Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


Settimo episodio. Gli attentati ai treni dell'agosto 1969.

Anche questa vicenda è definita sul piano giudiziale dalla sentenza di Catanzaro. Gli episodi sono specificamente descritti nel capo d'imputazione della sentenza della Corte d'assise di Catanzaro. La Corte milanese riproduce il passo essenziale di quella sentenza:

"Gli attentati compiuti sui treni, analiticamente indicati al capo G) dell'imputazione in epigrafe, consistettero nel deporre dieci ordigni ali 'interno di altrettanti convogli ferroviari in transito per varie parti d'Italia. Ne furono collocati nelle toilette e negli scompartimenti (sotto i sedili o sulle reticelle porta bagagli). Otto esplosero cagionando ferite a dieci viaggiatori e danni al materiale ferroviario. Due furono rinvenuti inesplosi rispettivamente nelle stazioni di Milano Centrale e Venezia S. Lucia; sicché, sulla base del loro esame e dei frammenti di quelli esplosi, la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, a mezzo dei suoi organi tecnici, fu in grado di effettuare accurati rilievi e concludere, all'esito, che le dieci bombe erano costituite da identici elementi”.

Segue la descrizione della struttura degli ordigni. La Corte individua altri elementi indizianti del collegamento degli attentati ai treni con quelli precedenti.

La Corte di primo grado ritenne Freda e Ventura responsabili degli attentati, affermazione di colpevolezza confermata anche in appello e divenuta accertamento definitivo. Altri imputati, cosi come Pozzan e Giannettini, furono assolti dall'imputazione riguardante questi attentati.

Il processo milanese del 2001 acquisisce nuovi elementi di conferma delle responsabilità non solo di Freda e Ventura, ma anche su un piano storico e di riscontro alla ricostruzione che quella Corte era chiamata a svolgere in particolare per la verifica dell'attendibilità di Digilio, Siciliano e delle nuove prove che sembravano potessero fornire elementi decisivi per decidere sull'attribuzione della strage di Piazza Fontana agli imputati di quel processo (Maggi, Zorzi, Rognoni).

La Corte milanese raccoglie significative ammissioni da parte dei protagonisti e, in particolare, dagli esecutori materiali di alcuni degli attentati.

Anche su tali attentati le indicazioni fornite da Siciliano e Digilio, sono accuratamente vagliate e ne viene riscontrata l'attendibilità.

Scrive la Corte d'assise: "Siciliano, sin dai primi interrogatori dell'ottobre 1994, ha genericamente descritto le riunioni organizzative tenutesi a Padova e a Venezia (nei due luoghi di riferimento degli ordinovisti, la libreria Ezzelino e la sede di via Mestrina) in un'epoca non precisata ma precedente alla strage di piazza Fontana, nelle quali Maggi, Zorzi e Freda discussero della strategia eversiva da attuare mediante la realizzazione di attentati sui mezzi di trasporto; quelle azioni non avrebbero dovuto provocare né morti, né feriti, ma avrebbero avuto la finalità di impressionare l'opinione pubblica e di convincerla della necessità di un "Governo forte". Nel successivo interrogatorio dell'ottobre 1995, Siciliano ha confermato quelle dichiarazioni, precisando che la riunione si svolse presso la libreria Ezzelino intorno al maggio-giugno 1969, alla presenza di Freda e Trinco, Maggi, Zorzi, egli stesso e Mo/in e si parlò non solo di attentati ai treni, ma anche in luoghi pubblici al fine di creare panico ed insicurezza. Infine, in un interrogatorio di quasi due anni successivo, il collaboratore è tornato sull'argomento, ricollegando le scatole di legno contenenti congegni esplosivo che vide all'interno della valigia consegnatagli da Zorzi, a quelle raffigurate nelle fotografie degli ordigni utilizzati negli attentati ai treni. Il collaboratore non ha descritto un 'identità strutturale tra le prime scatole di legno e quelle visionate nelle fotografie, ma piuttosto ha precisato che quelle contenute nella valigia consegnatagli da Zorzi potevano essere un prototipo dell'ordigno utilizzato negli attentati ai treni, ribadendo che Freda, nel corso delle riunioni presso la libreria Ezzelino, aveva descritto la strategia eversiva, parlando della necessità di attentati dimostrativi da realizzare in varie parti del paese " (pag. 602 del testo digitale).

Anche Digilio aveva fornito nuovi elementi per appurare le responsabilità di Zorzi e Maggi e Soffiati mai sfiorati in precedenza.

Anche qui leggiamo la Corte perché le vicende del 1969 rispecchiano puntualmente le teorie della guerra psicologica, di cui abbiamo discusso prima, e che sono il motivo conduttore di tutte le stragi fino al 1980: "Digilio ha fornito elementi più specifici in merito al coinvolgimento di Zorzi, Maggi e Soffiati nella complessiva attività di attentati realizzati 1'8-9 agosto 1969. Il presupposto logico di quelle azioni è rappresentato dagli incontri presso il casolare di Paese con Ventura, Zorzi e Pozzan, perché durante quelle visite Digilio vide Pozzan intento nella realizzazione degli ordigni che sarebbero stati utilizzati nel successivo mese di agosto, La vicenda del casolare di Paese è però così strettamente legata all'attentato del 12 dicembre che non è opportuno affrontarla in questa parie di motivazione, se non per richiamare il collegamento che Digilio ha individuato tra gli incontri dell'inizio dell'estate, la strategia eversiva riconducibile ai gruppi veneziano -mestrino e padovano, gli attentati ai treni e, conclusivamente, gli attentati del 12 dicembre. Proprio in occasione degli

incontri al casolare di Paese, Digilio apprese da Zorzi il progetto eversivo in atto in quel periodo, atteso che quest'ultimo gli riferì che avrebbe contattato Maggi perché mettesse a disposizione altri militanti, in aggiunta ai mestrini, necessari per la realizzazione delle azioni eversive. Digilio ha soggiunto che in effetti, su indicazione di Maggi, Marcello Soffiati e un ragazzo della Giudecca parteciparono agli attentati ai treni. Fu lo stesso Soffiati a confermare a Digilio che aveva partecipato ad una di quelle azioni, collocando alla stazione di Mestre un ordigno su un treno merci diretto a Milano e gli ribadì che, su sollecitazione di Zorzi, per quegli attentati forano utilizzati tutti i militanti disponibili nel Veneto. "

Il giudizio di piena attendibilità dei nuovi collaboratori che la Corte milanese fornisce, è condiviso da questa Corte, alla luce degli elementi sopravvenuti e descritti dalla Corte di assise milanese del 2015 su Piazza della Loggia.

I nuovi elementi valorizzato e discussi nella sentenza del 2015 eliminano ogni incertezza su fonti di prova che, malgrado il giudizio negativo della Corte d'appello del 2004, nella attenta e puntigliosa ricostruzione fornita nella sentenza in esame, ben poteva già a suo tempo portare all' affermazione di responsabilità, come ritenuto dai giudici di primo grado, ragion per cui va dato un riconoscimento postumo ai giudici milanesi che su questo punto scrissero: "In conclusione, in questo dibattimento è stata acquisita la prova certa che Digilio, Zorzi, Maggi e Soffiati parteciparono, insieme ai padovani (Freda e Ventura, ma anche Casalini, Toniolo e Pozzan), all'organizzazione, alla preparazione ed alla realizzazione degli attentati ai treni dell' 8-9 agosto 1969. "

Affermazione del tutto virtuale ma di cui va dato atto nel momento in cui processi e ricerche storiche si intrecciano per giungere a una verità oltre i muri frapposti in questi lunghi anni.

A questi episodi possono aggiungersi i due attentati attribuiti al gruppo dei mestrini alla scuola slovena di Trieste e al cippo di confine con la Slovenia a Gorizia che la sentenza milanese, in via incidentale attribuisce al gruppo ordinovista di Mestre.

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