Con una scelta autodistruttiva la coalizione semaforo ha deciso di dimezzare i fondi a sostegno dell’Ucraina. In attesa di una soluzione che forse arriverà si rimanda all’impiego degli interessi generati dagli asset russi congelati, ma le critiche che arrivano da ogni angolo del paese potrebbero portare il cancelliere a riconsiderare la decisione
Il colpo di coda dell’estate politica tedesca rischia di compromettere pesantemente la reputazione di Olaf Scholz in Europa e nel mondo. La ragione: una brutta combinazione tra rigore nei conti ed esigenze di campagna elettorale, che hanno portato la coalizione semaforo ad avallare un taglio dei fondi destinati al sostegno di Kiev.
Colpo di scena
La Germania è e resterà il secondo principale finanziatore degli aiuti all’Ucraina, ma rischia di andare incontro a un taglio netto. Anzi, per il 2025 è previsto un dimezzamento dei fondi messi a disposizione di Kiev: così è stato deliberato nel nuovo patto interno alla maggioranza stretto per chiudere finalmente la partita del bilancio. Per l’anno a venire è previsto uno stanziamento di quattro miliardi di euro invece che otto, con effetti immediati sia sui mezzi in consegna che su quelli che si sarebbero voluti opzionare dal settore e che ora sono già finiti nell’arsenale di altri paesi.
Per compensare il taglio da Berlino si rimanda all’impiego degli interessi generati dagli asset russi congelati in Europa, un tesoretto che vale 50 miliardi e il cui sfruttamento per finanziare le spese di Kiev è stato deciso durante il G7 di Borgo Egnazia. Una scelta che però deve essere ancora messa a terra, con conseguenze pratiche ancora tutte da realizzare. Sembra una scusa piuttosto debole e le critiche sono arrivate sia dai partiti di maggioranza che dalle opposizioni, dalla Linke alla Cdu/Csu. Anche società civile e stampa hanno commentato in modo critico la decisione. Non è da escludere che si cerchi un’altra soluzione, come chiedono il ministro della Difesa Boris Pistorius e quella degli Esteri Annalena Baerbock, da sempre tra i più accesi sostenitori di Kiev.
Tenere botta in Brandeburgo
Continua il nostro viaggio nei Land al voto a settembre. Stavolta guardiamo al Brandeburgo, feudo socialdemocratico, dove l’AfD – che attualmente ha portato nel parlamento regionale sei deputati considerati di estrema destra dai servizi segreti interni – rischia di arrivare prima.
Donna dell’ora
Vi segnaliamo anche la performance di Sandra Hüller alla Ruhrtriennale, dove ha interpretato una donna alla ricerca di sé stessa in una première di I want absolute beauty, una pièce di teatro musicale in cui l’attrice sulla cresta dell’onda dopo le sue interpretazioni in Anatomia di una caduta e La zona d’interesse ha anche cantato diversi pezzi di un’artista eclettica come PJ Harvey.
Le performance della triennale sono impreziosite dalle location in cui si svolgono, per lo più ex siti industriali della Ruhr. Arte ripropone parte della pièce, e con l’occasione vi riproponiamo qualche dettaglio in più su Hüller. L’attrice si è segnalata anche per prese di posizione molto nette all’indomani dell’uscita nelle sale di La zona d’interesse.
Alla Zeit, per esempio, aveva spiegato per quale motivo in un primo momento aveva rifiutato i ruoli che l’avrebbero portata a rappresentare sullo schermo una nazionalsocialista: per Hüller anche solo indossare quei costumi “ti trasforma. Non ho mai capito perché dovremmo rappresentare nazisti, perché dovrei sforzarmi di comprendere le loro motivazioni”. La zona d’interesse, al contrario, rappresentava per l’attrice un film sulla contemporaneità, motivo per cui non c’era bisogno di essere empatici con il suo personaggio. Con la promessa, inderogabile, di non smettere mai esprimere posizioni antifasciste.
L’altra letteratura
Chiudiamo con la raccomandazione di un’analisi (in inglese) della scrittrice Carolin Würfel, che spiega con l’accuratezza e la profondità di chi l’ha vissuto in prima persona il complicato rapporto dei tedeschi con la letteratura prodotta dalla Ddr. Si tratta di una fetta di produzione culturale che è stata di base rinnegata dopo la riunificazione e riscoperta solo molto tardi, soprattutto per quanto riguarda il versante femminile.
Oggi si è tornato a valorizzare autrici come Brigitte Reimann, mentre un’altra scrittrice dell’est, Jenny Erpenbeck, è stata oggetto di grosse critiche di whitewashing della storia della Ddr nel suo romanzo Kairos, pubblicato nel 2021. Lo stesso è accaduto a Katja Hoyer, un’altra autrice contemporanea che per i critici tedeschi (ingiustamente, secondo l’autrice dell’articolo) è stata accusata di totale ignoranza nel suo Diesseits der Mauer (“da questa parte del muro”). Un atteggiamento sintomatico di come l’eredità cultura dell’est non sia ancora stata del tutto inserita nel patrimonio tedesco comune: una condizione che rischia di trasformare la vergogna che ha permeato la società orientale per un lungo periodo successivo alla caduta del muro in risentimento. Da esprimere in ogni contesto, anche quello politico.
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