Gli investitori che lo spingono si ammantano di vesti libertarie e lo presentano come antidoto al “Fiat Money” delle banche centrali. Ma in realtà i nuovi i capitalisti arrembanti rifiutano limiti al loro potere
Quasi 250 anni fa pochi latifondisti delle colonie americane si dichiararono indipendenti dalla corona inglese. Volevano solo togliersi il giogo imposto alle colonie, ma scrivere a Giorgio III che il suo potere «deriva dal consenso di chi è governato» fu il rivoluzionario fondamento della nuova democrazia. Di buone letture, sfruttavano certo gli schiavi africani, cui negavano uguali diritti, ma la storia annaspa lenta; ne sa qualcosa l'Italia, che fino al secondo dopoguerra negava alle donne il voto, e fino agli anni '60 l'accesso in magistratura.
Con tutti i suoi gravi difetti, la proprietà privata degli impianti è stata il motore che ha via via diffuso, in Europa e nel Nord America, la democrazia liberale. I progressi tecnici da essa promossi o permessi innescarono sviluppi economici che a quella diffusione han contribuito; sfruttando però a piene mani, in solo due secoli, il capitale di energie fossili accumulato in miliardi di anni e addossando all'ecosistema enormi “esternalità negative”. L'esempio classico sono gli scarichi degli impianti industriali, regolati solo da poco e male.
Non a caso, tali sprechi si sovrapposero allo sfruttamento del lavoro fin dei bambini, che Marx e Engels videro nelle fabbriche inglesi; non videro però la capacità del sistema d'emendarsi e da ultimo il secondo dopoguerra ci ha dato uno sviluppo più attento alle disuguaglianze e alle conseguenti minacce alla coesione sociale.
Finché il comunismo fu forte il capitalismo si emendò molto per l'azione della sinistra politica e del sindacato, poi in gravi difficoltà. Privo degli ancoraggi filosofici, politici e religiosi che lo tenevano a bada, e davanti ora a gruppi economici dotati di forza maggiore di molti Stati - prima ancora politica che economica - il capitalismo è uscito dai cardini che avevano migliorato, regolandolo, la vita di miliardi di persone.
L'esplosione dell'intelligenza artificiale ora prospetta grandi sviluppi economico-sociali, con rischi enormi alla convivenza civile; se ne stanno infatti impadronendo quei gruppi economici, per aumentare il loro potere. Il capitalismo uscì dai cardini negli anni '80 per l'azione di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, ma da allora il moto sul piano inclinato accelera sempre più. Si pensi all'enorme bonus - 75 miliardi di dollari - concesso obtorto collo dagli azionisti di Tesla al Ceo, Elon Musk che lo pretendeva.
Quel bonus, così estraneo alle regole capitalistiche da essere bocciato dal tribunale del Delaware, fa un Satrapo di chi già beneficia del rialzo del titolo, e non mitiga il rischio che il titolo, dopo esser tanto salito, in futuro scenda.
Preoccupa anche l'uscita del Bitcoin dalla zona grigia, o illegale, ove era confinato. Fu definito «soluzione in cerca d'un problema», ma i fortissimi interessi economici che lo promuovono ora finanziano Donald Trump, divenutone di botto, da grande nemico, fiero sostenitore.
Dell'inventore del Bitcoin si sa solo lo pseudonimo, Satoshi Nakamoto. Per “estrarlo”, come un minerale, serve tantissima energia, pari al consumo annuo di un medio Paese come l'Olanda; non soddisfa alcuna necessità umana, né funge da mezzo di pagamento. Chi l'ha spera di cederlo ad altri con profitto, ma tale speranza può volgersi a mille impieghi meno nocivi. Esso è amato da evasori fiscali e briganti assortiti; la Securities&Exchange Commission Usa, dopo averlo avversato, deve ora cedere al potere economico che vi vede fresche fonti di guadagno e finanzia a piene mani chi l'appoggia.
Gli investitori che lo spingono si ammantano di vesti libertarie e lo presentano come antidoto al “Fiat Money” delle banche centrali. Marc Andreessen, Ben Horowitz, Peter Thiel, Elon Musk e compagni, nuovi capitalisti arrembanti, rifiutano limiti al loro potere. Ci siamo anche noi, pur in ruoli minori; i giornali di destra finanziati dalle cliniche - Angelucci in primis – lottano contro le tasse, così lo Stato deve tagliare la sanità spingendo i cittadini in bocca alle cliniche. E il populismo avanza ancora.
Chi metta assieme i puntini azzarda l'idea che il capitalismo, dopo aver promosso forse per caso la democrazia, ora la stia strangolando; non possiamo bruciare sempre più fonti fossili e accettare che le resistenze – si veda il retromarcia della Ue per le proteste degli agricoltori – ci condannino a esistenze sempre più aspre. Così inquadrate, le minacce di tale capitalismo a democrazia liberale e coesione sociale, per il crollo dei limiti ad esso frapposti, paiono persino minori.
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