegel – difficile immaginare un vero cambio radicale di cui i Verdi avrebbero disperatamente bisogno. Anzi, l’impressione è che, pur di arrivare pronti a un eventuale governo con la Cdu, abbiano accettato ritmi lentissimi per la transizione ecologica e altri compromessi che li snaturano definitivamente. 

D’altra parte, i cristianodemocratici non sono già più così uniti come volevano far credere alla presentazione del loro candidato cancelliere Friedrich Merz. La prima spaccatura infatti si consuma proprio sulle potenziali alleanze: mentre la Cdu governa con i Verdi in Renania settentrionale-Vestfalia e Schleswig-Holstein con risultati che – almeno a parole – soddisfano entrambi, in Baviera il governatore e segretario della Csu Markus Söder non esita a minacciare il voto qualora la possibilità di un’alleanza a livello federale sia anche solo presa in considerazione. Dal suo punto di vista, lasciare aperta la possibilità di un’alleanza danneggerebbe pesantemente la corsa dei cristianodemocratici. 

Una visita con conseguenze

Frank-Walter Steinmeier è stato a Marzabotto con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E la sua visita lascerà un segno. La ragione sta nelle parole, dure e dirette, sulla responsabilità e il senso di vergogna che ha provato raggiungendo il raduno che ricorda tutti gli anni l’eccidio nazifascista avvenuto in Emilia-Romagna. 

Il presidente federale si è rivolto ai cittadini in italiano. Non è la prima volta che un capo dello Stato si reca alla commemorazione, aveva partecipato anche Johannes Rau nel 2002: Steinmeier ha chiesto perdono a nome della Germania e ha spiegato come il valore della memoria sia fondamentale per evitare che la storia si ripeta: «È la responsabilità della nostra storia, specialmente per noi tedeschi. E questa responsabilità non ha mai termine». 

La democrazia «non è scontata» ha detto Steinmeier a Mattarella: «Noi sappiamo che libertà e democrazia vanno protette e difese, che il nazionalismo esagerato porta alla guerra». Difficile non trovare in quest’attenzione particolare a memoria e prospettive future un rimando alla situazione politica odierna, pericolosamente sbilanciata verso una mancanza di memoria sia in Italia che in Germania. 

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