Al ministero delle Imprese la presentazione del pacchetto per l’acquisto di auto a basse emissioni: confermati tutti gli sconti e 2mila euro per chi compra un usato. Tavares benedice i nuovi incentivi, ma lamenta i ritardi e gli attacchi all’azienda. La replica di Urso: «Lo stato può entrare nel capitale del gruppo»
940 milioni per chi vorrà sostituire vecchi veicoli con auto a basse emissioni. È questa la cifra annunciata dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, nell’incontro del tavolo dell’automotive che si è tenuto giovedì a Roma. Un vertice molto atteso a cui hanno partecipato rappresentanti delle associazioni di produttori, dei sindacati, delle regioni, oltre a singole aziende. Per il governo è stata l’occasione di presentare la revisione dell’ecobonus, misura introdotta da Draghi e che Meloni ha modificato.
Il nuovo piano di incentivi va in tre direzioni convergenti: sostenibilità ecologica, sociale e produttiva. «Il primo obiettivo è stimolare la rottamazione delle auto inquinanti, il secondo aiutare le famiglie con redditi bassi», ha detto Urso. Sullo sfondo dell’incontro a palazzo Piacentini è rimasto il terzo proposito, quello meno scontato: «Dobbiamo incentivare la produzione in Italia, che negli ultimi anni si è drasticamente ridotta, malgrado gli incentivi che sono andati soprattutto a vetture prodotte in stabilimenti esteri. Anche della stessa Stellantis».
Per l’ex Fiat non c’era l’ad Carlos Tavares ma il responsabile Corporate affairs di Stellantis Italia, Davide Mele: «La preparazione è stata complessa e troppo emotiva a livello mediatico, ma ora è il momento di agire e far capire a chi guida che l’auto elettrica è una strada da cui non è possibile tornare indietro», ha detto Mele. La casa automobilistica italo-francese ha quindi benedetto i nuovi bonus: «Dobbiamo tenere in considerazione il produttore ma anche il cliente. In base alla domanda dei clienti noi produciamo le auto, non il contrario».
I nuovi incentivi
Il sistema prevede un raddoppio del bonus massimo per l’acquisto di mezzi green, che passa da 5mila a 11mila euro per la rottamazione delle auto più inquinanti e l’acquisto di auto elettriche. Per le famiglie a basso reddito, con Isee sotto i 30mila euro, il bonus con rottamazione sale fino a 13.750 euro. Solo con Isee basso e per l’acquisto di una vettura elettrica, ha spiegato la sottosegretaria Fausta Bergamotto, è prevista la rottamazione di un’auto Euro 5. In questo caso il contributo scende a 8mila euro.
Più soldi arrivano per le ibride ricaricabili, quelle che più interessano a Stellantis (che produce due Jeep a Melfi e l’Alfa Romeo Tonale a Pomigliano), e restano pure i contributi per le auto tradizionali, anche se con meno fondi. Viene poi incentivato l’acquisto di auto usate a basse emissioni, in caso di rottamazione: ai privati che compreranno veicoli usati poco inquinanti sarà riconosciuto un bonus di 2mila euro se rottameranno una vettura fino a Euro 4.
Il decreto con i nuovi bonus è pronto, manca solo una firma del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, prima che passi al vaglio della Corte dei conti. Questa fase richiederà alcune settimane, fino alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Da quel momento la riforma sarà in vigore, anche se occorrerà qualche altro giorno per adeguare la piattaforma informatica. Tutto lascia pensare, in pratica, che non sarà operativa prima di metà marzo.
Investitori dall’estero
Per il governo, l’incontro al ministero delle Imprese è stata l’occasione per mettere pressione a Stellantis perché aumenti i suoi valori produttivi in Italia: si parla di un milione di vetture, tra auto e veicoli commerciali, entro il 2028. Ma il vertice ha fatto capire che si è ancora lontani da un’intesa, dopo il botta e risposta degli scorsi giorni tra Meloni e Tavares. «Se lui pensa che dobbiamo fare come la Francia, che ha aumentato il suo capitale sociale nell’azionariato di Stellantis, ce lo chieda. Di una partecipazione attiva possiamo sempre parlarne», ha rilanciato Urso.
Ma al tavolo aleggiava anche il fantasma, evocato dal ministro, della seconda casa automobilistica che il governo vorrebbe portare in Italia. «Stiamo lavorando per attirare almeno un secondo costruttore, sono in corso interlocuzioni con diversi soggetti», ha detto il sottosegretario Massimo Bitonci. Un modo per preparare un piano B nel caso di un’uscita di scena di Stellantis, ma anche per prospettare una scomoda concorrenza al gruppo di John Elkann.
Pochi mesi fa il ministero ha trasmesso a Tesla, il produttore di auto elettriche fondato da Elon Musk, un documento che sponsorizzava gli investimenti in Italia: una strada che potrebbe essere favorita dai buoni rapporti tra Musk e il governo. I dirigenti del Mimit hanno poi accompagnato i rappresentanti di tre costruttori cinesi – Byd, Chery e Great wall motors – a visitare possibili sedi per investimenti al sud. Dall’incontro di giovedì, in ogni caso, non sono usciti annunci.
In presidio da Melfi
Durante la riunione una delegazione di operai di due imprese di San Nicola di Melfi, in Basilicata, ha manifestato sotto il ministero per sollecitare risposte concrete nella vertenza che li riguarda. Per i 110 lavoratori dell’indotto Stellantis c’è lo spettro del licenziamento dopo che le loro aziende, Fdm e Las, hanno messo nero su bianco la fine delle commesse ex Fiat. La cassa integrazione straordinaria a zero ore, prevista per un anno, ha solo tamponato la situazione.
«Questi operai hanno contribuito a rendere Stellantis il quarto produttore di auto al mondo. Ora l’azienda non può andare di fiore in fiore: deve investire veramente nel nostro paese senza sacrificare nessuno», ha detto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, il sindacato dei metalmeccanici Uil. «Le riorganizzazioni non si ottengono sacrificando persone e territori, ma rilanciando la produzione e il lavoro dignitoso».
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