Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Il 12 maggio 1963 Grasso Girolamo, famigerato mafioso di Misilmeri implicato in gravi reati, tra cui sequestri di persona in danno di Di Cristina Salvatore e Affronti Giuseppe, partiva dal paese in compagnia del figlio Gaetano, a bordo della propria autovettura Fiat 1100/103 targata PA 71477 per imprecisata destinazione.

Da quel momento non si ebbe più notizia dei due Grasso, della cui scomparsa gli organi di Polizia, messi, in allarme dalle voci correnti in pubblico, riportate anche dalla stampa, si interessarono ben presto attivamente.

Il 4 Luglio 1963 l'automobile di Grasso Girolamo venne rinvenuta abbandonata in una piazza di Castelvetrano.

Le accurate instancabili indagini condotte dal Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri e dalla Tenenza di Misilmeri, non riuscirono a risolvere il mistero della sparizione dei Grasso, quasi certamente soppressi ad opera di avversari rimasti sconosciuti, ma misero in luce l'attività delinquenziale di un gruppo di mafiosi di Misilmeri, tra i quali gli imputati Vasta Vincenzo, Chiaracane Giuseppe, Ducati Eduardo inteso "Tantillo” e Mutolo Francesco.

Risulta dal rapporto informativo in data 15 marzo 1964 che Vasta Vincenzo è legato a Cimò Antonino ed ai Greco di Ciaculli; che Ducati Edoardo e Mutolo Francesco sono legati ai Greco e a Luciano Leggio; che Chiaracane Giuseppe è notoriamente considerato il capo della mafia di Misilmeri.

Nel rapporto suppletivo del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri in data 26 maggio 1964 la personalità degli imputati è messa in evidenza in relazione al vincolo associativo con Luciano Leggio e con i Greco di Ciaculli, alla ostilità esistente tra i predetti imputati e Grasso Girolamo, nonchè alla scomparsa di costui e del figlio Gaetano, certamente connesse ai contrasti criminosi sviluppatisi nella mafia di Misilmeri.

Quanto a Di Pisa Francesco, anch'egli accusato di appartenere alla cosca di Giuseppe Chiaracane e di essere stato mandante di numerosi danneggiamenti commessi, in epoca recente, in territorio di Misilmeri, è da tener conto del contrasto fra quanto risulta dai citati rapporti della Polizia Giudiziaria e la valutazione positiva fatta sul suo conto, in epoca abbastanza recente, in occasione del matrimonio di una figlia con un sottufficiale dei Carabinieri.

Tale contrasto fa apparire incerta l'appartenenza del Di Pisa all'associazione mafiosa, sostenuta soltanto in base alla notorietà della sua qualità di mafioso.
In altri termini si può fondatamente affermare che qualcuno è mafioso in base soltanto alla notorietà, anche in mancanza di prove dirette e specifiche, solo quando gli elementi che danno luogo alla notorietà siano certi e univoci e non siano in contrasto con opposte concrete risultanze.

In conseguenza si ritiene giusto prosciogliere Di Pisa Francesco, dall'imputazione ascrittagli, per insufficienza di prove.

Ad analoga soluzione si deve pervenire nei confronti di Chiaracane Rosolino, descritto semplicemente come individuo violento e prepotente.

Il solo rapporto di parentela col mafioso Giuseppe Chiaracane non è sufficiente per affermare che anche lo imputato è legato alla cosca mafiosa dello zio.

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