Sul business della droga, nel polo newyorkese troviamo gli importatori, i Gambino di Cherry Hill e gli Inzerillo, garanti delle cinque “famiglie”, con un monopolio della commercializzazione dell’eroina negli Stati Uniti e in Canada
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Cosa Nostra e la droga sulla rotta Palermo-New York, è uno dei temi principali del processo “Gotha”, dunque. Sul filo della memoria dei reduci della seconda guerra di mafia, intercettati dalla polizia, emerge come il network siculo-americano abbia inciso sulla storia della associazione a partire dal periodo a cavallo tra gli anni settanta e ottanta.
È una avventura alla radice degli aggiustamenti organizzativi e di quella lievitazione dell’arricchimento che ha scatenato gli appetiti alla origine della conflittualità interna, fino al “delirio di onnipotenza criminale” di Riina e dei suoi accoliti.
Un delirio che aveva prodotto anche una feroce escalation terroristica a danno di magistrati, poliziotti, politici onesti e politici collusi, determinando dentro Cosa Nostra la rottura dal proprio passato di prudente mimetismo all’ombra dei poteri sociali e istituzionali.
Ma la rotta della droga Palermo-New York resta una insostituibile chiave di lettura non solo per inquadrare gli eventi del passato ma anche per individuare le ragioni alla base delle scelte presenti e future di Cosa Nostra.
Le pagine della sentenza che ha definito il primo maxiprocesso alla mafia, così come molti passaggi della pronuncia che ha fatto luce sugli omicidi della guerra di mafia, spiegano il ruolo pressoché egemonico nel mercato mondiale dell’eroina assunto alla fine degli anni settanta dal network siculo-americano e i vantaggi che ne derivarono.
In realtà quella alleanza rientrava in un patto di collaborazione più ampio che molti esperti fanno risalire addirittura al 1957, quando nella piena indifferenza degli organi investigativi si riunirono all’hotel delle Palme di Palermo notissimi boss dell’epoca come Giuseppe Genco Russo, Joe Bonanno, Lucky Luciano e Gaspare Magaddino.
Nella seconda metà degli anni settanta, la mafia siciliana acquista la morfina base in Thailandia, nelle piantagioni del “Triangolo d’Oro”. I fornitori sono personaggi astuti e temibili, tra i quali spicca Koh Bak Kin.
È un trafficante, nato a Singapore, arrestato nel 1976 a Fiumicino con venti chili di eroina e rimesso in libertà nel 1980 per effetto di provvedimenti legislativi di clemenza.
Cosa Nostra trasforma la morfina in eroina nei laboratori clandestini o la acquista direttamente purissima, provvedendo, poi, con i mezzi più fantasiosi e impensabili, a spedirla e a venderla negli Stati Uniti.
I soldi vengono accreditati sui conti delle banche svizzere: migliaia e migliaia di miliardi, e in quei sacchi di denaro ci sono anche i biglietti di due dollari del piccolo spaccio, segno tangibile della devastazione e della morte diffuse in tutto il mondo.
Sul business della droga, nel polo newyorkese troviamo gli importatori, i Gambino di Cherry Hill e gli Inzerillo, garanti delle cinque “famiglie”, con un monopolio della commercializzazione dell’eroina negli Stati Uniti e in Canada.
L’altro terminale è quello palermitano degli esportatori, dei raffinatori, degli imprenditori legali che garantiscono la “ripulitura” del denaro. Tra questi spicca l’imprenditore Rosario Spatola, anche lui parente degli Inzerillo-Gambino.
La Sicilia, negli anni settanta e ottanta, diventa un laboratorio di produzione, come sottolineano i giudici del primo maxiprocesso a Cosa Nostra.
Nel corso del 1980 vengono scoperte varie raffinerie di eroina operanti a Palermo e nelle vicinanze: una in via Villagrazia, nei pressi della villa di Giovanni Bontade; un’altra in contrada Piraineto di Punta Raisi, gestita da Gerlando Alberti; un’altra ancora a Trabia.
Nel 1982 sarà scoperta una quarta raffineria, a Palermo, in via Messina Marine. Ciascuna di esse produceva circa 50 kg di eroina a settimana.
L’approvvigionamento della materia prima in Medio ed Estremo Oriente viene curato dagli elementi che erano già attivi nel contrabbando di sigarette, tra i quali spiccano Nino Rotolo e Nunzio La Mattina. Costoro lavorano ognuno per conto suo, mantenendo gelosamente i segreti dei propri canali.
Le famiglie mafiose si limitano a dare il “nulla osta” ai singoli, garantendo a ogni affiliato il diritto di partecipare agli affari del confratello. Ma questa opzione può esercitarsi solo in presenza di capacità finanziarie adeguate, dando adito a situazioni molto differenziate all’interno delle varie famiglie. Chi ha possibilità economiche lavora di più, chi è più vicino al boss viene coinvolto negli affari migliori.
Insomma, l’idea di gestione unitaria del traffico di droga non significa proprietà collettiva, né tanto meno distribuzione egualitaria delle opportunità e del reddito.
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