Non rimane altra conclusione che quella di riconoscere che il Gelli è egli stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a tale ipotesi trova logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli in modo sia passivo, non assumendo informazioni sull'individuo, sia attivo, non fornendone all'autorità politica che ne fa richiesta
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi
Passando adesso ad una analisi che, abbandonando l'approccio quantitativo, entri nel merito dei documenti al nostro studio, estremamente significativo è il confronto tra la nota dei Servizi del 1977 e la relazione Santovito del 1978 da un canto e le informative Santillo, in particolare quella del 1976, dall'altro.
Si impone infatti all'attenzione come dato di tutta evidenza come i primi due documenti — che nascono per impulso esterno, la richiesta cioè del Ministero della difesa — sottovalutino, minimizzandola (nota del 1977), la Loggia P2 per incentrare l'analisi sulla massoneria in generale, secondo un'ottica che consente di sviluppare su tale generico argomento un ampio discorso a metà tra l'analisi sociologica e l'interpretazione politica; ci troviamo insomma di fronte ad un documento invero singolare quando si consideri che, per la sua provenienza da un servizio informativo, ci si dovrebbero in esso attendere informazioni (che mancano) piuttosto che valutazioni (che abbondano), proprie come tali più dell'autorità politica ricevente che dell'organo tecnico mittente.
Ben altro discorso invece per le note dell'Ispettorato antiterrorismo; il questore Santillo — confermando le doti di investigatore che tutti gli riconoscevano ma che non gli valsero la nomina al SISDE, naturale successore dell'IGAT, alla cui guida fu preferito il generale Grassini, iscritto alla Loggia P2 — centrando il cuore del problema fornisce una serie di documenti che, in luogo di fumose considerazioni sulla massoneria rilevabili anche da pubblicazioni in commercio, danno precise informazioni su Licio Gelli e sulla Loggia Propaganda 2.
Colpisce in particolare la nota del 1976 (ultima della serie) nella quale è dato riscontrare, accanto ad inesattezze anche vistose sulla massoneria (si confonde l'Ordine con il Rito scozzese), notizie precise e dettagliate sulla Loggia P2, che segnano una mirata attenzione investigativa in netto e stridente contrasto con la invero singolare disattenzione dei Servizi nei confronti di Licio Gelli e della sua organizzazione. Riepilogando le argomentazioni svolte possiamo quindi affermare come dato di tutta evidenza l'esistenza di una sorta di cordone sanitario informativo posto dai Servizi a tutela ed a salvaguardia del Gelli e di quanto lo riguarda secondo una linea non smentita di continuità, che non interessa soltanto il periodo dell'apogeo della carriera gelliana — epoca nella quale sarebbe spiegabile facendo ricorso all'argomento dell'influenza da lui acquisita nel Servizio e fuori di esso — ma che rimonta al 1950, quando il Gelli è personaggio di ben minore caratura, tale comunque da non potergli certamente addebitare azioni di pressione deviante sui Servizi. Una continuità di atteggiamento dunque che accompagna il Gelli durante lo sviluppo della sua carriera, senza apprezzabili scarti che ne contrassegnino i progressi invero sorprendenti.
Tra le varie spiegazioni possibili di tale costante atteggiamento — scartata quella della inefficienza dei Servizi perché palesemente non proponibile — non rimane altra conclusione che quella di riconoscere che il Gelli è egli stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a tale ipotesi trova logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli in modo sia passivo, non assumendo informazioni sull'individuo, sia attivo, non fornendone all'autorità politica che ne fa richiesta.
L'assunto al quale si è pervenuti fornisce spiegazione ad alcuni dei problemi in esame, ma non ancora alla natura dell'informativa COMINFORM, inserita nel fascicolo Gelli nel 1950.
La presenza di questo singolare documento mentre infatti ci fornisce una indicazione orientata in una direzione — marcando vistosamente la successiva carenza di attività informativa, secondo la contraddizione dianzi sottolineata — per altro verso sembra porsi in contrasto con la stessa conclusione alla quale essa pur ci avvia, poiché fornisce comunque un segno di attenzione investigativa da parte dei Servizi nei confronti del Gelli ed è da essi inserita nel suo fascicolo.
D'altro canto non è difficile riconoscere che il documento per la quantità e la qualità delle notizie raccolte non può non suscitare l'interesse anche polemico di chi si accinga allo studio del fenomeno Gelli.
Non è mancato ad esempio nella Commissione chi, riportandosi all'informativa, ha elaborato una chiave di lettura del personaggio Gelli in termini antitetici a quelli della pubblicistica corrente: non si può infatti non riconoscere che le notizie sul Gelli fornite dal redattore del documento sono in stridente contrasto con il passato dell'uomo come con le successive, dichiarate e mai smentite professioni di fede anticomunista.
Per una soluzione del problema è necessario, anche in tal caso, fissare quali siano i punti di sicuro affidamento: a tal fine dobbiamo rilevare che dato certo e non controvertibile è che il Gelli, sul finire della seconda guerra mondiale, non si peritò di stabilire contatti di collaborazione e di intesa con la parte che si andava delineando come inevitabilmente vincitrice.
Mentre ancora indossava la divisa tedesca, o meglio proprio valendosi di essa, Licio Gelli si metteva a disposizione del CLN ed in particolare della componente comunista di esso, conducendo una difficile partita in costante equivoco equilibrio tra le due parti che ci consente di valutare appieno la sottigliezza del personaggio e che ci offre il dato di inequivocabile certezza che Licio Gelli operò in modo tale da contrarre presso i comunisti pistoiesi un credito di sicura portata e di non piccolo momento, se ancora nel 1976 Italo Carobbi, richiestone, si riteneva in dovere di rinnovare l'attestato di benemerenza partigiana.
La posizione di questo dato ci consente di affermare con buona certezza che alla base dell'informativa risiede un nucleo di verità non controvertibile; in altri termini l'informativa, riportata al momento nel quale fu redatta, è indubbiamente un documento attendibile. Il Gelli, infatti, negli anni politicamente turbinosi del dopoguerra proseguì nella sua attività di doppio gioco che gli consentiva di mantenere i piedi in due o più staffe in attesa che si delineasse la soluzione vincente; fu probabilmente dopo le elezioni di 1948 che egli comprese come fosse intervenuto il momento di una scelta di campo, se non definitiva, per lo meno meno equivoca.
L'informativa, fermando sulla carta una volta per tutte la sua attività di collaboratore con la parte perdente avversaria e non segnando per converso alcuna conseguente attività da parte di chi è in possesso di tale conoscenza, denuncia al di là di ogni equivocabile dubbio il momento nel quale il Gelli entra nell'orbita dei Servizi segreti italiani.
L'informativa come tale poteva infatti avere, secondo logica, due esiti soltanto: o accertamenti che ne dimostrassero l'infondatezza, con la conseguente chiusura del fascicolo, o riscontri sulla sua attendibilità con i relativi esiti di giustizia per una spia al servizio di un paese straniero.
Vediamo invece che da essa scaturisce una terza inaspettata soluzione, essa viene cioè semplicemente accantonata, il che, nel caso di specie, vuol dire tesaurizzata perché l'organo che ne è in possesso ha deciso di gestire in proprio il personaggio.
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